CATANIA – Uno che ruba i fiori appena depositati sulla tomba del defunto approfittando di un momento di distrazione dei parenti ancora in lacrime, un’altro che sottrae intere corone di fiori dall’obitorio del cimitero di Catania e li rimette in vendita nel suo negozio di fiori. Sono le due storie scoperte dalla polizia di Catania che prova a contrastare l’illegalità diffusa che regna imperante nel cimitero monumentale della città con blitz, appostamenti e controlli.
L’ultima attività è stata predisposta dal commissariato di Librino, diretto dal vicequestore Alessandro Berretta, proprio a seguito della segnalazione di numerosi furti di fiori e addobbi floreali donati alle salme.
Nel primo caso un uomo, pregiudicato, è stato notato durante un appostamento mentre, approfittando del momento di distrazione dei familiari dei defunti lì giacenti, si è impossessato di vari fiori, tra cui un cuscino floreale, che ha riposto all’interno della sua autovettura, per poi allontanarsi a bordo del mezzo e nascondere quanto rubato all’interno di un vicoletto cimiteriale, nei pressi di altre tombe. Il pregiudicato, denunciato per furto aggravato, ha riferito di esercitare in nero l’attività di fioraio davanti al cimitero e di percepire sussidi statali, avendo dichiarato all’Inps di essere disoccupato.
A seguire, è stato notato un altro pluripregiudicato, attualmente sottoposto alla misura dell’obbligo di soggiorno nel Comune di Catania, rubare dall’obitorio molteplici corone e addobbi floreali e, dopo averli riposti, a bordo della sua autovettura, trasportarli per rivenderli in un negozio di fiori in via della Concordia gestito da lui stesso e dal fratello anch’egli pregiudicato.
Il ladro, tra l’altro privo di patente di guida poiché sospesa, aveva utilizzato un mezzo di trasporto senza assicurazione e senza revisione; il negozio (circa 200 metri quadri con più affacci su strada e con centinaia di fiori dentro le celle frigo e oggetti vari per la realizzazione di corone) era invece totalmente abusivo, senza contratto di locazione e con un furto di energia elettrica in atto. Alcuni dipendenti, in nero, erano anche sfruttati, percependo la misera somma di 5/10 euro per 7 ore al giorno di lavoro (meno di 1 euro l’ora).
È stato anche accertato che i nuclei familiari dei due malfattori percepiscono il reddito di cittadinanza: per tale motivo, anche le mogli, che ne hanno fatto richiesta attestando falsamente di non avere reddito in famiglia, sono state indagate per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Il pregiudicato è stato denunciato insieme con il fratello, oltre che per truffa ai danni dello Stato, anche per furto aggravato di energia elettrica e addobbi floreali in luoghi sacri, sfruttamento dello stato di bisogno dei lavoratori, invasione di terreni pubblici e illeciti in materia di sicurezza e salubrità sui luoghi di lavoro.