È quanto emerge dal nuovo Rapporto “(Non) Tutti a Mensa! 2016”, un monitoraggio realizzato per il quarto anno consecutivo da Save the Children, nell’ambito della campagna “Illuminiamo il Futuro”, che sottolinea come la situazione delle mense scolastiche su tutto il territorio italiano sia disomogenea e priva di regole condivise. Il rapporto di Save the Children reso noto ieri prende in esame la proposta di refezione scolastica per le scuole Primarie di 45 Comuni capoluogo di provincia con più di 100mila abitanti valutando tariffe, esenzioni, agevolazioni e trattamento delle famiglie morose.
Secondo il rapporto, l’assenza delle mense nel nostro Paese è «molto preoccupante». In alcune Regioni del Sud ne è privo un istituto su due: la percentuale tocca il 53% in Puglia, il 51% in Campania e il 49% in Sicilia. Nelle regioni del Nord quasi un terzo delle scuole ne è sprovvisto, come in Veneto (32%), Liguria (29%), Lombardia (27%), Piemonte (27%).
La presenza della mensa è strettamente collegata a quella del tempo pieno nelle scuole. Affiancando i dati Istat sulla dispersione scolastica, si è notato come la presenza o meno di questi due servizi negli istituti, sia fortemente correlata alla sua incidenza. Emerge così che Regioni come Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, con la più alta percentuale di alunni che non usufruisce del servizio mensa, siano le stesse dove la mancanza di tempo pieno e la dispersione scolastica sono più diffusi. Nella nostra Regione, solo l’8% della scuola Primaria ha il tempo pieno. Dati non parametrabili con il 40% dell’Emilia Romagna o il 48% della Lombardia, con punte massime del 91% a Milano e dell’85% a Monza.
«Le base percentuali di tempo pieno incidono sull’assenza delle mense. Non sono dati confortanti quelli di Save the Children», conferma Maria Luisa Altomonte, direttrice dell’Ufficio scolastico regionale (Usr). Che entra quindi nel merito dei problemi: «In Sicilia soffriamo la mancanza di servizi da parte degli enti locali e una domanda di tempo scuola tutt’altro che alta. La risposta delle famiglie è carente, anche perché qui da noi – e in genere al Sud – c’è un’elevata disoccupazione femminile. Ragion per cui i bambini frequentano la scuola Primaria e quella dell’Infanzia nelle ore antimeridiane e poi stanno a casa con la mamma o i nonni. Al centro-nord, dove in maggioranza entrambi i genitori lavorano, l’esigenza di tempo pieno e del servizio di refezione scolastica è un’esigenza più sentita». Tuttavia, l’Usr si sta impegnando per invertire il trend negativo riguardante il tempo pieno: «Spero che in quest’anno scolastico si riesca ad incrementarlo – prosegue Altomonte –. Il tempo pieno infatti risponde anche ad una necessità sociale. Bisogna però muoversi simultaneamente: serve un lavoro interistituzionale tra gli enti locali e il mondo della scuola. Se non abbiamo locali, catering e altri servizi collaterali è inutile parlare di tempo pieno. Sulle mense i Comuni devono investire risorse, ma c’è anche una quota della tariffa a carico delle famiglie che condiziona la scelta di usufruire o meno del servizio».
In base al rapporto di Save the Children, la disomogeneità delle tariffe delle mense nelle scuole Primarie è trasversale tra tutte le regioni italiane. Per le fasce più disagiate (cioè le famiglie con un Isee di 5mila euro) e con tre figli iscritti al servizio mensa, solo 15 Comuni su 45 garantiscono l’esenzione totale dal pagamento dalla retta per il terzo figlio. Per contro, se una famiglia ha un unico figlio ed un Isee di 25.000 euro a Catania, la tariffa massima perla mensa è di 2,3 euro. A Taranto quasi lo stesso costo (2,15 euro) è contemplato per la tariffa minima.