«Io, malato di sclerosi multipla, mi curo con la cannabis e la coltivo da solo»

Di Davide Giusto Guidi / 04 Dicembre 2019

SIRACUSA – Giornata storica per gli antiproibizionisti italiani lo scorso 30 novembre, durante la conferenza dedicata al tema “Cannabis terapeutica quando la legge genera il problema”. In quel giorno è stata infatti annunciata la disobbedienza civile e l’apertura del primo Cannabis Social Club italiano.

La battaglia contro la legge, definita “ingiusta” da Alessandro Raudino, malato di sclerosi multipla da più di dieci anni, è ufficialmente arrivata ad un punto di non ritorno.

Alessandro ha dichiarato pubblicamente alle autorità la sua volontà di trasgredire l’articolo D.P.R.309/90 che vieta la auto-produzione di cannabis, in applicazione dell’articolo 2 della Costituzione e dell’articolo 32 che prevedono la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo e conseguentemente il diritto inviolabile alla salute e di accesso alle cure.

La storia di Alessandro inizia quando gli viene diagnosticata la sclerosi multipla all’età di 22 anni. Inizialmente si sottopose alle cure tradizionali, che per lui prevedevano la somministrazione di un farmaco il cui principio attivo è il glatiramer acetato.
Un medicinale che ha tante controindicazioni e che, come dice la compagna di vita e di battaglie di Alessandro, Florinda Vitale, «si sono verificate tutte o quasi, durante il periodo di cura con il farmaco tradizionale».

Racconta la vice-presidente dell’associazione: «Le problematiche più frequenti erano gli spasmi notturni, incontinenza, nausea perenne e difficoltà respiratorie, senza considerare le problematiche al fegato dovute direttamente all’assunzione dei farmaci».

E’ stato vedendo che non c’era nessun miglioramento che Alessandro, ad un certo punto, ha deciso di tentare un’altra cura con la cannabis terapeutica, e quello che ne viene fuori non poteva aspettarselo nessuno, tantomeno lui. La terapia funziona, Alessandro riprende a lavorare, ricomincia la sua indipendenza fisica ed economica.

Alessandro Raudino fa notare che con la rinuncia alle cure tradizionali la Regione siciliana risparmia almeno 80 mila euro l’anno, che si dividono in medicinali, visite e pensione d’invalidità, mentre con l’autoproduzione Alessandro e gli altri malati, soprattutto di sclerosi multipla, permettono un risparmio considerevole.

Ma la cannabis è un farmaco diverso dagli altri, è soggetto a molti pregiudizi etici, è di difficile reperibilità e soprattutto con costi molto elevati. In Italia in alcune regioni il farmaco è a carico del sistema sanitario regionale, in Puglia ad esempio, in Sicilia no, quindi i malati devono arrivare a spendere fino a 36 euro al grammo con la lavorazione galenica, prezzi insostenibili per una persona con uno stipendio medio.

La soluzione è per Alessandro quella della auto-produzione, e con questo intento l’associazione Cannabis Cura Sicilia Social Club inizia un percorso di disobbedienza civile che la porterà a crescere tante piante quante saranno le persone che sottoscriveranno la disobbedienza, i frutti che nasceranno dalla disobbedienza saranno utilizzati per i malati di varie associazioni italiane.

L’associazione siracusana è supportata dal gruppo scientifico CannabiScienza, che fornisce corsi di formazione riconosciuti Fad e Ecm, caratteristica che le differenzia dal modello spagnolo, dove nei club non è presente nessun tipo di supporto medico certificato.

Molti i nomi noti presenti durante la conferenza, tra gli altri il dottore Andrea Cristoforetto, la dottoressa Viola Brugnatelli direttrice scientifica di CannabiScienza, il dottor Sergio Chisari dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania, e il noto dottor Giuseppe Nicosia antiproibizionista da più di 12 anni, tornato da poco dall’esperienza come grower di erba medica in Canada.
Presenti anche le forze dell’ordine, Fiamme gialle, carabinieri e Digos.

Per tutti i partecipanti alla conferenza il nocciolo della questione è chiaro: bisogna permettere l’autocoltivazione, bisogna riguardare le leggi in materia e stabilire fondi per la ricerca e soprattutto bisogna superare il pregiudizio su una pianta che può avere effetti “miracolosi”, così almeno vengono giudicate le cure da parte dei pazienti che si sono sottoposti ad alcune terapie sperimentali.

Le parole di Nicosia sulla sua esperienza canadese: «In Canada nel primo anno dalla legalizzazione lo Stato ha guadagnato 20 miliardi di dollari, in Italia spendiamo 3 miliardi l’anno per contrastare un fenomeno che però, stando ai dati, è in continuo aumento. Lo Stato si concentra nella ricerca delle caramelle nelle scuole, tralasciando le piazze di spaccio che sono il vero traid d’union tra la droga leggera e quella pesante».

La scienza funziona così: un assunto è reale fino a prova contraria, Alessandro, come tanti altri malati, sono la prova contraria, che testimoniano come, in base alla loro esperienza, una terapia a base di cannabis funziona e non crea dipendenza fisica.

Alessandro Raudino, paziente e “medico” di se stesso e Florinda Vitale compagna di vita e vice presidente dell’associazione dal 2013, hanno posto la prima pietra nella costruzione di una «grande casa, creando una realtà alternativa che segue le leggi del buon senso, che non sempre combaciano con leggi dello Stato».

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Pubblicato da:
Redazione
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