Io, il “Grande fratello” sanitario e il tampone pitstop dall’esito segreto

Di Carmen Greco / 07 Aprile 2020

Davanti a me c’è una ragazza dentro una “Yaris” bianca che aspetta il suo turno. Alle 8.30 il cortile dell’ex ospedale San Luigi, a Catania, è un serpentone di auto incolonnate in attesa che i guidatori vengano sottoposti al tampone. Ci sono anch’io. Reduce “dichiarata” proveniente dal nord (e da una regione non ex rossa) il 16 marzo con un volo di “mamma” Alitalia. Mi sono responsabilmente registrata sul sito web dell’assessorato della Salute della Regione Siciliana, la sera stessa del mio arrivo a Catania.

Il primo contatto tramite mail mi consegna un codice di validazione e mi ricorda di avvisare il medico curante e il Comune di residenza. Il primo lo trovo subito, il secondo non ha indicazioni (il 16 marzo il bubbone era scoppiato relativamente) sul sito istituzionale, e ci rinuncio. “Basterà il medico”, mi dico.

Inizio così la mia quarantena a casa. Lavoro in smart working e rifornimenti assicurati dalla sorella locandiera d’eccezione per tutta la famiglia.

Il tampone? Ma figurati… se fanno il tampone a me, non ho sintomi, sto bene…

In quindici giorni la tragedia si manifesta in tutta la sua gravità e in Sicilia fioccano le polemiche per i (legittimi) rientri “di massa”.

Il “grande fratello” torna a bussare alla mia porta sabato 28 marzo, due giorni prima della scadenza della quarantena (di 14 giorni). Una nuova mail mi comunica che “il servizio di supporto e monitoraggio” di SiciliaSiCura – ha impostato una password per me. Devo solo accedere con smartphone o tablet con il mio username all’indirizzo https://siciliasicura.costruiresalute.it. Per farlo, però, è obbligatorio attivare la posizione sul telefonino. Modello Corea. Mi dà fastidio, ma lo faccio. Del resto, avrei potuto scegliere di non registrarmi e la finivamo là.

Mentre faccio questa operazione il mio medico mi manda un messaggio su WhatsApp «Stai bene?», «Sì – rispondo – perché?». Lui sa che io so, e che ho ricevuto le indicazioni del grande fratello sanitario. Ci salutiamo su WhatsApp e rimandiamo gli abbracci a tempi migliori.

Il tampone? Ma figurati… Lunedì 30 aprile finisce la mia quarantena volontaria, ma non esco (ancora) da casa. Mi sta venendo la sindrome del pianista sull’Oceano che non voleva scendere più dalla nave, compro on line, a domicilio, e passo il tempo a zappare l’orto e la tastiera.

Il 28 marzo, alla vigilia della mia terza settimana da “orso”, mi telefonano – di sabato? – dall’Asp di Catania. «Signora, lunedì alle 9.30 deve venire all’ospedale San Luigi per il tampone, padiglione 1 con guanti e mascherina». «Posso venire con la moto?», «No, in macchina, perché non vi facciamo nemmeno scendere…».

E, così, ieri è arrivato il mio turno. Quaranta minuti è durata tutta la trafila, che poi è il tempo per smaltire la coda perché il tampone in sé dura una manciata di secondi.

La vigilante ha il suo bel da fare a regolare il flusso di auto perché anche in questa situazione c’è il catanese “sperto” che deve passare avanti.

Le auto si infilano una per volta sotto due tendoni bianchi, sembra un po’ come quando si va al McDrive solo che invece dei Chicken Nuggets la “merce” sei tu.

Funziona così: l’automobilista rimane al posto di guida, fuori ci sono due operatori vestiti di tutto punto con camice, calzari, guanti, mascherine e visiera. Dalla condensa delle visiere si capisce che “lì sotto” fa caldo. Doppi guanti, un paio esterni da buttare via ad ogni prelievo e gli altri sotto da “spalmare” di disinfettante anche per calzare più facilmente il secondo paio.
«Ha avuto sintomi?», rispondo di no. «Ok, resti lì e se le viene da tossire lo faccia verso l’interno della macchina». Il bastoncino cotonato sale su per le narici e sembra che voglia arrivare al cervello. Fastidioso, ma dura pochi secondi. Del tampone faringeo neppure ti accorgi.

«Grazie, ora che devo fare? Per conoscere l’esito?». «Non deve chiedere a noi, siamo solo degli operatori. Si rivolga all’Ufficio igiene». Il mio interrogativo resta nell’aria come uno starnuto. La “catena di montaggio” continua, prelievi veloci e avanti un altro. Ringrazio, metto in moto e vado via.

Mentre torno a casa passando da una circonvallazione che sembra un sabato mattina qualunque, le domande mi rotolano in testa. Ma si potrà avere l’esito di questo test? E se fossi una positiva asintomatica? Posso uscire? Provo a telefonare allo stesso numero dal quale è partito l’”invito” al San Luigi, niente. Provo al numero verde 800458787, occupatissimo, cerco sui siti, niente. Mi sa che intanto ne approfitto per fare la spesa… oggi festeggio tre settimane di autoisolamento. Meglio se me ne torno a casa.

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Pubblicato da:
Redazione
Tag: coronavirus esodo coronavirus ospedale san luigi catania quarantena rientri dal nord siciliasicura tampone