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IL CASO

In carcere da innocente per un anno e due mesi: indennizzo da centomila euro per ingiusta detenzione

Il caso di Michele Nicosia, 59enne di Villarosa (Enna) che era stato accusato di aver avuto un ruolo nell’omicidio dell’autotrasportatore Giuseppe Bruno a Calascibetta

Di Tiziana Tavella |

Indennizzo da oltre centomila euro per Michele Nicosia, 59enne di Villarosa in carcere da innocente per 439 giorni, per l’accusa riconosciuta infondata con sentenza definitiva, di avere avuto un ruolo nell’omicidio dell’autotrasportatore Giuseppe Bruno, titolare di una rivendita di tabacchi nella frazione di Cacchiamo a Calascibetta, il cui corpo venne fatto sparire dandolo in pasto ai maiali.

I giudici della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta, presieduta da Andreina Occhipinti, consigliere Marco Sabella, consigliere relatore Gabriella Natale, hanno condannato il ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di 103.524,98 euro nei confronti di Michele Nicosia, assistito dall’avvocato Antonio Impellizzeri, era rimasto in carcere dal 22 febbraio al 14 dicembre 2017 e 13 luglio al 29 novembre 2018 per un totale di 1 anno 2 mesi e 14 giorni in cella. L’indennizzo, come riportato in sentenza è stato quantificato in base a un parametro tecnico, 235,82 euro al giorno, e non va inteso come risarcimento.

La storia

Per l’omicidio di Giuseppe Bruno fu condannato come esecutore materiale, a seguito dell’operazione “Fratelli di sangue”, il pregiudicato Maurizio Nicosia, che lo strangolò in un momento d’ira, dopo che la vittima gli aveva chiesto la restituzione di un prestito fatto ad un altro componente della famiglia Nicosia. Michele Nicosia, condannato in primo grado a 14 anni e poi assolto con formula piena in appello con sentenza diventata definitiva dopo la pronuncia della Cassazione, per la ricostruzione dei fatti sarebbe stato presente al momento iniziale della discussione ma senza avere alcun ruolo nell’omicidio, ne coinvolgimento anche in termini astratti.

Per i giudici che hanno condannato a 16 anni Maurizio Nicosia, era imprevedibile la reazione violenta dello stesso e l’omicidio fu ritenuto “d’impeto”. Una imprevedibilità che si estende anche al cugino Michele Nicosia, incensurato, che non poteva prevedere cosa sarebbe accaduto.

A condurre le indagini sul delitto che ha scosso la comunità Villarosana per le modalità poi emerse, la sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile di Enna ed il Reparto Operativo, nucleo investigativo, del Comando Provinciale dei Carabinieri di Enna. Decisivo per la svolta sulla fine di Giuseppe Bruno che rimase una sorta di “cold case” per alcuni anni le dichiarazioni di un altro cugino di Maurizio, Santo Nicosia, il quale ha riferito agli inquirenti di aver visto Bruno discutere con lui, che lo avrebbe ucciso, poi sezionò il corpo e diede in pasto ai maiali.

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