MILANO – Ha urlato la sua “gioia” e, nonostante la fama di “duro”, si è un po’ commosso Fabrizio Corona, quando nel pomeriggio, dopo quasi due anni e mezzo di detenzione, ha lasciato il carcere milanese di Opera per essere affidato, come stabilito dal giudice di sorveglianza, “temporaneamente” ad una delle comunità ‘Exodus’ di don Antonio Mazzi, a Lonate Pozzolo (Varese). Un affidamento in prova ai servizi sociali che dovrà essere confermato da un collegio di giudici e che è stato concesso per una serie di ragioni, alcune tecnico-giuridiche, altre relative all’assenza di pericolosità sociale e al suo passato di tossicodipendenza. «Sono felice e giuro che in carcere non ci tornerò più», ha gridato, lasciando la casa di reclusione, l’ormai ex “re dei paparazzi” che venne arrestato in Portogallo dopo una fuga durata alcuni giorni, quando era diventata definitiva la prima delle molte condanne a lui inflitte: si va dall’estorsione per i foto-ricatti fino alla bancarotta e alla corruzione di una guardia penitenziaria.
«Ho attraversato la tempesta, ho lottato fino all’ultimo è stata dura ma era necessaria. Ora si riparte. #sipuede», ha scritto, dopo la scarcerazione, in un tweet. Lui che da tempo andava ripetendo, anche davanti ai giudici: «Sono cambiato, ma sto male in carcere, ho seri problemi psicologici, datemi un’opportunità». E quell’opportunità di mettersi in gioco gli è stata concessa dal giudice Giovanna De Rosa, che ha accolto l’istanza dei legali Ivano Chiesa e Antonella Calcaterra. Corona ha telefonato subito all’avvocato Chiesa, dicendogli: «Si rende conto che ora posso telefonarle?». E poi quando l’ha incontrato, l’ha abbracciato, baciato e ha urlato forte. Al difensore che gli ha detto subito «ora comportati bene», l’ex fotografo dei vip ha risposto: «In carcere non ci tornerò mai più».
Anche l’avvocato era molto soddisfatto: «Sono contento per Fabrizio, è un bravo ragazzo». Il legale ha precisato che il giudice ha dichiarato “ammissibile” un’istanza di affidamento temporaneo che, in passato, era stata bocciata dalla Sorveglianza. La difesa, infatti, contestava soprattutto i 5 anni inflitti per il cosiddetto foto-ricatto all’ex attaccante juventino David Trezeguet: una pena per il reato di estorsione aggravata che non consentiva di chiedere una misura alternativa alla detenzione, come l’affidamento in prova. L’istanza, però, oggi è stata accolta «sulla base – come ha chiarito il legale – di una rilettura giuridica basata sul “favor rei” e che sarà utile a tanti altri detenuti nella condizione di Fabrizio».
Alla base del provvedimento, come è stato spiegato, ci sono gli anni di carcere che Corona ha già scontato, quasi tre considerando anche il “pre-sofferto”, la pena residua «che è di circa 5 anni», la «non riconosciuta pericolosità sociale», «la recuperabilità del soggetto attraverso l’affidamento in comunità», anche in vista di un percorso terapeutico data la sua tossicodipendenza. E poi le relazioni del carcere, «l’ultima della scorsa settimana – ha spiegato la difesa – che sottolineano come Fabrizio sia un detenuto modello, che sta affrontando un percorso ineccepibile». In comunità sconterà la pena residua, non sospesa, e si dovrà attenere ad una serie di prescrizioni: non potrà uscire ma potrà comunicare al telefono, anche se con alcune restrizioni.
I legali di Corona, nei mesi scorsi, avevano depositato alla Sorveglianza anche una consulenza psichiatrica di parte, allegata ad un’istanza di detenzione domiciliare, nella quale si evidenziava che l’ex agente fotografico in carcere soffriva di stati d’ansia, psicosi, depressione e attacchi di panico. Un’istanza, però, che è ancora in fase di valutazione e non legata al provvedimento di oggi sul quale, comunque, secondo il legale, “hanno inciso anche valutazioni di tipo psico-diagnostico”. Tra qualche mese l’affidamento in prova dovrà essere valutato dalla Sorveglianza che dovrà decidere se confermarlo e portarlo da “interinale” a “permanente”.