Il bimbo dimenticato in auto e le menti affollate: così può succedere di tutto

Di Roberto Cafiso * / 20 Settembre 2019

Ci vorrà molto tempo e l’ attraversamento di tanto dolore per attenuare il dramma interiore di un padre involontario omicida di un bimbo dimenticato in auto sotto il sole. Quello di Catania non è il primo caso e di certo non sarà l’ultimo. Su questi drammatici episodi noi strizzacervelli siamo chiamati a spiegare il perché, quasi per tranquillizzare la platea di coloro che ritengono il fatto un assurdo, frutto di dolo, leggerezza o peggio di incuria. Un fatto che al cittadino medio non potrebbe mai accadere. E forse è ciò che pensava il quarantatreenne resosi involontario protagonista di questa tragedia sino a ieri mattina.

La verità è invece che un bimbo seduto su un passeggino posto nel sedile posteriore che va portato all’asilo dopo un po’ diventa routine. E nella abitudine gli esseri umani si rilassano e compiono in automatico un tragitto pensando ad altro. Sarà capitato a molti di noi di andare dal lavoro a casa o viceversa senza rendersi conto della strada, della segnaletica, dei semafori. Ovvero attenuando al minimo utile la capacità attentiva, giusto per non sbattere o passare col rosso. E ciò perché il percorso è noto e monotono. Sono i gesti dove alla fine cala l’attenzione, la concentrazione, con la testa affollata da altri problemi magari impellenti o gravi, oppure conflitti per i quali non si hanno soluzioni. E nel frattempo il telefono che squilla e a cui si risponde comunque. E dietro la creatura si è appisolata col rollio dell’auto e sta diventando trasparente.

La percezione in questi casi diventa selettiva, non nelle priorità assolute. Perché tra queste per un padre vero c’è sempre un figlio. Ma contestualmente essa si specializza in un’altra sintonia, con una processazione cognitiva attenta a registrare particolari o tracce mnestiche immagazzinate che danno vita ad una immagine mentale in quel momento al centro del nostro interesse. E’ come se uno stato ipnoide mandasse il cervello a riposo con una zoomata su ciò su cui ci si è concentrati. E tutto il resto passa in secondo piano. E può succedere che il percorso superi l’asilo e arrivi sino al luogo di lavoro, tappa finale. E così si scende dall’auto sopra pensiero, si chiude la portiera e si va in ufficio. L’idea del bambino non c’è più, perché il quel tragitto il figlio non c’era, non era mai salito in auto. Un’amnesia temporanea e fatale.

Danni cerebrali provocano amnesie anterogade, tipici deficit mnemonici in grado di provocare compromissione della memoria a breve termine. Anche stati tossici o alterazioni croniche da alcol o stupefacenti possono compromettere l’attenzione e la memoria. Ma tutte queste condizioni sono visibili oltre un episodio e chi ne è vittima è per lo più abitualmente adulterato. Per episodi come questo è nella capacità di reggere lo stress un elemento utile di lettura e il far ricorso a procedure mentali nello svolgere dei compiti, di scandire il percorso evitando il risucchio nel pensiero contemplativo o analitico, restando aderente a quello concreto, del qui ed ora (portare un bimbo all’asilo e poi andare al lavoro). Ma è facile a dirsi, poi invece capita l’incidente. Molti scordano i figli in auto ma hanno il tempo per un caso fortuito di rammentarsene e corrono a liberarli. Alcuni, che non ci sentiamo affatto di additare come cattivi genitori, saranno costretti ad un lutto disperato per tanti, tanti anni.

* Direttore DSM ASP di Siracusa

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Redazione
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