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l'intervista

«Io vittima del racket e dello Stato, costretto a emigrare in America»

Il racconto di Vincenzo Conticello, l'uomo che denunciò in una aula di tribunale gli uomini che gli chiesero il pizzo. Poi tutti furono scarcerati e a lui fu tolta la scorta 

Di Redazione |

«Io sono stato lasciato completamente solo, lo Stato mi ha persino chiesto i soldi con gli interessi. Ora vivo negli Stati Uniti, lontano da tutto. Lontano dalla mia città, Palermo, che ho lasciato con molta amarezza. A malincuore oggi devo dire che forse ha vinto la mafia».

E’ lo sfogo con l’Adnkronos di Vincenzo Conticello, l’imprenditore palermitano vittima del racket del pizzo che ebbe il coraggio di denunciare i suoi estorsori. Lo fece anche in aula, per la prima volta, il 18 settembre del 2007, quando su richiesta del pm Francesco Del Bene, che gli chiese: «Chi era l’uomo che venne a chiederle il pizzo?» e lui rispose: «E' qui, seduto in aula».

L’ex proprietario della celebre "Antica focacceria San Francesco" di Palermo non ha avuto esitazioni. Alla domanda del pm, ha risposto senza esitazione: «E' quel signore lì, quello seduto e che ha accanto le stampelle. Allora non aveva le stampelle e si allontanò con il suo ciclomotore, del quale io presi il numero di targa». Ecco come la vittima del racket indicò senza esitazioni uno degli imputati del processo, Giovanni Di Salvo, che assieme a Francolino Spadaro, figlio del boss della Kalsa Tommaso e a Lorenzo D’Aleo, rispondevano della estorsione compiuta ai danni dell’antico locale nel centro storico di Palermo. Conticello aveva accettato che le telecamere fossero presenti.

Quel giorno in aula c'erano anche il presidente onorario della Federazione antiracket, Tano Grasso, Pina Maisano Grassi, vedova di Libero Grassi, che oggi non c'è più, i ragazzi di "Addiopizzo" con le magliette che inneggiavano alla reazione contro le estorsioni. Sono trascorsi quindici anni e tante cose sono cambiate. Dopo 17 anni di scorta, nel 2018, gli venne tolta la scorta. Da allora Conticello, che ha venduto l’attività che gestiva con il fratello Fabio, ha deciso di lasciare Palermo. Prima si è trasferito al Nord Italia e da qualche tempo negli Usa. Questa mattina ha partecipato, in disparte, alla commemorazione di Libero Grassi, l’imprenditore che si è opposto al racket del pizzo e per questo venne ucciso il 29 agosto di 31 anni fa. E accetta l’intervista con l’Adnkronos: «Oggi vivo all’estero perché ho credito che fosse il modo migliore per cercare di riprendere la mia vita in mano e potere essere una persona normale – dice – A un certo punto lo Stato ha deciso che la mafia è finita e che non avevo più bisogno della scorta. Nel momento in cui le persone che ho accusato sono tutte fuori, sono rimasto molto colpito dalla decisione dello Stato di togliermi la scorta».

Parlando dell’analisi fatta da Addiopizzo secondo cui oggi gli imprenditori che pagano il pizzo «non sono vittime della mafia ma conniventi con Cosa nostra», Vincenzo Conticello dice: «Sono perfettamente d’accordo, ne sono convinto. Chiunque paghi, anche poco, sta finanziando Cosa nostra. Certamente occorrono degli strumenti legislativi nuovi. Le forze dell’ordine e i magistrati dovrebbero farsi bastare le denunce, senza esporre le persone mettendo a rischio le loro vite. Io, ad esempio, non sono stato risarcito per i danni che ho subito, tranne per i danni morali». E poi racconta: «La focacceria San Francesco ha avuto per sei anni lo sgravio fiscale in quanto vittima di mafia e dopo sei anni ci è stato richiesto non solo il valore della sospensione ma anche interessi, more e accessori, quasi a raddoppiare l’intera cifra». «Mi viene da pensare che se la mafia voleva 50 mila euro l’anno senza ipoteche e pignoramenti, forse si comportava meglio di uno Stato che doveva tutelare un cittadino. Alla fine è successo quello che voleva la mafia. Oggi i fratelli Conticello non gestiscono più la focacceria…».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA