Catania. La cassaforte sta, ben protetta, sotto una montagna di rifiuti. Il cuore degli affari del gruppo Leonardi. E in effetti, a guardare i numeri di Sicula Trasporti, sottoposta ai controlli antimafia, è davvero così. La società (detenuta in parti uguali, 33,33%, da Antonino, Salvatore Davide e Agata Leonardi), registra nel 2018 entrate per 99 milioni, un totale attività di 264,6 milioni e un utile netto di 9,7 milioni, e in tutto 77 dipendenti a carico. Un business ancor più redditizio, se si sommano – restando soltanto nel comparto ambientale – anche i numeri delle due partecipate di Sicula Trasporti: Sicula Compost (35 milioni) e Medea Ambiente (2 milioni).
Ma partendo dai rifiuti, settore su cui investì con lungimiranza diversi decenni fa il patriarca Giuseppe Leonardi (classe 1931, deceduto di recente, facendo così estinguere un processo a suo carico su una presunta maxi-evasione, con relativo sequestro di beni per 730mila euro), il gruppo imprenditoriale ha saputo poi diversificare gli affari. Soltanto la Sicula Trasporti – e questo va precisato – è oggetto dell’accesso ispettivo antimafia disposto dalla Prefettura di Catania.
Dell’incredibile ascesa del gruppo Leonardi, incidentalmente, La Sicilia s’era occupata a luglio scorso. Quando ad Aci Castello s’era registrata la protesta dell’ex sindaco Filippo Drago contro il via libera concesso dal nuovo consiglio comunale a un albergo di Aci Trezza autorizzato ad aumentare la cubatura con «variante accelerata» al Prg. Un hotel di proprietà di una delle società che fanno capo agli “imperatori dell’immondizia”. che – grazie all’enorme liquidità dovuta alle dinamiche del settore – hanno investito molto sul mattone. Soprattutto in beni immobili, con la Leocam Società Immobiliare Srl. Ultimo fatturato di 4.317.877 euro al 31 dicembre 2018 (nel 2014 era di 185.697 euro), capitale sociale di mezzo milione, l’azienda è suddivisa al 50% fra Antonino Leonardi e Carmelina Camerino, che detengono anche la partecipata L. r. Costruzioni, che, fra l’altro, gestisce l’hotel Malavoglia Inn. Ma è la Leocam la vera cassaforte del mattone: secondo le visure catastali, possiede 81 fabbricati a Catania, 22 a Mascalucia, 21 ad Aci Castello, 8 a Sant’Agata li Battiati, 7 a Giardini Naxos, uno sia a Misterbianco sia ad Acicatena. Fra i gioielli di famiglia con vista sui Malavoglia, oltre al Ciclope di Aci Trezza (valore catastale 1,4 milioni; valore di mercato 4,5 milioni secondo il report Cribis D&B), c’è anche il mitico bar Viscuso, gli spazi commerciali dello Sheraton, più una struttura ricettiva in via Livorno (3,6 milioni). Ma è a Catania che si concentrano i maggiori interessi: il complesso alberghiero del Plaza (due unità per oltre un milione di valore di mercato). E decine di immobili, a uso abitativo, commerciale o ricettivo: 20 unità in via Guardia della Carvana, altre in via Caronda, via Ciccaglione, via Ofelia, viale Alcide de Gasperi. Ma il fabbricato più grande è alla zona industriale, in via Cosmo Mollica Alagona: valore di mercato 6,7 milioni, proprietà suddivisa in parti uguali fra Leocam e altre due immobiliari, la Femacar di Belpasso e la Leomar di Catania, socie anche, in parti diverse, anche nella proprietà di altri 35 immobili in via Guardia della Carvana. E se negli altri comuni dell’hinterland etneo i tanti beni sono di valore minimo, a Giardini Naxos si torna nel settore ricettivo: due residence (in via Consolare Valeria e in via Napoli) per un valore Cribis D&B di oltre un milione.
Nel perimetro delle società del gruppo Leonardi altre tre, secondo i dati camerali, sono inserite nel settore edilizio: la Sicilprogett Immobiliare (costruzione di edifici residenziali e non; 3,4 milioni di attività totale nel 2018), la Orus Immobilare e la Leonhouse Immobiliare (entrambe in attività di «sviluppo di progetti senza costruzione», con rispettivamente 15 e 4,3 milioni di fatturato).
I Leonardi, in Sicilia, sono molto conosciuti nel mondo del calcio. Proprietari della Sicula Leonzio, il rampollo, Giuseppe, è il «più giovane presidente della serie C», con voci sulla tentazione di comprare il Catania Calcio da Nino Pulvirenti. Un altro fattore d’invidia, nei salotti cittadini. Dove i reduci di una vecchia aristocrazia imprenditoriale, ormai con le pezze al sedere, non hanno mai accettato nel club ristretto una famiglia che, sussurrano sospirando, «ormai è padrona di più di mezza Catania».
Twitter: @MarioBarresi