«Il Villaggio è famiglia… famiglia Santapola-Ercolano»: così Turi Battaglia dettava legge nel quartiere

Di Redazione / 04 Agosto 2024

Il vizio di cambiare squadra mafiosa Giuseppe Caruso, Cirillino, l’ha sempre avuta. Nel 2015 la sua foto era stata messa in bella mostra nelle slide dell’operazione “Nuova Famiglia” che aveva disarticolato il clan Mazzei. Dalle carte dell’inchiesta dei carabinieri, invece, si evince che Caruso ha bazzicato per un periodo il gruppo del Villaggio Sant’Agata di Cosa nostra nel settore della droga e poi, non per sua volontà pare, è stato allontanato per essere assorbito dai Nizza di Librino, che sono stati fino a qualche mese fa sotto la guida di Giuseppe Pistone. Il suo allontanamento potrebbe essere stato legato anche ai problemi insorti con Turi Assinnata, boss di Paternò, che avrebbe addirittura pensato di farlo ammazzare per un debito di droga.

Una sorta di retrocessione mafiosa, come la “declina” il capo operativo del gruppo del Villaggio Sant’Agata, Davide Finocchiaro. «Cirillino se la sta facendo con i Nizza», diceva a un affiliato ribadendo però la diversità tra le due realtà mafiose. «Vicini è una cosa, il Villaggio è il Villaggio! Il Villaggio è famiglia… è famiglia Santapaola-Ercolano… le altre zone sono quartieri avvicinati alla famiglia Santapaola… tipo noialtri possiamo decidere di fare una guerra». Il concetto è chiaro e legato alla visione della “vecchia mafia” di cui Finocchiaro è un attento fan.

L’ultima parola

E non a caso, infatti, al Villaggio Sant’Agata l’ultima parola spettava a Turi Battaglia, fratello di Santo, l’uomo d’onore di questo gruppo. «Battaglia riceveva – annota il gip Carlo Cannella – continue informazioni sulla situazione del sodalizio dall’esterno, non solo dai suoi familiari ma anche dai sodali, in modo da essere sempre aggiornato sulle dinamiche in corso, costituendo per i sodali liberi un punto di riferimento e soggetto in grado di dare indicazioni circa la gestione di dinamiche associative».

L’esponente storico della famiglia Santapaola-Ercolano – condannato per l’omicidio di Antonino Sanfilippo del 1992 – incassava regolarmente lo stipendio e avrebbe avuto poteri decisionali.
Battaglia avrebbe mantenuto relazioni con reclusi e personaggi del clan a piede libero. Sono documentati nell’inchiesta dei carabinieri, coordinata dalla pm Lina Trovato, contatti con Davide Finocchiaro, Samuele Razza (genero del fratello Santo), Filippo Scalogna, Turi ‘u puffu’ Gurrieri.

L’autorizzazione

Molti si rivolgevano a Battaglia per avere l’autorizzazione a incontrare alcuni personaggi della famiglia. Come Razza che è stato contattato da Danilo Scordino dopo la scarcerazione: «Vacci, gli dici: “ti saluta mio zio”……. gli dici così… E vedi cos’è, e poi me Io dici». Finocchiaro, invece, chiedeva il permesso di vedersi con lo “zio di Ramacca”: «Eh… Vedi che è… no?… Magari ti deve dire… cose per qualcuno». In diverse conversazioni emergeva “mi ha detto mio zio, ti saluta lo zio”. E zio secondo il vocabolario della mafia ha una chiara chiave di lettura. E di ruolo. «La parola e il nome di Battaglia rappresentavano all’esterno – argomenta il gip – una fonte di legittimazione per i sodali che potessero portar l’una o spendere l’altro e al contempo erano in grado di esercitare timore per le possibili conseguenze in caso di mancato rispetto». E infatti Davide Finocchiaro, dialogando con Seby Ercolano, lo avvertiva che avrebbe informato i Battaglia di alcune affermazioni poco gradevoli fatte da qualcuno, rimasto ignoto, in merito al gruppo del Villaggio. E prevedeva che una volta “avuta la notizia” avrebbero fatto “ammazzare la persona che aveva sbagliato a parlare”. «Ora glielo mando a dire direttamente a Santo e a Turi, ti faccio ammazzare per quello che stai dicendo».

La vecchia mafia. Meno istintiva. Ma quando vuole fare male, lo fa. Senza sbagliare bersaglio.

Pubblicato da:
Alfredo Zermo