Gli affari sporchi, l’ombra della mafia: così gli imprenditori Siverino avevano accumulato una ricchezza (ora sequestrata) in tutta Italia

Di Francesca Aglieri Rinella / 06 Ottobre 2023
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Ci sono gli affari “sporchi” nel settore degli autotrasporti e anche quelli nella commercializzazione dei prodotti petroliferi dietro al sequestro di beni – del valore di 98 milioni di euro – eseguito dai finanzieri di Catania nei confronti di due imprenditori adraniti Antonio Siverino (Detto U miliardario) e il figlio Francesco. Per gli investigatori sono ritenuti “socialmente pericolosi” perchè contigui al clan Scalisi di Adrano, articolazione locale della famiglia mafiosa dei Laudani. La misura di prevenzione patrimoniale scaturisce dalle operazioni “Follow the money” e “Black band”, condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania.

I legami col clan Scalisi

In particolare, nell’ambito della prima indagine, gli imprenditori Antonio e Francesco già arrestati nel 2021 sono stati rinviati a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa poiché avrebbero sistematicamente favorito il clan Scalisi e il suo esponente di spicco Giuseppe Scarvaglieri fornendo mediante l’alimentazione della cassa e il mantenimento del gruppo e dei suoi sodali, un contributo, stabile e protratto nel tempo, alla realizzazione delle finalità dell’organizzazione mafiosa, al consolidamento del potere economico e all’occultamento e all’incremento del patrimonio del sodalizio, in cambio del quale avrebbero ricevuto protezione e agevolazione nell’espansione delle proprie attività
imprenditoriali.

La diversificazione

Grazie alla “mutua assistenza” i Siverino – imprenditori inizialmente operanti nel settore
della logistica e dei trasporti nella zona di Adrano – avrebbero progressivamente esteso le
loro illecite attività imprenditoriali in altre aree del territorio nazionale, diversificandole verso il
settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi. Diversificazione confermata dalla seconda indagini, “Black band”, con cui i finanzieri hanno disposto il sequestro preventivo delle
società e disponibilità a loro riconducibili, per omessa e infedele dichiarazione dei redditi e sottrazione all’accertamento e al pagamento delle accise su prodotti
energetici.

Il business

Per le fiamme gialle Antonio e Francesco Siverino sarebbero stati i promotori e organizzatori di un gruppo specializzato: nell’illecita introduzione in Italia di ingenti quantitativi di prodotti energetici
provenienti da Austria, Germania, Repubblica Ceca, Romania e Slovenia, formalmente
indirizzati a due depositi in provincia di Verona e Catania, ma di fatto destinati ad altri siti
etnei di stoccaggio gestiti dagli indagati; alla successiva cessione dei carburanti a favore di imprese di autotrasporto e distributori stradali in Sicilia. La competitività dei prezzi praticati
sarebbe stata assicurata grazie alla sistematica evasione, per decine di milioni di euro, delle
imposte dovute sui prodotti energetici, in particolare l’Iva, ricorrendo all’omissione ovvero
alla presentazione di dichiarazioni fiscali infedeli.

I beni sotto sequestro

Dalle indagini patrimoniali è emersa così un’evidente sproporzione tra le ricchezze accumulate e i redditi complessivamente prodotti, risultati talmente esigui da non poter assicurare nemmeno il sostentamento familiare. Il sequestro riguarda: quote sociali e relativi compendi aziendali di 28 attività commerciali (di cui 23 società con sede in Italia, 1 società di diritto estero e 4 ditte individuali), nelle province di Catania, Enna, Mantova, Milano, Roma, Verona e a Villach in Austria operanti nel settore della logistica e dei trasporti, della commercializzazione dei prodotti petroliferi e immobiliare; 70 beni immobili (di cui 36 fabbricati e 34 terreni), situati nelle province di Catania, Enna, Messina, Mantova, Modena e Verona; denaro contante per 1,7 mln di euro e gioielli e preziosi (nove rolex e 16 tra monili, anelli e bracciali) per un valore di oltre 250.000 euro; rapporti bancari e finanziari, personali e societari, pari a 16 milioni di euro.

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Pubblicato da:
Alfredo Zermo