Il patto tra clan e impresa: chiamale se vuoi… relazioni pericolose

Di Laura Distefano / 03 Luglio 2024

«La Catania Impianti è una società della famiglia Pillera». Lo mette nero su bianco Turi Messina, detto “Manicomio”, in diversi verbali finiti agli atti dell’inchiesta “Filo conduttore”. Il pentito è entrato nel clan all’età di 21 anni, grazie al matrimonio con Rosalinda Finocchiaro, nipote del boss Turi Pillera e sorella di Santo, uno dei principali indagati dell’operazione scattata ieri. Quest’ultimo sarebbe “intraneo al clan”.

La Sielte: la società regina del sistema

C’è un centro di gravità permanente nel “sistema Pillera”: la società Sielte.
«Era Domenico Lombardo per la Sielte che si occupava dei contratti, mentre nella Dosian e nella Catania Impianti di queste cose si occupava Antonino Zingale a seguito di mio intervento». Nel 2023 il collaboratore ha spiegato meglio l’origine e l’evoluzione dei contatti tra la Sielte (già Itel ) e il clan Pillera: «Un rapporto – spiega la gip – nato già tra gli anni ’80 e ’90 secondo un modulo di “concordato” tra grosse imprese e gruppi mafiosi, che trascende gli schemi della sottomissione estorsiva per diventare un patto di reciproca convenienza».

Il tributo periodico alla mafia in cambio di favori



La società «assumeva fittiziamente tra i propri dipendenti membri del clan mafioso, erogando stipendi e somme aggiuntive». L’impresa inoltre forniva «un tributo periodico all’associazione, ricevendo in cambio la “protezione” e la messa in atto del metodo mafioso per risolvere questioni economiche di suo interesse, come la riscossione di crediti e favori personali». Sielte, non è stata sfiorata dalle indagini, ma l’ex numero 2 (da un anno ha deciso di dedicarsi al vino) da martedì è ai domiciliari.

Chiamale se vuoi… relazioni pericolose


Solo ultimamente sono arrivate le società di servizio alle telecomunicazioni, protagoniste dell’inchiesta. «Le erogazioni della Sielte si risolvevano non soltanto nell’assegnazione di lavori alle società di fatto del clan Pillera, ma altresì nel pagamento di importi aggiuntivi a quelli dovuti per il subappalto».
Messina ha spiegato così l’evoluzione criminal-imprenditoriale del clan: «Siamo stati assunti tra gli anni ‘80 e i ‘90 alla Itel per volontà di Turi Pillera. Dagli anni ’80 la Itel era sotto estorsione del clan Pillera e oltre ai nostri stipendi ci dava anche 500.000 lire ciascuno fuori busta e dava al clan lire 120 milioni che venivano consegnati una volta l’anno in contanti». Nel 2009 ci sarebbero state delle tensioni in famiglia: «Chi aveva legami di sangue con Turi Pillera era geloso dei soldi che io e Zingale muovevamo».

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Laura Distefano