Gela, l’accusa del vescovo Gisana «Sugli operai si fa scaricabarile»

Di Redazione / 01 Febbraio 2016

“Ci si trova di fronte a una situazione davvero ingarbugliata. Il problema è legato a prospettive che non sembrano così auree. Credo che a Gela ci sia veramente una sorta di scaricabarile – senza voler dare nessun tipo di giudizio – perché, da una parte, avendo contattato i vari componenti di questa vicenda colgo in un certo senso un loro parziale interessamento, ma poi di fatto non si riesce a coagulare nulla”.

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È quanto dice alla Radio Vaticana il vescovo di Piazza Armerina, mons. Rosario Gisana, sulla protesta dei lavoratori della raffineria Eni di Gela, in Sicilia, contro il mancato rispetto del protocollo d’intesa che prevede l’avvio del processo di riconversione per la produzione di bio-carburanti, degli interventi di bonifica delle aree dismesse e la creazione di nuovi posti di lavoro per il personale dell’indotto. Ieri, il presule ha portato agli operai la solidarietà di Papa Francesco.

 

“Vengo a sapere che alla fine si sta soltanto puntando a un ripristino degli ammortizzatori sociali, che comunque non risolvono il problema – spiega mons. Gisana -. Parliamo, realmente, della sopravvivenza di queste famigliole che purtroppo si trovano ora in grave disagio perché hanno i mutui da pagare, le bollette, oltre che chiaramente gli alimenti”. “Allora, c’è davvero un gioco vizioso – mi permetto di usare questo termine – perché non si riesce a capire da dove bisogna partire per poter in qualche modo frenare, limitare, per lo meno sconvolgere questo circolo vizioso”, aggiunge. “Da una parte si aspettano autorizzazioni per lo stabilimento, dall’altra si sentono sotto accusa perché ovviamente ci sono, bisogna anche dirlo, delle situazioni che hanno compromesso l’ambiente, quindi ci si accusa a vicenda. Però, poi, ad andarci di mezzo sono i poveri”, sottolinea il presule. Rispetto al protocollo di intesa di una anno fa sulla riconversione della raffineria Eni per la produzione di energia pulita, “che potrebbe – se venisse attuato – avviare almeno per un ventennio un pò di lavoro, non solo a Gela, ma nel comprensorio”, il problema, secondo il vescovo, “purtroppo è che tutto è paralizzato. Non si può partire perché si aspettano le autorizzazioni, che però non arrivano perché ci sono delle accuse di fondo che ovviamente interessano il Ministero dell’ambiente – quindi a livello nazionale – e così di seguito a livelli più bassi”. “Poi, c’è il disinteressamento, dall’altra parte, bisogna anche dirlo, del governo regionale che ad un certo punto, stando a quello che ho sentito dai sindacati, ha anche alzato le mani”, prosegue. “Vorrei che si arrivasse a un punto, cioè che in questa occasione – non voglio fare il moralista – siamo un pò meno egoisti e pensare a queste cinquemila persone che nel giro di poco tempo possono veramente trovarsi in una situazione anomala. Le colpe non pendono solo da una parte. Bisogna considerare anche che c’è tutto un sistema mafioso, subdolo, che evidentemente alimenta questo disagio. La zona di Gela ha bisogno! Purtroppo, se non si riesce a intervenire in maniera seria, in prospettiva, credo che la delinquenza potrà ancora di più attecchire e continuare l’azione malavitosa”, conclude mons. Gisana. 

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