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Incidenti sul lavoro, in Sicilia si muore ancora più che altrove: ispezioni in aumento

Quest’anno l’Inl ha condotto in Italia 1.160 controlli, ma i decessi sono stati 12 in più

Di Michele Guccione |

Oggi si celebra la Giornata nazionale per le vittime degli infortuni sul lavoro e purtroppo, ancora una volta, la situazione è peggiorata rispetto all’anno prima. Se si osserva il numero effettivo di denunce generali di infortunio, compresi quelli mortali, presentate all’Inail in Italia, sono in forte aumento: 386.554 da gennaio ad agosto 2024, +0,9% rispetto alle 383.242 dello stesso periodo del 2023. E aumenta del 5,2% la percentuale di casi avvenuti lungo il percorso casa-lavoro-casa.

Le “morti bianche” da gennaio ad agosto sono state 680, cioè 23 in più rispetto ai primi otto mesi del 2023, pari a 2,97 ogni centomila occupati. Ci sono stati più decessi nell’industria e in agricoltura. Però i decessi sul lavoro vedono un incremento nei cantieri (92 contro 72) e nelle industrie (60 contro 56). A livello regionale, il triste primato dei maggiori incrementi di infortuni mortali spetta all’Emilia-Romagna con 19 in più, seguita, ex aequo, da Sicilia e Lazio con 12 in più rispetto ai primi otto mesi del 2023. In Sicilia il dato riferito ai primi sette mesi di quest’anno ci parla di un aumento degli infortuni in generale pari al +0,9%, con un numero che, però, resta sempre inaccettabile: 12.924 contro 12.675.La prevenzione può fare tanto. In Sicilia, come è noto, sulla materia del lavoro prevale l’autonomia regionale e questo, negli anni precedenti, ha ritardato l’attivazione anche qui delle funzioni dell’Ispettorato nazionale del lavoro che ha riunificato gli ispettori di Inps, Inail e Regioni sotto un unico coordinamento. Quindi, fino allo scorso anno si è andati avanti fra ispettori Inps e Inail andati in pensione e non rimpiazzati dai due enti perchè vige la norma statale sul nuovo Inl, e quelli della Regione, pochissimi, senza mezzi e fondi per le missioni. Per fortuna nel 2023 si è raggiunta l’intesa fra il governatore Renato Schifani e la ministra del Lavoro, Marina Calderone, che ha consentito all’Inl guidato da Paolo Pennesi di inviare nell’Isola tre contingenti di ispettori, che oggi hanno raggiunto il numero di 58 e che, in sinergia con i nuclei dei carabinieri degli ispettorati del lavoro e gli ispettori siciliani in servizio, hanno dato un fortissimo impulso ai controlli.

Secondo i dati forniti ieri dallo staff di Pennesi, da gennaio a settembre di quest’anno sono state effettuate ben 1.160 ispezioni. In dettaglio, da gennaio a giugno il primo contingente di 30 ispettori ha condotto con carabinieri e ispettori locali 542 missioni. A luglio si sono aggiunte 28 unità, soprattutto tecnici, e in quel mese si sono svolte 133 visite ordinarie e 108 tecniche; ad agosto 83 ordinarie e 60 tecniche; infine, a settembre 154 ispezioni ordinarie e 80 tecniche.Dunque, si è rimessa in moto la macchina della prevenzione coatta. Ma per ridurre il numero di eventi infausti occorre che le aziende spendano più risorse sulla prevenzione volontaria. Infatti, il presidente nazionale della Fondazione consulenti per il lavoro, Vincenzo Silvestri, osserva che «c’è la concausa del lavoro sommerso e/o precario. La causa va ricercata all’interno delle condizioni di lavoro. Dalle inchieste sulle stragi di Brandizzo e Firenze emerge che il sistema dei subappalti è messo sotto accusa: lo spezzettamento del ciclo produttivo in tanti micro-appalti crea le condizioni ideali per ricercare una spasmodica riduzione del costo del lavoro. E la sicurezza sul lavoro è una delle voci su cui si interviene con facilità e spregiudicatezza. Spesso gli appalti sono “integrati”, ovvero un contratto di appalto il cui oggetto prevede a carico dell’appaltatore due prestazioni, la progettazione dell’opera o del lavoro pubblico e la realizzazione della stessa, nonostante l’evidentissimo conflitto di interessi. In questo sistema, la progettazione e la direzione dei lavori sono affidate a professionisti stipendiati dalla stessa ditta costruttrice. Tale configurazione genera un conflitto di interessi evidente e marcato: il progettista, non essendo un soggetto terzo e imparziale, potrebbe essere indotto a sacrificare la sicurezza in favore di economie di scala o tempi di realizzazione più rapidi. Sicurezza sul lavoro e risparmio dei costi o, ancora peggio, uso del lavoro nero, sono pienamente antitetici, ma fino a quando non verrà fatta reale lotta all’evasione, non ci saranno le condizioni per salvaguardare realmente la salute dei nostri lavoratori».

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