Il sistema Sammartino «simile a Mafia Capitale»: le carte dell’inchiesta

Di Mario Barresi / 18 Dicembre 2020

Una scelta non scontata – quella di non “caricare” l’ipotesi di reato – che magari è il compromesso fra strategie giudiziarie e sensibilità diverse. Il nome del politico indagato, inoltre, non compare nelle 423 pagine dell’ordinanza del gip. Ma nella richiesta di misure cautelari (per Sammartino nessuna in particolare) i pm sembrano d’accordo su una cosa: il big renziano di Sicilia è avvezzo a rapporti elettorali spregiudicati. Il Gico della guardia di finanza, nell’informativa dell’operazione sostiene che «è stata individuata un’associazione per delinquere (al limite del condizionamento ambientale mafioso simile a Mafia Capitale) promossa, organizzata e diretta» da Sammartino, che, scrive il comandante Pablo Leccese, «oltre a provvedere a una raccolta illegale di voti per la sua elezione, entrava personalmente in contatto» con Brancato, «noto esponente di Cosa Nostra-clan Laudani», si legge nel capitolo intitolato «Le collusioni con la mafia – “L’area grigia”».

 

Il personaggio-chiave è Brancato, «in grado di avviare una qualificata interlocuzione con uno dei politici più influenti sul territorio siciliano». Il legame fra i due è ritenuto «confidenziale». Il deputato regionale lo incontra più volte. E «si recava personalmente presso la pizzeria» dell’arrestato «per ringraziarlo dell’impegno elettorale profuso in suo favore», il 28 ottobre 2017, a pochi giorni dal voto. Eppure, annotano i pm, Brancato «non risulta iscritto» al Pd (con cui Sammartino fu candidato, prima di seguire, a fine 2019, Matteo Renzi in Iv), «né ad altri partiti», circostanza che «conferma ulteriormente come i rapporti» fra i due «siano da attribuire alla necessità di acquisire i consensi elettorali con le modalità descritte nel capo d’imputazione».

 

I magistrati parlano di «rilevanti elementi probatori» sulla «avvenuta conclusione di un accordo» fra Sammartino e Brancato. Voti alle Regionali in cambio di «utilità»: l’impegno per un posto al «non meglio identificato» nipote dell’arrestato alla Mosema, ditta di raccolta dei rifiuti; la promessa di far rimuovere la cabina telefonica davanti alla pizzeria della famiglia a Mascalucia. Ma non è un semplice patto d’interesse fra candidato e sostenitore; per i pm catanesi emerge anche «un rapporto relazionale significativo» fra l’esponente del clan Laudani e la «segretaria di Sammartino», Gabriella Ghiaria, estranea all’indagine.

 

C’è un altro costante «intermediario» fra il politico e il mafioso arrestato: Salvatore Failla, ex assessore a Pedara (non è fra i 28 indagati finiti nell’ordinanza), definito nelle carte «collaboratore» e «cugino» di Sammartino. È Failla, in un’intercettazione ambientale, a essere provocato da una cognata di Brancato («Io pensavo che tu eri venuto per darmi qualche 20 euro, visto che noi abbiamo fatto il nostro dovere») nel ricordargli, scrivono i pm, che «effettivamente l’intera famiglia attendeva le elargizioni promesse». È Failla a ricevere l’incarico di occuparsi in prima persona di una delle due richieste di Brancato, la cabina telefonica da rimuovere, subendo poi le pressioni. Ed è a Failla che Sammartino racconta dell’incontro con Brancato, avvenuto nello studio dentistico del big renziano il 20 novembre 2017. «Basta, basta tranquillo questa me la sbrigo io», assicura il deputato al suo fedelissimo parlando del mafioso. «L’ho visto lunedì allo studio. (…) Bravo, che è venuto perché aveva un problema ai denti». Un luogo di cura, ma non solo. Tant’è che la stessa compagna di Brancato, collaboratrice di Sammartino, «nota la presenza del sindaco di Mascalucia Leonardi (Giovanni, ndr) ma non sa se debba incontrarsi con Luca o se sia presente in qualità di paziente», sintetizza la finanza in una delle 1.286 pagine di comunicazione notizia di reato.

 

Failla, in una nota, «nonostante non ricopra più alcun incarico pubblico, ma come semplice cittadino» rileva come «la mia persona, senza alcun motivo giuridicamente e penalmente apprezzabile, sia stata messa al pubblico ludibrio», auspicando che «in futuro, il potere dell’informazione sia più cauto e protettivo» su chi è «totalmente estraneo ad ogni fatto di rilevanza penale». Ne prendiamo atto. E registriamo la disponibilità dell’ex assessore che si dice «ovviamente pronto, qualora avverrà, a rendere ogni mia utile testimonianza affinché si faccia piena chiarezza sulla vicenda».

 

Può darsi che avverrà presto. Perché il nome di Failla, fra i 153 inquisiti iniziali, nell’informativa di “Report” ricorre 52 volte. Per la guardia di finanza lui «ha avuto il compito di contattare le famiglie mafiose» e «ha incontrato e convinto alla sua causa appartenenti il clan Laudani, come Nino Puglisi, inteso coca cola, Alfonso Croazzo e “Lucio” Girolamo Brancato, promettendo loro e facendo promettere al Sammartino la risoluzione di particolari richieste». Gli investigatori giocano a carte coperte. Tranne che per un episodio. È Failla a rivelare allo stesso Brancato di un altro incontro “proibito” di Sammartino. E cioè quello con con il figlio di Natale D’Emanuele, esponente storico del clan Santapaola. «…e basta, solo Nino è venuto u nicu di Natale. Hai capito? È apposto Nino, ah!», dice in un’intercettazione del 4 ottobre 2017. Per i magistrati si tratta di Antonino Salvatore Maria D’Emanuele, coinvolto nell’operazione “Cherubino”, ma mai condannato per mafia. Failla si lamenta «altresì del fatto che l’incontro era avvenuto presso la sua abitazione – annotano i pm – nella consapevolezza dei grossi rischi ad esso connessi». E, infatti, si sfoga con Brancato: «E l’abbiamo fatto a casa mia… e mi è gonfiata la minchia parlando con te… a casa mia e poi quello “attoppau” Luca. Hai capito?».

 

Ce n’è abbastanza per far sostenere alla Procura di Catania che queste ultime indagini «hanno consentito di accertare, sia pure in maniera indiretta per quel che riguarda i rapporti con noti esponenti del clan Santapaola», la «disponibilità» di Sammartino «a procurarsi voti anche ricorrendo a sostenitori che vantano importanti storie criminali». Una circostanza che, «a prescindere dalla configurabilità in concreto di singole fattispecie penali ex art. 416 ter c.p.» (lo scambio elettorale politico-mafioso), per i magistrati catanesi «desta un particolare allarme sociale per i legami deviati a cui essa dà certamente spazio».

 

Ed è questo lo scenario, al di là dell’indagine-bis per corruzione elettorale (sulla precedente, invece, l’udienza preliminare è slittata al 23 febbraio 2021) a carico di Sammartino. Dalle carte di “Report” spunta per la prima volta la traccia di un’inchiesta più complessa e articolata. Una versione dell’informativa degli investigatori è stata depositata in quest’ultimo procedimento l’11 aprile 2018. Il nome in codice è “Enfant Prodige”.

Twitter: @MarioBarresi

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Pubblicato da:
Redazione
Tag: corruzione elettorale dda di catania guardia di finanza luca sammartino lucio brancato mafia capitale operazione report procura di catania voto di scambio