"Inchino" al boss, Maria Concetta Riina su Fb:
“Inchino al boss”, Maria Concetta Riina su Fb: notizia falsa. E chiede scuse dalla stampa
Il sindaco di Corleone: Ninetta Bagarella non era in paese
PALERMO – Hanno sempre scelto il silenzio, preferendo non esporsi, «fedeli» alla subcultura dell’omertà che li ha spinti a evitare accuratamente repliche, interviste, dichiarazioni pubbliche. Ma qualcosa deve essere cambiato se i familiari di un boss come Totò Riina, da molti ritenuto il capo di Cosa nostra nonostante oltre un ventennio di 41 bis, scelgono Facebook per «difendersi» dalle accuse dei media.
Il caso è quello del presunto omaggio che una confraternita di Corleone avrebbe tributato alla famiglia del padrino, domenica scorsa, facendo fermare la vara con la statua di San Giovanni Evangelista sotto l’abitazione in cui vive la moglie, Ninetta Bagarella. La donna, secondo quanto riferito dalla stampa, avrebbe assistito in balcone, compiaciuta, alla «sosta” a lei dedicata. «E’ stata una fermata» casuale si sono difesi dalla confraternita. Ma la notizia, come era inevitabile, ha suscitato polemiche durissime, tanto che il vescovo ha annunciato un’indagine interna e carabinieri e polizia hanno scritto sul caso un’informativa, poi trasmessa alla Dda di Palermo.
La famiglia Riina, però, non ci sta. E interviene sui social sostenuta dal sindaco del paese, Lea Savona, e da decine di corleonesi che denunciano una «strumentalizzazione mediatica» che finisce per danneggiare l’immagine del paese. «Ninetta Bagarella, il giorno della processione incriminata, non era a Corleone». La Bagarella, secondo il sindaco, era a Padova, dopo aver fatto visita a Parma al marito detenuto, e non è ancora tornata in paese. «Quindi è impossibile che fosse al balcone a guardare un inchino che non c’è mai stato», aggiunge. A parlare sui social, confermando le parole della Savona, è la figlia del boss detenuto al 41 bis, Maria Concetta, che chiede le scuse dei giornalisti per una notizia a suo dire “totalmente falsa». «Chi scrive queste cose infangando il paese, dovrebbe solo vergognarsi», dice dopo avere precisato l’assenza della madre.
E a dire la sua, sempre su FB, è pure il marito della Riina, Tony Ciavarello, che insorge contro la decisione, presa dopo le polemiche sull’omaggio, di non fare svolgere oggi le manifestazioni religiose per San Luca, patrono di Corleone. “Quando a un paese vengono tolte le sue antiche tradizioni – dice – è finito. E questo per una falsa notizia diffusa da sciacalli senza scrupoli». Ciavarello, in un precedente post, aveva polemizzato duramente contro i giornalisti annunciando un’azione legale. «Ci vediamo in tribunale», le sue parole. Anche questo in assoluta controtendenza rispetto a un passato in cui i conti certo i parenti dei mafiosi non li facevano nelle aule di giustizia.
A scendere in campo accanto alla famiglia e al sindaco ci sono decine di corleonesi, stufi, dicono, di vedere il nome del paese accostato pretestuosamente a Cosa nostra. Uno sceglie addirittura la rima per difendere l’onore. «Per un inesistente inchino – scrive – hanno fatto un bel casino». «Saranno contenti i giornalisti, – dice un altro – qualche professionista dell’antimafia, qualche sciacallo pronto a sfamarsi della carogna che è ormai la dignità di noi corleonesi. E invece no. Io ero presente alla processione, è non è accaduto nulla di quanto riportato». «I cittadini – dice il sindaco – sono infuriati e mi chiedono di tutelare l’immagine di Corleone. Per questo farò un esposto all’Ordine dei giornalisti e alla Procura contro chi racconta cose non vere».
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