Cronaca
Giornata contro la violenza sulle donne, parla Vera Squatrito, la mamma di Giordana: «Spostare l’attenzione sugli uomini violenti»
Catania. Vera Squatrito è una che ha trasformato il suo inferno personale in impegno. Una che ha attraversato il dolore dell’omicidio della figlia da parte dell’uomo che le aveva dato una bambina, quella bambina che oggi cresce con lei. Quattro giorni fa la Cassazione ha confermato i 30 anni per Luca Priolo, l’uomo che ha cancellato i 20 anni di Giordana con 48 coltellate.
Che giornata è per lei oggi?
«Una come tutte le altre. Per me è 25 novembre tutti i giorni. Vado a parlare nelle scuole tutti i giorni, partecipo a conferenze tutti i giorni. Mi dà un po’ fastidio che questa giornata venga strumentalizzata dalla politica, come se oggi si dovessero risolvere i problemi delle donne che subiscono violenza, di chi resta e degli orfani, i quali subiscono anche la violenza di un sistema che funziona poco».
Quali sono i punti più deboli di questo sistema secondo lei?
«Le istituzioni devono ascoltare le vittime. Secondo me, la competenza del vissuto quotidiano di chi sta in mezzo a questi drammi dev’essere ascoltata. Solo il racconto reale può far cambiare le leggi. Bisogna “rieducare” le Istituzioni a riconoscere la violenza e il pericolo che una donna corre nell’atto in cui denuncia. Qui non si tratta di essere sentite dal pm entro le 72 ore, il problema è il ”maltrattante”. Ci si concentra solamente sulle donne, ma nessuno si concentra su quello che è il problema reale, cioè l’uomo violento. Sono loro – gli uomini – che hanno il problema. Loro ammazzano, loro ci picchiano, loro ci perseguitano. Io metterei nelle case-rifugio gli uomini e non le donne, con tutto il rispetto per queste strutture che, tra l’altro, come i centri antiviolenza sono abbandonate dallo Stato e rischiano di chiudere».
Il codice rosso?
«Ha lati positivi e negativi. Hanno aumentato le pene, ma è una presa in giro, devono aumentarle nel minimo, no nel massimo, perché in Italia la funzione del carcere è rieducativa e non ci sarà mai un giudice che darà il massimo della pena, si tende sempre a dare la possibilità, a chi fa del male, di essere “recuperato”. Per carità, va bene, ma una pena gliela vogliamo dare a questa persona? Si arriva al paradosso che il carnefice è tutelato a 360°, e mia figlia, morta, che aveva denunciato, non lo è stata».
Quando incontra nelle scuole i ragazzi, i maschi, che tipo di atteggiamento hanno rispetto a questi argomenti?
«Sono molto sensibili, mi ringraziano, mi chiedono come poter contribuire all’associazione (“Io sono Giordana” ndr) e, il più delle volte, si tratta di ragazzi che, indirettamente, hanno vissuto una violenza. Ho trovato molta collaborazione in loro, a volte più delle ragazze. Mi è capitato il caso di un ragazzo che ha convinto una sua compagna di scuola a confidarsi con me sui problemi che lei aveva con il suo fidanzato. Ma è questa l’unica prevenzione, parlare con i giovani, andare nelle scuole, coinvolgerli».
Tre giorni fa a Partinico è stata ammazzata Ana Maria, finirà mai questa strage?
«Infatti. Ho passato una giornata a pensare che forse tutto quello che si fa è perduto. Il senso di fallimento è dietro l’angolo, però penso che se ci stiamo zitte, se noi che siamo vittime ce ne stiamo in casa a ripeterci che non cambierà mai niente, finirà così. Se, invece, ognuno di noi su questi temi dice la sua, anche se non si è coinvolti direttamente, io penso che – nel tempo – qualcosa cambierà concretamente, ma ci vuole sempre costanza nel non abbattersi. Se guardiamo in prospettiva, qualche cambiamento l’abbiamo ottenuto. Oggi, per esempio, il rito abbreviato per gli omicidi efferati non è più applicabile e questo è per me – che su questo punto ho combattuto tantissimo – un grande risultato».