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Inchiesta Athena: accolto il ricorso della Procura, disposti i domiciliari per il sindaco di Paternò Nino Naso e altri 4 indagati

La decisione del Tribunale del Riesame non è però esecutiva in quanto è ancora possibile ricorrere in Cassazione

Di Redazione |

Inchiesta Athena, il Tribunale del Riesame ha accolto l’appello della Procura di Catania che aveva impugnato l’ordinanza del Gip e ha disposto gli arresti domiciliari (che erano stati inizialmente negati dal Giudice per le indagini preliminari) per gli indagati eccellenti, ovvero il sindaco di Paternò, Nino Naso, l’assessore dimissionario, Turi Comis e l’ex assessore Pietro Cirino insieme con il boss Vincenzo Morabito, l’esponente del clan Natale Benvenga, tutti accusati di voto di scambio politico mafioso in concorso.

A presentare l’appello erano stati i pm Alessandra Tasciotti e Tiziana Laudani ed il ricorso era stato vistato dal procuratore aggiunto, Ignazio Fonzo, Gli arresti domiciliari non sono comunque esecutivi perché Il Tribunale ha disposto la sospensione dell’ordinanza che dispone gli arresti domiciliari per i cinque fino a che la decisione sia definitiva, ed è possibile ricorrere in Cassazione.

Secondo il Tribunale del riesame, presieduto da Giuliana Sammartino, «risulta ricostruibile in via induttiva e con la consistenza dei gravi indizi il raggiungimento di un patto illecito fra il sindaco Naso e, tramite il Cirino, la consorteria dei Morabito-Benvegna». L’accordo, ricostruisce il Tribunale, prevedeva «un sostegno elettorale» in cambio dell’interessamento del Naso per «l’assunzione di congiunti mafiosi locali» e di «destinare a Comis un assessorato di interesse economico».

Il primo cittadino è stato informato della notizia dai giornalisti nel corso della consegna di alcuni lavori.

Intanto si attende la decisione sulle 49 richieste di rinvio a giudizio avanzate dalla Procura di Catania: sono ora sul tavolo del Gup Carlo Umberto Cannella, che dovrà decidere se accoglierle. L’udienza per decidere sul rinvio a giudizio è fissata per il prossimo 3 dicembre nell’aula bunker del carcere Bicocca.

Nel procedimento giudiziario, che riguarda il clan mafioso dei Laudani nella zona di Paternò, furono coinvolti anche tre uomini politici del paese: il sindaco Nino Naso e gli ex assessori Salvatore Comis e Pietro Cirino. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso e corruzione.

Da evidenziare che rispetto ai 56 indagati e ai 17 arrestati nell’ambito del procedimento, scaturito dall’operazione antimafia condotta a Paternò dai carabinieri della Compagnia, lo scorso aprile, per alcuni di loro è stata avanzata richiesta di archiviazione, mentre per altri è stato chiesto uno stralcio, presumibilmente per la necessità di proseguire le indagini.

L’indagine

L’indagine scaturita da “Athena” è stata avviata dopo la denuncia di un imprenditore minacciato da alcuni mafiosi per convincerlo a ritirarsi dalla vendita all’asta un lotto di terreni. L’attività investigativa dei militari dell’Arma, ha permesso di portare alla luce oltre alle dinamiche criminali del gruppo Morabito, anche gli interessi dell’organizzazione nel controllo sistematico delle aste giudiziarie di immobili fra Catania e Siracusa.

Nella vicenda si inserisce poi il presunto scambio politico-mafioso. La procura ha ipotizzato il sostegno della criminalità organizzata del gruppo Morabito, legato ai Laudani di Catania, al sindaco Naso per le elezioni comunali del 2022, in cambio dell’assunzione, a tempo determinato, di due persone, vicine al clan, all’interno della ditta che in città si occupa di raccolta e smaltimento rifiuti.

I pm già lo scorso aprile avevano chiesto l’arresto degli indagati, non concesso dal Gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo che non ha riscontrato nel rapporto incriminato una immediata utilità economica per l’associazione mafiosa. I pm hanno quindi presentato ricorso al Riesame e nel loro appello, fanno riferimento a una recente della Cassazione che rispetto alla configurabilità del reato di scambio elettorale, dicono, può essere costituito non solo dal denaro, ma anche da beni traducibili in valori di scambio, come l’assunzione appunto.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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