Il caso Geotrans, l’azienda confiscata al boss diventata brand di legalità

Di Redazione / 07 Agosto 2019

CATANIA – Dal 1° agosto 2017 al 31 luglio 2018, secondo il “Dossier Viminale”, sono state 50 le aziende confiscate (solo 12 in Sicilia) ad essere state “destinate” dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata: il 14% è stato venduto, l’86% è in liquidazione. Spulciando tra i dati dell’Agenzia, fra tutte le 350 aziende confiscate e sino ad oggi “destinate” in Sicilia ci sono 160 imprese di costruzioni, 17 alberghi e ristoranti, 17 imprese di trasporti, 54 di commercio all’ingrosso o al dettaglio e molte altre. Ma il dato, piuttosto sconfortante, è che sono state praticamente tutte poste in liquidazione, fatta eccezione per 12 aziende, 3 date in affitto (tutte e tre nel 2015) e 9 vendute.

Finisce sempre così? Non sempre. Va controcorrente la storia positiva di Geotrans Srl, l’azienda di trasporti confiscata oggi definitivamente alla famiglia Ercolano, visitata dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini a Ferragosto dello scorso anno. Impresa che da oggi può entrare anche  nelle statistiche delle aziende acquisite definitivamente al patrimonio pubblico, perché l’iter di confisca è diventato come detto definitivo. Sequestrata 5 anni e mezzo fa, poi confiscata in primo grado di giudizio, in secondo e ora con la conferma della Cassazione.

«Le ragioni per cui molte aziende confiscate finiscono in liquidazione e dunque muoiono – spiega Luciano Modica, amministratore giudiziario della Geotrans – sono diverse. Innanzitutto bisogna vedere se effettivamente se esiste una struttura aziendale organizzata o si tratta solo di una copertura per riciclare denaro o per non fare apparire reddito. Poi bisogna vedere perché è stata sequestrata. Nel caso di Geotrans, ad esempio, il sequestro avvenne perché l’azienda aveva una forza di mercato che non derivava da qualità dei servizi o dei prezzi, ma dall’appartenenza al clan».

Ci sono altri motivi?

«La gestione diventa difficile quando all’interno ci sono condizioni estese di illegalità, per esempio con molti lavoratori in nero. L’amministratore deve legalizzare ogni posizione, ma bisogna poi vedere se con i ricavi che ci sono i costi sono sostenibili. Infine, aggiungerei la capacità e la qualità dell’amministratore: non si può amministrare da burocrati, ma occorre dedizione, andare in azienda, lavorare a fianco del personale lottando giorno per giorno».

E voi come avete fatto a restare sul mercato?

«Ci siamo riusciti, ma abbiamo dovuto rinnovare completamente il parco clienti, cercarne totalmente nuovi. Quando sono arrivato l’azienda faceva prevalentemente trasporti ortofrutticoli, ma nonostante avessimo abbassato i prezzi almeno l’85% dei precedenti clienti ci ha voltato le spalle. La nostra sfida è stata dimostrare anche ai dipendenti che un altro mondo è possibile, che non si fanno trasporti solo se hai un certo cognome, ma che invece si può fare in modo legale».

Come avete fatto?

«All’inizio era difficilissimo trovare nuovi clienti locali, al Nord sembravano interessati ma appena vedevano che era un’azienda confiscata si facevano da parte. Poi, con l’aiuto di Addiopizzo, abbiamo deciso di fare della nostra condizione un brand, un punto di forza. Ora l’azienda ha una identità chiara e chi ci sceglie sa con chi ha che fare. Trasportiamo ancora ortofrutta, ma anche carta riciclata e grazie a un accordo con la Coop viaggiamo in tutta Italia».

Due anni fa scorso avete pubblicamente posto l’accento sulla difficoltà di accesso al credito.

«Sì, la liquidità è necessaria nella gestione ed è un punto critico per le aziende in amministrazione giudiziaria. Manca la figura dell’imprenditore che mette una fideiussione e lo Stato non funge da garante. La sfida dunque è la bancabilità dell’azienda, i suoi bilanci, lo stato di salute. Noi in quattro anni siamo diventati una realtà solida, bilanci sempre in utile, abbiamo ridotto l’indebitamento, preso la certificazione etica, aumentato il personale e contratto due mutui con Banca Etica per rinnovare il parco mezzi. Prima Geotrans era un’azienda che per l’80% delegava ai padroncini e il restante lo faceva con mezzi propri, adesso la percentuale è assolutamente ribaltata».

Non sarà stato facile.

«I primi due anni sono stati difficili. Per i primi 5-6 mesi c’è stata anche una convivenza con persone della famiglia piuttosto complicata. Poi però siamo riusciti a imboccare la strada giusta».

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