I beni confiscati e il trolley pieno di soldi, al via il processo d’appello al “cerchio magico” di Silvana Saguto

Di Redazione / 17 Novembre 2021

Il "cerchio magico" di Silvana Saguto, da domani, sarà ancora una volta sul banco degli imputati. Inizierà, davanti alla Corte d’Appello di Caltanissetta, il processo di secondo grado all’ormai ex giudice ed ex potente Presidente della sezione Misure di prevenzione di Palermo, al marito, all’ex amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara e agli altri imputati, condannati in primo grado.

Silvana Saguto che non sarà in aula è stata condannata nell’ottobre del 2020 a otto anni e mezzo di reclusione, dimezzando quasi la pena chiesta dalla Procura nissena al termine della requisitoria. I pm Claudia Pasciuti e Maurizio Bonaccorso avevano chiesto la condanna a 15 anni e 4 mesi di carcere. E’ caduto il reato di associazione per delinquere per Saguto. Restano, invece, la corruzione, anche se non per tutti i capi di imputazione, e l’abuso d’ufficio. Dunque, anche per i giudici, Silvana Saguto, avrebbe gestito i beni sequestrati e confiscati alla mafia «con interessi familistici» per «favorire amici e parenti», come dice la Procura. 

L’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo è stata condannata anche a risarcire 500mila euro alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, costituitasi parte civile nel processo. Un risarcimento compreso tra 50mila e 400mila euro in favore della Presidenza del Consiglio dovrà essere versato anche da altri 6 imputati: tra questi il marito della Saguto, Lorenzo Caramma, e l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara.

Saguto dovrà anche risarcire con 50mila euro la Regione Siciliana, con 30mila il Comune di Palermo, con 30mila l’università Kore di Enna, tutti parti civili.

A sette anni e 6 mesi è stato condannato l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il "re" degli amministratori giudiziari per il quale la Procura aveva chiesto la condanna a 12 anni e tre mesi.  Sei anni e 10 mesi per l’ex professore della Kore Carmelo Provenzano. Tre anni per l'ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo.

«Un sistema perverso e tentacolare», lo avevano definito i pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti nel corso della requisitoria. Assolti invece Vittorio Saguto, padre dell’ex magistrato, Aulo Gigante e Lorenzo Chiaramonte, ex giudice della sezione Misure di prevenzione. 
Questi gli altri condannati dal Tribunale di Caltanissetta: all’ingegner Lorenzo Caramma, marito di Silvana Saguto sei anni e due mesi di carcere; a Roberto Nicola Santangelo, amministratore giudiziario, sei anni e due mesi; all’avvocato ed ex amministratore giudiziario Walter Virga, un anno e 10 mesi; Emanuele Caramma, figlio di Saguto, che era presente in aula, sei mesi; Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna, due anni e otto mesi; Maria Ingrao, moglie di Provenzano, quattro anni e due mesi; Calogera Manta, cognata di Provenzano, quattro anni e due mesi; il colonnello della Dia Rosolino Nasca, quattro anni. Per l’ufficiale della Dia la Procura aveva chiesto la condanna a 8 anni e mezzo. Assolto il giudice Lorenzo Chiaramonte, per il quale la Procura aveva chiesto 2 anni e 6 mesi di reclusione.

«Un patto corruttivo permanente» tra giudici, avvocati, funzionari, ufficiali che ha creato «danni patrimoniali ingentissimi all’erario e alle amministrazioni giudiziarie» ma anche un «discredito gravissimo all’amministrazione della giustizia», hanno scritto i giudici nelle motivazioni. L’ex giudice, che nel frattempo è stata radiata dalla magistratura, secondo i magistrati avrebbe messo in atto una «gestione privatistica». I hanno parlato di «un quadro di desolante strumentalizzazione della funzione giurisdizionale a favore di una gestione privatistica» e di un «sistema clientelare di assegnazione degli incarichi di amministratore giudiziario». «Un patto corruttivo di scambio di reciproche utilità tra i concorrenti, senza che mai si possa individuare l’appartenenza ad un gruppo stabile e strutturato», ha scritto il Presidente Andrea Catalano. Un continuo scambio di favori e soldi tra Silvana Saguto e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, condannato a 7 anni e sei mesi. Saguto, nella qualità di giudice delegato, «ne avallava le scelte gestorie, autorizzandone comunque le istanze, spesso sotto la sua dettatura, e depositava decreti con i quali liquidava» decine di migliaia di euro. 

I giudici hanno parlato anche della vicenda del trolley contenente una somma ingente e che è stata uno dei perni del processo all’ex Presidente della Sezione misure di prevenzione Silvana Saguto. Una consegna di denaro, circa 20 mila euro, nascosti in un trolley, che sarebbe avvenuta in una calda serata di inizio estate, nell’abitazione della ex giudice, nel frattempo radiata dall’ordine giudiziario. «La dazione di denaro è stata pienamente dimostrata», hanno detto i giudici. «La cronologia dei contatti che si sono susseguiti tra Cappellano e Saguto dall’8 al 30 giugno 2015 dimostra che la visita effettuata da Cappellano Seminara presso l’abitazione di Saguto la sera del 30 giugno 2015 alle 22,35 aveva come precipuo scopo la consegna del denaro ripetutamente richiestogli dalla Saguto nel corso delle conversazioni intercettate». «I dialoghi captati – hanno spiegato i giudici – in quel periodo, danno prova della situazione di profonda crisi economica, caratterizzata da un elevato indebitamento bancario e da una carenza di liquidità, in cui versava il nucleo familiare Saguto-Caramma nei mesi da maggio a luglio 2015 e delle pressanti richieste della Saguto, ripetutamente formulate a Cappellano, di fornirle i documenti, non meglio identificati. Nelle motivazioni della sentenza i giudici di Caltanissetta elencano anche le conversazioni telefoniche ed ambientali dalle quali emergono le «difficoltà economiche vissute dalla famiglia Saguto-Caramma».

Lei, Silvana Saguto, dopo la sentenza di condanna, in una intervista all’Adnkronos, si disse «molto amareggiata» per un «processo mediatico» che, a suo dire, «è stato fomentato dalla Procura di Caltanissetta» e si è detta pronta «ad andare avanti fino alla fine, anche in Europa, se dovesse servire» perché «io non mi fermo» davanti alla condanna a otto anni e mezzo di carcere per abuso d’ufficio e corruzione. Saguto ha ribadito anche che «su 74 capi di imputazione» a suo carico «ne sono rimasti appena 16». Caduta, ad esempio, l’accusa di associazione per delinquere «e questo prova che non c'era nessun cerchio magico».

Definisce sardonicamente «granito di scarsissima qualità» le prove definite, appunto, «granitiche», dal Procuratore aggiunto Gabriele Paci. E pensa di essere stata «fermata» perché «davo fastidio». 

Secondo la Procura di Caltanissetta, Silvana Saguto, sarebbe stata a capo di un "cerchio magico" nella gestione dei beni sequestrati e confiscati a Cosa nostra, formato da parenti, magistrati, avvocati, persino un ex prefetto, tutti condannati. Ma lei ha sempre respinto con forza tutte le accuse: «Io non ho avuto nessun vantaggio – spiega – le persone che ho "sistemato", se così si può dire, erano dei poveracci, di cui mi potevo fidare per la bravura, per l’idonietà e per la lontananza dalla mafia».

 

 

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Pubblicato da:
Fabio Russello
Tag: beni confiscati silvana saguto