Il fatto che l’Italia abbia deciso di fare shopping di carri armati non è più solo un’indiscrezione giornalistica.
È stata infatti la sottosegretaria Isabella Rauti, rispondendo a un’interrogazione del M5S in commissione Difesa a Montecitorio, a confermare che il governo ha deciso di comprare i tank tedeschi “Leopard 2”, lanciando di fatto il primo programma di riarmo scaturito dal conflitto in Ucraina. Si ipotizza un quantitativo di mezzi che potrebbe oscillare tra i 150 e 200, secondo quanto riportato da Rivista Italiana Difesa.
Dovrebbe trattarsi di una commessa del valore complessivo compreso fra i 4 e i 6 miliardi di euro (il termine di paragone: la Norvegia per 54 “Leopard 2 A8”, la stessa probabile configurazione che andrebbe all’Italia, come ricorda Rid, ha pagato poco meno di due miliardi), con firma del contratto in arrivo il prossimo anno. La sottosegretaria alla Difesa ha precisato che il programma di acquisizione dei “Leopard 2” «verrà ricompreso tra quelli di previsto avvio nel Dpp 2023-2025 di prossima emanazione», ovvero Documento programmatico pluriennale in cui sono indicati i piani di spesa del ministero.
L’acquisto dei nuovi mezzi, secondo la linea del governo Meloni, risponde all’esigenza di potenziamento delle forze corazzate su esplicita richiesta della Nato. Tanto più che l’Italia dispone oggi di un arsenale di circa 200 carri “Ariete 2”, prodotti negli Anni 80, dei quali appena una cinquantina operativi, al netto del contratto firmato dal governo Draghi per modernizzarne 150. Quest’ultima commessa è stata affidata al Cio, il Consorzio fra Iveco Defence Vehicles (controllato da Exor, la holding della famiglia Agnelli) e Oto Melara (controllata da Leonardo del gruppo Finmeccanica).
«L’acquisto dei Leopard e l’ammodernamento dell’Ariete assicureranno un numero di unità sufficiente a soddisfare i requisiti Nato», ha assicurato Rauti in commissione Difesa. Inoltre, secondo la proiezione anticipata dalla sottosegretaria saranno stanziati 4 miliardi nel 2024 su una spesa totale stimata di 8 miliardi. Ma la sottosegretaria ha precisato che «non è stato avviato alcun processo di appalto specifico per i serbatoi» e che «il governo cercherà l’approvazione parlamentare prima di attuare il piano».
Le trattative però sono già in corso. Il “Leopard 2” è prodotto dalle società Krauss-Maffei Wegmann e Rheinmetall. Una strada quasi obbligata, quella tedesca, visto che in Europa i costruttori di carri armati si sono sempre più assottigliati; resta solo in parte Nexter Group in Francia nell’ambito della joint venture Knds con la tedesca Kmw. Tutti gli altri Paesi hanno dovuto rinunciare alla grandeur di costruire in casa propria i carri armati e si affidano ai ai colossi tedeschi, statunitensi e sudcoreani, al massimo chiedendo (e spesso ottenendo) la licenza di produzione. E questo è un tema di politica industriale che riguarderà anche la nuova commessa italiana. I mezzi saranno prodotti dalla Oto Melara, come i loro predecessori “Leopard 1” negli Anni 60 o il governo tedesco compenserà il contratto con un ordine di prodotti made in Italy?
Ed a questo punto che entra in ballo la Sicilia. Perché fra le due ipotesi ce n’è una – la più gradita al ministro Guido Crosetto – di compromesso: far produrre i “Leopard 2” direttamente al gruppo tedesco, ma in nuovi stabilimenti in Italia. Su questo scenario diventerebbe di peso l’ipotesi lanciata dal presidente della commissione Difesa della Camera, il leghista siciliano Nino Minardo, di candidare l’Isola a sede di uno di questi siti industriali. Molto più di una boutade estiva, visto che – secondo fonti romane – alcuni manager del gruppo tedesco (la Rheinmetall ha già una divisione in Italia con una Spa operativa) starebbero sondando già alcune soluzioni concrete. A partire dall’area dell’ex Fiat di Termini Imerese, per la quale però non c’è molto tempo: il 15 settembre scade il termine del bando della Regione per rilevare il complesso della Blutec. Ma il sito del Palermitano non sarebbe l’unica ipotesi al vaglio dei tedeschi, allettati dalla “Zes unica” del Sud che assicurerà sgravi fiscali e incentivi per i nuovi insediamenti.
Un affare, quello dei panzer, che s’incrocia con la ripresa delle attività di Fincantieri a Palermo: in corso la manutenzione della portaerei Cavour della Marina militare, sul tavolo un nuovo investimento del gruppo – ma stavolta in Sicilia orientale – con «un progetto altamente innovativo e nel segno della transizione energetica».
Adesso per la Sicilia si apre la “guerra” con altre regioni disponibili ad accogliere gli stabilimenti tedeschi per produrre carri armati. Senza dimenticare la controffensiva pacifista di chi non vedrebbe di buon occhio che l’Isola, già piattaforma militare colonizzata da Usa e Nato, possa diventare anche sede di una fabbrica di guerra. Chissà come andrà a finire.