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Giarre, il caso dell’anziana morta

Giarre, il caso dell’anziana morta Tutte le ombre dell’ospedale «fantasma»

Il reportage di Mario Barresi /  MEDICO INDAGATO

Di Mario Barresi |

Giarre. Dal terzo piano, nel reparto di Geriatria, si vede il mare. Un colpo d’occhio impareggiabile, sembra quasi che Jonio lo puoi abbracciare dal balcone. Se non fosse un ospedale – e se magari non ci morissero dentro le vecchiette – un giorno qui dentro potrebbero farci la casa di riposo più grande del mondo. Tanto di spazio, al “Sant’Isidoro” di Giarre, ce n’è in quantità impressionante. Come architettura ricorda un motel di periferia, di quelli che si vedono nei telefilm americani; dentro, però, il senso dello spazio è talmente dilatato da sembrare il camminatoio di un aeroporto internazionale, dove per spostarci ci vogliono le navette. Entriamo nel “luogo del delitto” nel primo pomeriggio. I muri pastello, gli infissi azzurri, le sedie blu elettrico.

UN MEDICO INDAGATO

Tutto ancora nuovo, pulito, tutto sommato ben tenuto. Eppure a Giarre – la città record per le incompiute – l’ospedale è già un gigantesco monumento ai (sogni) caduti. E tutto ciò sarebbe così anche se non ci fosse scappata la morta. Benvenuti nel deserto della sanità, una sensazione resa ancor più appiccicosa dai 28 gradi del pomeriggio. I cartelli all’ingresso – la grandeur di ex reparti e di ex servizi – sembrano prendersi beffa del cittadino che entra. «Ma ancora molti non lo sanno che il pronto soccorso non c’è più», ci dice un’ausiliaria, fra le pochissime figure umane che s’incontrano nella corsia-prateria. Tant’è che hanno dovuto pure coprirla, la croce simbolo di un servizio che non c’è più. Incapucciato con un sacchetto di plastica il cartello, imbiancata la scritta. All’ingresso l’avviso a caratteri cubitali, in tre fogli A4 spiaccicati sulle vetrate: “In questa sede sanitaria il pronto soccorso è chiuso”. Come dire: lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate.

«Eppure molti non lo sanno e bussano alla porta fino quasi a spaccare i vetri – racconta un operatore del 118 – perché se hai un bambino o un anziano che rischia di morirti in macchina, non vai certo per il sottile». Davanti al pronto soccorso fantasma un’ambulanza medicalizzata, la stessa che la notte del decesso della 68enne era fuori per servizio. Basta girare la curva e ne trovi altre due, di ambulanze. “Griffate” Asp. Inutilizzate. Altri due elefanti con la sirena, nel cimitero della sanità. Un ospedale chiuso per quasi il 50% della superficie, nella parte centrale, dopo una relazione dell’Asp in cui si certifica l’uso di cemento depotenziato nella struttura. Ma qui tutti si fanno almeno due domande. Quando sono stati effettuati i rilievi, visto che i reparti non sono mai stati evacuati? E se Otorinolarigoiatria e Ortopedia (chiuse) sorgono su un’ala a rischio crollo, perché al piano di sopra hanno messo il Pta? «È un caso di ordinaria precarietà», sbotta il sindaco Roberto Bonaccorsi.

Che però, in tutta onestà, ritiene che «il decesso della signora non sia legato alla trasformazione del pronto soccorso in punto di primo intervento». Ma in città c’è senso di smarrimento. E la coincidenza – il 27 aprile è partita la rifunzionalizzazione del “Sant’Isidoro” – alimenta la rabbia. «Fra un ospedale finto e un ospedale chiuso, forse è meglio il secondo», sentenzia Angelo Trovato, pensionato, al bancone del bar davanti al municipio. Ma il sindaco rivendica di aver «comunque scongiurato la chiusura», trovando con Regione e Asp «un accordo che ha recuperato 57 posti già di fatto cancellati», aggiuntivi ai 16 di lungodegenza. Poca roba, rispetto agli anni d’oro: 200 posti, 4mila interventi l’anno, 25mila accessi in pronto soccorso.

Dal 2009 in poi il cupio dissolvi, cominciato con la chiusura dell’area chirurgica. Bonaccorsi, sulle responsabilità, è durissimo: «Nell’ultimo decennio la totale mancanza di rappresentanza politica della nostra città, all’Ars soprattutto, ha determinato il depauperamento del diritto dei cittadini alla salute, prima ancora che delle infrastrutture». Il direttore sanitario dell’Asp, Franco Luca, ha però le idee chiare sul futuro. Che significa da domani al 2016, quando «Giarre sarà un presidio innovativo territoriale». Con «forte attività diagnostica» (Tac, radiologia ed ecografia) e il day service medico-chirurgico «anche per evitare intasamenti ad Acireale». Che già ci sono: lunedì scorso 27 pazienti “parcheggiati” in astanteria, con altrettanti pasti in più chiesti alla mensa. Ma soprattutto con due esperimenti «unici in Sicilia»: 20 posti di osservazione breve per riacutizzati («un sollievo per i familiari e un’alternativa fuori dalle statistiche dei ricoveri») e 12 posti specialistici in disturbi alimentari, fermi restando tutti i reparti mantenuti nel decreto di rifunzionalizzazione che si sta ancora limando.

Eppure c’è chi non si fa convincere «dall’ospedale sulla carta». Perché «di tutto quello che c’è nella delibera, in corsia non si vede nulla», con «medici che si rifiutano di dare due punti di sutura» e poi «ogni ferro che portano via, ogni medico che trasferiscono sono tutti pezzi che non torneranno più», sostiene Tania Spitaleri, battagliero consigliere comunale del Pd, presidente della commissione permanente d’indagine sull’ospedale di Giarre. Tanto “permanente” da essere in funzione da un decennio.

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