Cronaca
Il sistema Montante secondo Lumia: ecco il teorema esposto all’Antimafia
CATANIA – Si definisce «un protagonista esterno alle vicende più tecnicamente regionali». Derubricando così il suo status di “puparo” della politica siciliana nell’ultimo decennio. Beppe Lumia, nell’audizione Antimafia dell’Ars, dà comunque una lettura – alla luce del suo «pieno, convinto e appassionato sostegno al governo Crocetta» – del “sistema Montante”. Provando, con tanto pathos quanto imbarazzo, a smarcarsi dall’ex leader di Sicindustria sotto processo per corruzione a Caltanissetta. Quando la deputata M5s Roberta Schillaci fa confusione con le date, s’inalbera: «Non c’è nessun incontro tra me e Montante dopo quello spartiacque», ovvero la rivelazione dell’inchiesta per mafia. E poi scarica l’ex compagno di legalità: per «motivi di opportunità e di convinzione», s’è tenuto «un passo indietro perché un parlamentare, membro dell’Antimafia non poteva fare l’errore di assumere una sua soggettiva valutazione».
Ma c’è molto altro, nelle 30 pagine di verbale dell’ex senatore dem, lo scorso 9 ottobre davanti alla commissione presieduta da Claudio Fava. A partire dal “teorema Lumia” sul ruolo di Confindustria, «soggetto politico, senza mediazioni».
Queste le parole: «Io ricordo che nel rapporto con il governo Lombardo, Confindustria non ha avuto la mediazione di nessun parlamentare regionale, nazionale, di nessun esponente politico». Così «anche con il governo Crocetta e così, ho capito, anche nei primi rapporti che hanno avuto con il governo Musumeci». Lumia cita gli assessori Marco Venturi e Linda Vancheri e dice che Sicindustria «anche dopo il famoso spartiacque, non ha disdegnato rapporti anche con questo governo». Rapporti «sicuramente legittimi, moralmente apposto però, anche nell’ultima elezione regionale, Confindustria si è fatta avanti».
E «non è difficile, così, fare una previsione che molto probabilmente quella dinamica sarebbe arrivata anche nei confronti di questo governo». A Nello Musumeci, quindi, dal “sistema Montante” né fondi né «sostegno», al contrario di quanto emerso dalle prime indiscrezioni sull’audizione, poi smentite dallo stesso Lumia e definite «spazzatura» dal governatore. Nessuno ha chiesto all’ex senatore cosa intendesse per «rapporti» e «dinamica», né la sua nozione di “farsi avanti”.
L’audito eccellente, oltre a insinuare dubbi sulla presa di distanza dell’ex assessore Venturi e di Alfonso Cicero da Montante («Gesto di liberazione o piuttosto scontro di potere?»), ribadisce come l’impegno legalitario di Confindustria, «una risorsa senza precedenti», fosse al di sopra di ogni sospetto. Tant’è che persino «la migliore Magistratura italiana, quella che ha più know how» antimafia «si è tuffata» in un «supporto» che poi «ha incoraggiato tante altre procure» in «altrettanti giudizi condivisi e lusinghieri».
Nell’elenco dei fan montantiani Lumia inserisce la Procura nazionale antimafia, i prefetti, la «migliore società civile» (cita Fai e Libera), il Viminale, i vertici delle forze dell’ordine. E pure, con frecciata a Fava,la scorsa Antimafia nazionale. Insomma: la teoria del “così facevan tutti”, che serve anche da auto-assoluzione.
Ma l’ex senatore deve spiegare molte cose. Francesco Nicosia, dirigente regionale, alla commissione dell’Ars ha rivelato di essere stato silurato da capo di gabinetto dell’ex assessore Ester Bonafede per ordine del sistema Montante, «un’organizzazione di stampo militare», proprio dopo un summit nella segreteria palermitana di Lumia, alla presenza, fra gli altri, di Crocetta e Patrizia Monterosso. L’audito nega l’episodio, anche perché «la segreteria di un parlamentare è un luogo pubblico». E smentisce che l’incontro all’Excelsior di Catania (con lui Montante e Ivan Lo Bello) servisse a silenziare l’ex assessore Nicolò Marino nella guerra al re confindustriale dei rifiuti Giuseppe Catanzaro: fu «un semplice confronto politico, senza entrare nelle scelte gestionali». Tanto più, sibila, che il magistrato Marino, «in quella fase esprimeva una sua soggettività politica, aveva voglia di fare politica…».
L’esponente dem è tirato in causa anche dalla testimonianza di Gaetano Armao che, anche allora assessore, vide Lumia presentarsi da Raffaele Lombardo con l’imprenditore Massimo Di Risio che voleva rilevare l’ex Fiat di Termini. Ma Armao si mise di traverso e poi – racconta, citando una confidenza dell’ex assessore Giovanni Pistorio – «Lumia e Montante erano imbestialiti». L’ex senatore ribatte che «anche le pietre sanno che tra me e Armao c’è stato un conflitto politico» e che «Di Riso è stato scelto da Invitalia»; sconfessa l’imprenditore Massimo Romano (imputato a Caltanissetta), che lo accusa di pressioni per denunciare estorsioni mai ricevute: «C’era scritto in un pizzino di Provenzano!»; e nega di aver chiesto a Venturi dei fondi in nero per la campagna elettorale di Crocetta: «Lumia (parla di sé in terza persona, ndr) meriterebbe non un processo, ma la ghigliottina» se l’avesse fatto davvero.
Difesa e contropiede, per tutta l’audizione. Con un duro scontro con il deputato Nicola D’Agostino sui fondi ai partiti e sul “modello Antoci”. Lumia barcolla, ma non molla. E quando, alla fine della seduta, il presidente dell’Antimafia gli chiede esplicitamente se ci fosse mai stata una sua «presenza in forme inconsuete nel Palazzo del Governo» con Crocetta, parte un siparietto. «Mi guardi negli occhi perché questa è una cosa importante…», dice Lumia. «“Mi guardi negli occhi” è imbarazzante, ascolto senza problemi…», ribatte Fava. L’ultima risposta, sempre in terza persona, esclude «nel modo più totale che la presenza di Lumia nel governo della Regione fosse sul piano gestionale. Il mio compito era politico e, sa, purtroppo quando in Sicilia si ha qualche abilità politica è chiaro che le leggende metropolitane fioccano». E lo era anche quella del “senatore della porta accanto”, che a Palazzo d’Orléans – raccontano – appariva e scompariva con aplomb sulfureo? Che disdetta.
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