Il dettaglio di una fotografia che cambia tutto, tanto da convincere la Procura ad aprire un’indagine per morte violenta, ad oltre 8 anni da quel pomeriggio di dicembre in cui il corpo di Angela Cannata, classe 1952, venne trovato senza vita dentro l’abitazione in cui viveva da sola in ronco Farfaglia, parte alta della città.
Nei giorni scorsi l’ispezione dentro la casa, dove la donna viveva in affitto, con i carabinieri alla ricerca di dettagli e tracce, anche di sangue, che potrebbero confermare i loro sospetti: Angela Cannata non sarebbe morta per cause naturali, come si pensò allora, ma bensì in maniera violenta. In che circostanze, in che modi e di chi sia stata la mano o le mani assassine lo stabiliranno le indagini appena avviate, ma la sensazione è di ritrovarsi davanti ad un nuovo “cold case”, uno di quei casi rimasti irrisolti per anni, riaperti all’improvviso, quasi dal nulla, grazie ad un dettaglio. Appunto una foto, scattata con la donna già morta e in cui si intravedono segni di un possibile soffocamento.
Secondo i carabinieri, inoltre, la morte sarebbe avvenuta in un contesto domestico e familiare: lo fanno pensare una serie di elementi attualmente in possesso degli inquirenti e decisamente in contrasto con la ricostruzione che 8 anni fa, era il 19 dicembre 2013, imputava a cause naturali la morte della donna.
Fu il figlio, riferiscono alcune fonti investigative, a trovarla morta in casa: la madre non rispondeva al telefono da un paio di giorni e preoccupato era andato a sincerarsi delle sue condizioni di salute, trovandola morta. Ed è proprio sul rapporto con il figlio che starebbero scavando gli inquirenti, partendo appunto dai pochi ma importanti dettagli attualmente al vaglio.
Angela Cannata era una donna molto riservata, minuta. Sorridente, dicono, ma difficile da incontrare anche fuori dalla sua abitazione. Era nata a Pozzallo e viveva da sola, appunto, dopo essere rimasta vedova. Un figlio che non le faceva mancare la sua presenza, aiutandola e portandole la spesa. Poi si sa veramente poco. Se non che dopo la sua morte fu sepolta nel cimitero monumentale a Noto, nella cappella della Parrocchia Santa Maria della Rotonda, e che l’abitazione in cui viveva è tornata a disposizione del proprietario, che nel frattempo al suo interno ha anche avviato alcuni lavori di ristrutturazione. Il caso sembrava chiuso.
Poi, però, a fine 2021 succede qualcosa che non passa inosservato: il 16 dicembre il cimitero resta chiuso dalle 12 alle 15 per consentire l’estumulazione di un cadavere. E’ quello di Angela Cannata. La salma viene analizzata dai medici legali su incarico della Procura di Siracusa che, nel frattempo, ha aperto l’indagine per vederci meglio e capire se la donna fosse realmente morta per cause naturali o per altro. Indagine i cui titolari risultano i sostituti procuratori Carlo Enea Parodi e Francesca Eva, coordinata dal procurate capo Sabrina Gambino. Ora un altro passaggio importante e delicato. I carabinieri, ottenuto l’ok della Procura, sono entranti nell’abitazione in cui la donna fu rinvenuta senza vita il 19 dicembre 2013. I rilievi effettuati quella sera restituivano una “mancata” scena del crimine: abitazione in ordine, poche cose fuori posto, nessun segno di violenza o di possibili presenze estranee che avrebbero potuto alterare i luoghi. Tutto fece pensare a un malore, ad una morte naturale ed improvvisa. Celebrati i funerali, il caso è praticamente chiuso, Angela Cannata viene dimenticata.
Fino a qualche mese fa, quando una foto del cadavere della donna arriva sulla scrivania della caserma di via Brindisi e un dettaglio mette in allarme chi, guardandola attentamente, si accorge di qualcosa di strano tra il collo e il petto. I carabinieri ottengono dalla Procura di Siracusa le autorizzazioni ad indagare sul caso. Nel frattempo il corpo della donna viene riesumato ed a breve si attendono i risultati dell’autopsia che potrebbero fornire un’ulteriore chiave di lettura della vicenda. Ieri l’ispezione, alla ricerca di piccoli dettagli grazie anche alle nuove tecnologie che permettono di risalire, anche a decenni di distanza, a eventuali tracce di sangue o liquidi biologici nascosti tra le fessure di mobili e reperti. Se Angela Cannata quella sera avesse opposto resistenza al suo assassino, qualche traccia potrebbe ancora esserci.