SIRACUSA – È nelle mani dei magistrati di Siracusa la superperizia che potrebbe portare a risultati epocali nel rapporto fra inquinamento e malattie nell’area industriale Priolo-Augusta-Melilli-Siracusa. Fino a individuare profili di responsabilità.
Un lavoro complesso, che ha richiesto quattro anni per essere depositato, sopravvissuto alle vicissitudini della Procura (trasferimenti e cambi al vertice) e a un iter procedurale complesso che ha reso necessarie diverse richieste di proroga nel deposito della relazione da parte del collegio di consulenti. «I tempi necessari a una indagine così complicata», aveva chiosato qualche mese fa il procuratore Fabio Scavone.
A confermare, oggi, il deposito dell’elaborato è uno dei tre autori del lavoro, il professor Fabrizio Bianchi, responsabile dell’unità di Epidemiologia ambientale del Cnr di Pisa. Gli altri sono Paolo Crosignani, ex direttore di Epidemiologia ambientale all’Istituto dei Tumori di Milano, già perito di parte nel processo che a Porto Marghera portò alla condanna di cinque dirigenti Montedison, e Sebastiano Bianca, esperto in malattie genetiche rare.
A metà del 2015 l’allora procuratore capo Francesco Paolo Giordano li aveva voluti componenti del collegio di consulenti che si sarebbe dovuto occupare, appunto, del rapporto malattie-inquinamento attorno al Petrolchimico. Un fascicolo aperto contro ignoti: «Accertare le cause delle patologie che portano a morte con lesione colposa, per omesso inquinamento, nell’ambito della provincia di Siracusa». E una collaborazione, su base medico-scientifica, per arrivare a sbrogliare quella complicata matassa del rapporto causa-effetto, con l’obiettivo di passare da “ignoti” a “noti” i potenziali responsabili.
Un’inchiesta ambiziosa partita assieme a quella che, nel luglio del 2017, ha portato al sequestro degli impianti Isab e Esso e all’accusa per otto dirigenti dei due colossi di inquinamento ambientale colposo; e nel febbraio scorso a mettere sotto accusa altri impianti (Versalis, Sasol e due depuratori, Tas di Melilli e Ias di Priolo) e altri 14 dirigenti con i medesimi addebiti.
Entrambe le inchieste sull’inquinamento dell’aria sono ancora in corso (con tempistiche diverse: la prima è all’avvio dell’azione penale; la seconda nella fase delle prescrizioni imposte agli impianti). Mentre di quest’altra indagine, il maggiore di tre esperti arruolati dalla Procura, il professor Bianchi, solo qualche mese fa diceva di non aver avuto più istruzioni: «Non sono stato più avvicinato da nessuno – disse -, silenzio assoluto». Nel frattempo sia l’ex procuratore Giordano, sia la sostituta che seguiva l’indagine, Margherita Brianese, erano stati trasferiti.
Le parole del ricercatore avevano infastidito i vertici del quinto piano al palazzo di giustizia di Siracusa tanto da far giungere al consulente, per mano dell’attuale titolare dell’inchiesta, il sostituto Tommaso Pagano, un sollecito formale di deposito dell’elaborato.
Niente di più agognato dal prof. Bianchi, convinto della bontà del lavoro svolto e dello sforzo profuso dal collegio. Tanto che adesso, appena consegnata la perizia, chiede già che la Procura batta presto un colpo.
Il lavoro è stato molto complesso e il contenuto, ovviamente, è coperto dal segreto istruttorio. Ma il metodo per realizzarlo può dare qualche indicazione.
Ognuno dei tre consulenti aveva una relazione su cui lavorare. Quella di Bianchi era la più complessa: il rapporto tra fonti di emissione e popolazione residente. «Si tratta – spiegano gli esperti – di descrivere in termini di danno l’incrocio di alcune variabili». Sono stati raccolti i dati sanitari, ossia le schede di dimissione ospedaliera di tutti i residenti nell’area (anche quelli ricoverati al Nord) e quelle delle mortalità, incrociati con la cosiddetta “mappa di ricaduta”, una sorta di schedatura delle emissioni inquinanti già redatta dall’Istituto superiore di sanità. «Tra stime effettuate sulla base di modelli matematici che comprendono le emissioni, la meteorologia e l’ubicazione degli impianti – spiegano gli esperti – e la suddivisione della popolazione indagata secondo la diversa esposizione alle emissioni, si arriva a un criterio che permette risultati ritenuti dall’Istituto superiore di Sanità molto affidabili».
Tra le difficoltà della Procura, adesso, c’è la prescrizione (malattie contratte dopo parecchi anni di incubazione), tranne nel caso di morte, evento che determina il tempo del “commesso reato”. Secondo i periti due malattie su tutte, porterebbero in sé le carte d’identità dei responsabili: le leucemie e le malformazioni congenite.