Cosa Nostra sta cercando di ritornare a essere la prima potenza criminale in Italia. Da decenni, infatti, è stata scalzata nel primato mafioso dalla ‘ndrangheta. Il segreto della criminalità organizzata calabrese è quella di avere le casse piene dei miliardi di introiti della droga. I boss siciliani, quindi, stanno tentando di fare concorrenza ai “colleghi” calabresi – a cui fino a oggi pagano fior fior di milioni di euro per rifornirsi di cocaina – per trovare contatti diretti con i cartelli del narcotraffico sudamericani.
E per scalzare le ‘ndrine i mafiosi dell’Isola potrebbero aver cercato nuove rotte della droga, diverse da quelle già battute e conosciute. Una di queste è quella “intercettata” dagli investigatori del Gico della Guardia di finanza di Catania che collega il Brasile al Mediterraneo. Oltre cinque quintali di cocaina purissima sono stati sequestrati dai militari nel corso di un’operazione nello specchio d’acqua tra Catania e Ragusa. I militari sono saliti a bordo di un peschereccio della marineria siracusana appena ha portato a bordo i colli galleggianti abbandonati da una nave cargo. Che per una serie di indizi sarebbe partita diversi giorni fa proprio da un porto brasiliano. Alla mafia siciliana naturalmente sarebbe toccato una parte del “bottino di droga”. Il resto sarebbe stato venduto dal broker – magari esponente addirittura di Cosa nostra – che aspettava il carico in tutta Europa.
Identificare il broker che aveva assoldato i pescatori per il trasporto e doveva ricevere il carico di cocaina martedì è ora la priorità degli investigatori. I pescatori siracusani sarebbero semplice manovalanza. Pagati a “gettone” per il lavoro delicato di recuperare i colli galleggianti. È il momento più scoperto dell’intera operazione, quello più rischioso. E per questo motivo il guadagno doveva essere equiparato al pericolo di finire dietro le sbarre. Così come alla fine è avvenuto.
La filiera criminale è stata interrotta grazie alla capacità dei finanzieri di anticipare i passi dei “traghettatori” di droga. La perdita economica per il cartello Sudamericano è stata ingente. La notizia del sequestro sarà già arrivata oltre oceano. Ma quando accadono queste cose le comunicazioni sono vietate, una mossa sbagliata può far aprire un varco per sgominare i narcos. Intanto gli investigatori hanno in mano 100milioni di euro di cocaina.
I compratori saranno impazienti. Ma anche con loro vige al momento il silenzio. Ed è in questa catena che potrebbero inserirsi le mafie: Cosa nostra e camorra. Perché la ‘ndrangheta potrebbe non essere coinvolta, i clan calabresi hanno i loro canali diretti con i paesi produttrori di cocaina. E non si spiegherebbe perché droga destinata alle ‘ndrine dovrebbe finire in mano di pescatori siciliani.
Narcos e Cosa nostra quindi sembrerebbero sempre più vicini. E senza intermediari. Uno scenario criminale già anticipato l’anno scorso sulle colonne de La Sicilia. Ma di cui ha parlato anche il procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia dopo un sequestro record – cinque tonnellate di cocaina – avvenuto a luglio 2023 a largo delle coste agrigentine a bordo di un peschereccio partito dalla Calabria con un equipaggio composto anche da siciliani. La droga era stata portata a largo in quell’occasione dalla nave madre che batteva bandiera di Palau. Gli investigatori dissero che avevano sottratto alle mafie 850 milioni di euro di profitti illeciti. Altro che Finanziaria.
Ma qualche mese prima, sempre i finanzieri del Gico di Catania avevano messo a segno un altro sequestro record. Quella volta però nessuna imbarcazione, ma solo i pacchi impermeabilizzati che galleggiavano tra le onde a largo delle coste siciliane. Quando i finanzieri finirono di pesare i colli, la bilancia segnava 2 tonnellate. Il sistema si chiama ‘drop off’: il mercantile abbandona il carico a mare, un peschereccio preleva e porta a destinazione. Per ovviare ai tanti sequestri, i narcos avrebbero aggiunto il controllo “via aereo”. Forse qualche giorno fa qualcosa è andato storto.