Il corpo di Viviana “parla”: ecco perché ora prevale la tragica ipotesi dell’omicidio-suicidio

Di Mario Barresi / 12 Agosto 2020

MESSINA – Il corpo di Viviana parla. E comincia a raccontare, confermandolo, l’incubo a occhi aperti che tortura le notti insonni dei familiari. Il capolinea della sua tormentata vita potrebbe essere stato un salto nel vuoto. Giù, lungo quella scarpata sotto l’autostrada dove si sono perse le sue tracce. E, se fosse davvero così, anche il destino del piccolo Gioele – ancora imponderabile – potrebbe tingersi di colori più foschi.

Al “Papardo” di Messina ieri l’autopsia sul corpo di Viviana Parisi, la deejay di 43 anni scomparsa il 3 agosto e ritrovata morta sabato scorso nelle campagne di Caronia, senza il figlio di quattro anni uscito di casa con lei. E ancora introvabile. Né vivo, né morto. Dopo diverse ore il responso ufficiale – com’era prevedibile e com’è giusto che sia in casi con tale pressione mediatica – non risolve neanche un capitolo del giallo. «Sono emerse delle fratture su più parti del corpo e che il corpo era in avanzato stato di decomposizione, ma serviranno altri esami per capire cosa sia successo. Al momento non possiamo escludere nulla, perché le lesività sul corpo che abbiamo rilevato possono essere compatibili con tutte le ipotesi possibili», afferma in serata Elena Ventura Spagnolo, perito medico-legale incaricato dalla Procura di Patti assieme a Daniela Sapienza.

Accanto a loro c’è anche un super esperto venuto da Genova: un entomologo forense, Stefano Vanin (in campo, fra gli altri, nei casi di Yara Gambirasio e Melania Rea) chiamato a ricostruire, attraverso le tracce di insetti, il momento della morte. E non solo. «Quando ha fatto il sopralluogo – si limita a dire – la polizia scientifica ha prelevato campioni di terriccio e ha lavorato molto bene e raccolto tutto quanto serviva». Presente all’esame del cadavere, durato oltre tre ore, anche la perita della famiglia Mondello, Pina Certo.

Ma dai primi riscontri dell’autopsia, a quanto risulta a La Sicilia, emergerebbe che, in assenza di segni evidenti di violenza pregressa sul corpo (nessuna ferita da arma da taglio o da fuoco), la causa più plausibile della morte di Viviana sarebbe l’impatto col terreno dopo quel maledetto salto nel vuoto. Una ricostruzione che coinciderebbe con la posizione in cui è stato ritrovato il cadavere (supino con le braccia e le gambe allargate) e che viene di fatto attestata da uno dei legali della famiglia, Pietro Venuti: «Non si può escludere niente, ma le ferite e le ecchimosi riscontrate sulla pelle di Viviana Parisi potrebbero essere compatibili con una caduta dall’alto, ad esempio il traliccio nei pressi del quale è stata ritrovata, anche se è tutto da verificare con ulteriore analisi».

Allora l’ipotesi del suicidio, seppur senza il crisma dell’ufficialità, prende sempre più corpo fra chi indaga. Tutt’altro che una pista nuova, visto che il lavoro della Procura di Patti e della Squadra mobile di Messina s’è molto soffermato sulle «condizioni di disagio mentale» della mamma-deejay. Con la conferma, da riscontri medici prima ancora che da testimonianze dei familiari, che la donna da qualche tempo assumeva degli psicofarmaci. Anche un ricovero in ospedale, nella sua cartella clinica. «Il coronavirus l’ha turbata, ci sentivamo tutti i giorni con la videochiamata. Voleva venire a Torino, ma le ho detto vengo a settembre io in Sicilia, prima no perché soffro il caldo», dice il padre, Luigino Parisi, calabrese emigrato in Piemonte mezzo secolo fa, arrivato in serata davanti all’obitorio.

L’ipotesi che la donna si sia tolta la vita non è più un tabù nemmeno per il padre, che smentisce di aver detto in un’intervista che «l’hanno uccisa». E anche il suocero Lillo Mondello scandisce: «Da quando c’è stato questo maledetto virus, Viviana era molto turbata», tanto che «è stata anche ricoverata», prima di precisare che «era dolcissima, brava e non lasciava mai il bambino». La mamma-deejay «aveva dei problemi», ammette l’avvocato Venuti, confermando l’assunzione di psicofarmaci. «Sembra che il periodo del Covid abbia peggiorato la sua condizione», si limita ad aggiungere.

E più l’ipotesi del suicidio prende corpo, più la sorte di Gioele s’avvinghia a ciò che la madre potrebbe aver deciso di fare di lui. Qui le sensazioni di investigatori e familiari si divaricano. Con questi ultimi ancora legati, forse più per sentimento che per ragione, all’ipotesi di una terza persona sul luogo della scomparsa. Anche se nonno Lillo sussurra: «Io ho un’idea di questa vicenda, ma non dico niente».

Fra magistrati e investigatori, invece, sembra sempre più nitida – a maggior ragione se l’autopsia confermasse la morte a seguito di una caduta – l’idea che a questo punto il bambino potrebbe essere stato ucciso dalla madre. E non necessariamente nella zona di Caronia.

In questo senso, l’ennesimo appello del procuratore Angelo Cavallo («Chiunque abbia visto qualcosa utile alle indagini parli») rivolto soprattutto ai soccorritori che avrebbero visto la madre col bimbo, sembra una corretta strategia d’indagine ad excludendum. «È una testimonianza importante – sostiene il magistrato – per chiarire se Gioele era con la madre o no». Ma se non lo fosse, ciò servirebbe più a concentrarsi (come già, in parte, da qualche giorno) sui luoghi lontani da Caronia, anche in relazione al fatto che 72 ore di ulteriori ricerche mirate non hanno dato risultati.

«Anche se fosse stato sbranato dagli animali, circostanza comunque molto improbabile, si sarebbe trovata una minima traccia del corpo o del vestiario del bambino», è la cinica (ma realista) constatazione di chi è in prima linea nelle ricerche. E allora l’idea è di estendere il campo non soltanto a Sant’Agata di Militello, dove ci sono i 22 minuti di “buco” certificati dai caselli dell’A20, ma ben oltre. Sulla strada statale, a ritroso, fino a Venetico. Fino a sotto casa.

La camera mortuaria è un crocevia democratico del dolore. E i familiari di altri morti “normali” sono andati via già da un pezzo. Resta una luce accesa, in una stanza, lì dentro. Dove giace il corpo, martoriato, di Viviana. Che custodisce, forse, la chiave di tutti i misteri che chi è qui fuori (e non solo) sta cercando.

Twitter: @MarioBarresi

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Pubblicato da:
Redazione
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