Le regole ataviche e ben precise di ogni poligono di tiro non lasciano scampo a equivoci. Non c’è alcuna emergenza sicurezza nell’utilizzo delle armi da sparo, ma un uso improprio regolato dal fattore umano. Da quelle alterazioni emotive che rendono le armi uno strumento pericoloso. E un omesso controllo che è stato fatale. Quanto accaduto domenica a Roma impone una riflessione e un excursus diventa quasi d’obbligo per fare chiarezza e per sgomberare il campo da qualsiasi dubbio.
Qual è la mappa in Sicilia? L’acronimo “magico” per aprire il mondo dei poligoni è Tsn. Che sta per Tiro a segno nazionale. Nell’isola, secondo il comitato regionale dell’Unione italiana tiro a segno, sono in tutto 15 i centri autorizzati: ad Agrigento, Altavilla Milicia, Bagheria, Caltagirone, Caltanissetta, Catania, Centuripe, Enna, Mazara, Messina, Milazzo, Palermo, Ragusa, Siracusa e Trapani. Soltanto in questi centri si può sparare seguendo le regole, anche se al di fuori ci sono pure i “tiratori fantasma”, stimati in circa 400mila a livello nazionale, ovvero i non iscritti ignoti alle strutture sportive.
«La questione – spiega Corrado Fatuzzo, ex funzionario di polizia e esperto balistico – non è la vendita delle armi, perché nel caso in questione l’arma non è stata acquistata, ma sottratta. E non è neanche una mancanza da parte dello Stato, perchè il porto d’armi era stato negato, dopo che i carabinieri avevano espresso parere negativo. C’è stata semplicemente una carenza di controlli nella struttura sportiva. L’arma, a volte, è un oggetto epifenomenico (accessorio, ndr) nel senso che si guarda a quella piuttosto che al disagio psichico e a ciò che c’è dietro. I due aspetti vanno di pari passo. Qui non è un problema di acquisto o no di arma legittima, perchè a creare un danno maggiore sono quelle che circolano dal mercato nero. Chi va al poligono affitta un’arma e deve avere o il porto d’armi o il certificato di idoneità al maneggio delle armi. Nel caso di Roma, l’uomo si è recato al Tsn dove c’è stato un vulnus, con un’evidente mancanza di controllo. È come se qualcuno ruba una moto da un negozio di motociclette e poi con quella moto va a fare una rapina. Un po’ come una tempesta perfetta: un soggetto con delle fragilità e una struttura che non ha vigilato come avrebbe dovuto».
A parlare di “caccia alle streghe” è chi per tradizione di famiglia le armi le vende da ben 126 anni. «Gli ultimi episodi di cronaca ancora una volta puntano il dito nei confronti delle armerie – ammonisce Francesco Zaccà, presidente degli armieri di Confcommercio Catania – incidenti che sono il frutto, ahimè, di una mala gestio. Se noi consideriamo che ogni anno sulla strada muoiono in migliaia e poi capita qualche incidente con le armi, dovremmo requisirle tutte e mettere il porto d’auto, anzichè la patente? L’arma è un oggetto, non è nè buona, nè cattiva è l’utilizzatore che ne deve fare un uso corretto. Nel caso del Tsn sotto lo sguardo continuo e vigile dell'istruttore di tiro. Ecco perchè non serve capire quante armi si vendono e come se si chiedesse alle concessionarie di auto quante auto si vendono o no, dopo gli incidenti mortali…».
Gaetano Di Muni, direttore del poligono di Catania, ha le idee molto chiare. «Che un’arma vena sottratta è praticamente impossibile – tuona – sempre se le regole vengono rispettate. Perchè è solo sulla linea di tiro che l’utente ha a disposizione l’arma, sempre e esclusivamente sotto la supervisione dell’istruttore. Non c’è la possibilità di andarsene in giro per il poligono con l’arma. A Roma, evidentemente, non è stato così…».