I Forconi: «La Sicilia è in ginocchio a gennaio incontro coi Gilet gialli»

Di Mario Barresi / 18 Dicembre 2018

Mariano Ferro, e allora i Gilet gialli?
«Certo, ma non per telefono. Parliamone di presenza. Finisco di mangiare un piatto di pasta e la raggiungo».

Poco meno di un paio d’ore, giusto il tempo della strada da Avola a Catania, e lo storico leader dei Forconi, il movimento che con la sua protesta arrivò a “chiudere” lo Stretto nel 2012, arriva col suo sempiterno cappellino.

Ci aspettavamo che venisse indossando un gilet catarifrangente…
«No, quello lo tengo in macchina. Ma anche noi, quando facevamo i blocchi stradali di notte, li indossavamo, i gilet gialli. Non erano un simbolo, ma una protezione per evitare che qualche pazzo ci investisse…».

Non ha avuto un senso di déjà vu, guardando le immagini della protesta sulle strade della Francia?
«La Francia ha una storia politico-economica diversa dalla nostra, ma le richieste sono praticamente le stesse delle nostre. Macron ha già dato segnali, forse qualcosa gliela darà…».

Per voi, invece, fu sconfitta totale.
«Alla fine sì, ma non per colpa nostra. Quando arrivammo a Roma per una trattativa concreta, con i sindaci al tavolo, l’Italia fu commissariata dall’Ue. Arrivò il governo Monti. Eravamo contromano rispetto alla storia. Era l’epoca del “ce lo chiede l’Europa”, dell’austerità e dei grandi potentati economici. Noi, ancora, ci credevamo. Ma capimmo presto che era una guerra contro i mulini a vento…».

Bloccaste pure lo Stretto, ci fu l’assalto dei siciliani alle pompe di benzina e ai supermercati…
«Eravamo i padroni della Sicilia. Ma c’è un momento in cui devi essere coscienzioso e sederti a trattare. Se blocchi i tir dai un segnale, ma se continui spaccando le vetrine danneggi solo il negoziante».

Ora, invece, il vento è cambiato. E il populismo s’avanza ovunque. È per questo che i Gilet gialli hanno più chance di successo?
«Il quadro politico è cambiato. E sono convinto che a maggio i Makron e le Merkel saranno annientati. Ma non è detto che gli amici francesi riusciranno a vincere la loro battaglia. Dopo la piazza, ci vuole la politica se no è tutto inutile. Glielo stiamo spiegando…».

Perché, avete avuto contatti?
«Ci hanno cercati. Noi Forconi incontreremo, con un altro gruppo italiano, i Gilet giall a Roma, il 12 gennaio».

Scenderete di nuovo in piazza?
«Non lo so. La situazione della Sicilia, in questi sei anni, non è cambiata. Anzi, è peggiorata. Questa terra è ancor di più in ginocchio».

E allora cos’è che vi frena?
«Al governo, in Italia, ci sono i populisti. Che, anche per il semplice nome, ci ispirano fiducia. Fare proteste contro di loro, in questo momento, sarebbe fare un favore agli altri, del centrodestra e del centrosinistra, che sono i responsabili dello sfascio. Ma attenzione: non siamo schiacciati sulle posizioni del governo Conte. Diciamo che c’è un’aspettativa alta. Il che, però, può diventare un boomerang per chi è al potere: più forte è la speranza tradita, più forte sarà la delusione…».

Insomma, dopo aver fatto i Forconi di lotta siete diventati Forconi di governo. Ma non vi siete già scottati? Con Lombardo non finì bene…
«Noi ci fidammo di lui, ma lui non ci tradì. Mi disse: “Potete mettermi a testa sotto, io non posso fare di più”. Non mentiva».

Poi lei in persona si candidò a governatore e fu un flop clamoroso.
«Sì, presi l’1,6% nel 2012. Avevamo fatto esplodere la rabbia dei siciliani, poi arrivò Beppe Grillo, si fece la nuotata sullo Stretto e si prese anche i nostri voti. Involontariamente, avevamo lavorato per lui…».

Grillo dice che il programma dei Gilet gialli è quello del M5S. Ma all’epoca non ci fu saldatura con i Forconi.
«Noi chiedemmo un appuntamento con lui. I deputati grillini ne erano entusiasti. Poi non se ne fece nulla, forse per snobismo… Vinse Crocetta, fu il periodo più sciagurato per la Sicilia. Poi, nel 2017, una nuova speranza».

Avete votato per Musumeci?
«Con convinzione. Ma, ora che il suo governo ha spento la prima candelina, le nostre speranze sono sempre più affievolite».

Quali sono i problemi irrisolti della Sicilia?
«Oltre al deserto, restano solo due cose: agricoltura e turismo. Serve una terapia d’urto per questi due settori. Musumeci, a febbraio davanti agli agricoltori di Vittoria, ci disse: “La vostra battaglia è la mia battaglia. La perdiamo o la vinciamo assieme”. Aspettiamo i fatti. E poi la nostra guerra più dura contro il malaffare delle aste giudiziarie. Quello che succede nei tribunali, con la complicità di faccendieri e di insospettabili, è l’anello finale di una crisi di sistema, di un’economia al collasso, di cui spesso il beneficiario finale è la mafia. L’onorevole Assenza ci ha fornito i dati di Ragusa: 2.632 esecuzioni, 308 solo a dicembre».

I grillini vi seguirono, nel caso Guarascio a Vittoria. Rubandovi la scena.
«Vennero anche Di Maio e Di Battista a fare la consegna della casa ricomprata. Ma serve una legge, che ancora non c’è. Anche se abbiamo avuto contatti importanti. Abbiamo incontrato due sottosegretari: a Roma Ferraresi dei cinquestelle, grazie a Cancelleri, a Caltanissetta l’altro giorno ci ha ascoltati Candiani, della Lega, che ha già scritto ai ministri Salvini e Bonafede».

Sembra molto in sintonia con i gialloverdi…
«Dai grillini ci dividono alcune cose. Noi, ad esempio, siamo contro il reddito di cittadinanza: la Sicilia vive da mezzo secolo di assistenzialismo, non serve. E non ci piacciono i No Tav, No Ponte, no a tutto. Le infrastrutture, già nel 2012, erano una nostra priorità».

Il vostro cuore batte per Salvini?
«Diciamo per ora sospendiamo il giudizio politico, ma è chiaro che ci piace il linguaggio chiaro e l’atteggiamento forte contro l’Europa».

Un movimento siciliano come il vostro l’ha già perdonato per il “terronismo” del Carroccio…
«Diciamo che facciamo finta di non aver sentito cosa, tempo fa, dicevano di noi. E dentro quel “prima gli italiani” ci stanno pure i siciliani. Ma, attenzione, non ci innamoriamo di nessuno».

Però magari un pensierino per le Europee lo state facendo.
«Salvini ci convince più degli altri. Lo incontrai una volta, nella segreteria di Attaguile, e gli consigliai di mettere da parte il sospetto sui siciliani. In anni di lotta ho imparato che alla fine devi far decidere alla politica, se non vuoi inseguire per sempre chi c’è il rischio che non ti capisca».

E a voi Forconi piace la politica di Salvini, con tutti gli annessi e connessi?
«Diciamo che vogliamo fidarci di lui. La ruspa è al governo, ma il forcone ti guarda…».

Twitter: @MarioBarresi

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Pubblicato da:
Redazione
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