Fari accesi sull’origine dei Bronzi di Riace. «Si valutano sviluppi investigativi»

Di Laura Distefano / 22 Settembre 2024

Non possiamo affermare che ci sia un’inchiesta aperta sul caso dei Bronzi di Riace-Brucoli. Ma sicuramente gli investigatori specializzati non stanno sottovalutando quello che dai giornali sta emergendo. Il comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei carabinieri della Sicilia, Gianluigi Marmora è molto cauto. La commistione tra criminalità, comune e organizzata, non è certo la prima volta che appare nelle indagini sul recupero dei tesori artistici e archeologici.
In questi giorni è esploso il caso dei Bronzi di Riace che sarebbero stati ritrovati nelle acque siracusane di Brucoli. Si ipotizza ci sia un patto tra mafie siciliane e calabresi.

Secondo lei ci può essere un fondamento di verità o è solo narrazione giornalistica?
«Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (Tpc) monitora attentamente, attraverso anche le sue articolazioni periferiche regionali, tutte le diverse vicende inerenti al settore dei beni culturali, in ragione della specifica attribuzione legislativa dei compiti preventivi e repressivi. Nello specifico caso, il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Palermo e la dipendente Sezione di Siracusa stanno vagliando le notizie – anche di carattere scientifico – pubblicate sugli organi di stampa, allo scopo di valutare lo sviluppo di mirati approfondimenti investigativi, evidentemente mediante il coordinamento della competente Autorità Giudiziaria qualora emergessero elementi di reità, e la costante e fondamentale collaborazione dei reparti dell’Arma territoriale».

Che tipo di attività il Nucleo fa per “proteggere” il patrimonio siciliano depredato?
«Il Nucleo ha una specifica competenza sull’intera regione siciliana, con rapporti professionali costanti con le Procure della Repubblica, le Soprintendenze provinciali dei Beni Culturali ed Ambientali, la Soprintendenza del Mare, la Soprintendenza Archivistica di Palermo e gli altri Enti presenti sul territorio, tra cui le associazioni di settore. Viene sviluppata quotidianamente un’attività preventiva (verifica della sicurezza dei musei, controlli delle aree archeologiche e paesaggistiche, controlli antiquari e mercatini antiquariali) e repressiva (furti di beni culturali, traffico di beni culturali, violazione dei vincoli paesaggisti, falsificazione delle opere d’arte, commercio illecito di beni librari e archivistici ed esportazione illecito di beni culturali), con una duplice finalità: il recupero di beni culturali oggetto di reati anche molto retrodatati, per i quali non è possibile perseguire penalmente gli autori, e la repressione del fenomeno criminale organizzato esistente nello specifico settore di competenza, spesso sottovalutato. In tale contesto, l’approvazione della recente Legge 22/2022 ha fornito ulteriori mezzi investigativi agli inquirenti e ha rappresentato una forma di deterrenza per i delinquenti, visto che ha introdotto rilevanti strumenti normativi ed operativi (nuove fattispecie di reato, il passaggio dei reati dal Codice dei Beni Culturali al Codice Penale, l’aumento delle pene dei reati, il riciclaggio e l’autoriciclaggio, la confisca penale obbligatoria anche per equivalente, l’affidamento alla polizia giudiziaria dei mezzi sequestrati ed altro)».
Dal Caravaggio al Satiro, nei grandi casi la mafia appare sempre.

Voi sperate sempre di poter ritrovare il capolavoro rubato a Palermo?
«Uno studio di esperti ha quantificato il giro di affari illeciti nel settore dei beni culturali in 8 miliardi di euro circa annui. È quindi evidentemente un settore molto remunerativo per coloro che sono coinvolti nella commissione di tale tipologia di reato e, di conseguenza, anche la criminalità organizzata mafiosa è interessata e presente nelle attività illegali. Vi sono diversi esempi conclamati in cui sono stati certificati interessi ed interventi di associazioni mafiose ovvero di loro esponenti apicali, ossia i componenti della famiglia Messina Denaro in Sicilia, Raffaele Imperiale in Campania, le risultanze di alcune operazioni antimafia condotte, negli anni, nei confronti di alcune ’ndrine calabresi dalle Procure di Milano e di Roma. In tale contesto, il ritrovamento del dipinto de “La Natività” del Caravaggio rappresenta sicuramente un obiettivo primario per il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, sotto il coordinamento della competente Autorità Giudiziaria, considerando le normali difficoltà scaturite dagli anni trascorsi dalla commissione del furto (1969), dagli scarsi loro elementi informativi acquisiti, anche mediante le dichiarazioni contrastanti rese da alcuni collaboratori di giustizia mafiosi. Ad ogni modo, le attività di ricerca sono comunque in corso e crediamo di ottenere esiti positivi nelle dinamiche investigative, seguendo anche le risultanze degli approfondimenti condotti dalla Commissione Parlamentare Antimafia del 2018».

I tombaroli sono un’altra piaga molto diffusa in Sicilia essendo una terra ricca di archeologia sotterranea.
«Oggi fortunatamente c’è molta più sensibilità nel settore, ma il fenomeno criminale non si è di certo estinto. In Sicilia, così come in tutte le regioni meridionali, i reati maggiormente riscontrati vengono commessi essenzialmente nel settore archeologico, una vera e propria piaga che ha raggiunto l’apice tra gli anni ’60 e ’80, periodo in cui è avvenuta una sistematica depredazione del sottosuolo siciliano. Nel settore operano organizzazioni criminali di elevato spessore delinquenziale, strutturate sulla falsariga delle associazioni mafiose, tutt’ora attive così come certificato – anche di recente – con l’operazione “Demetra”, in cui il Nucleo TPC di Palermo ha ricostruito un intero organigramma associativo, dalla base rappresentata dai tombaroli ai destinatari finali dei reperti archeologici (spesso professionisti del settore, quali collezionisti, studiosi, responsabili di case d’aste e di musei), conclusa con l’esecuzione di un provvedimento restrittivo nei confronti di 28 indagati ed il recupero di circa 20mila beni culturali, moltissimi sequestrati in Germania, Spagna, Belgio e Gran Bretagna. Una grande soddisfazione professionale e personale visto che ha permesso di riconsegnare al patrimonio culturale italiano e all’intera collettività reperti archeologici, oramai spariti».

Avete un settore che monitora il web: aste on line o siti di e-commerce di arte ?
«Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale è strutturato per monitorare, in modo completo, tutti gli aspetti negoziali dei beni culturali. A livello centrale è inquadrata la Sezione Elaborazione Dati (SED) che ha una duplice funzione fondamentale per le attività di polizia giudiziaria. Effettua, ogni giorno, sistematici controlli “a campione” sui diversi siti e-commerce e aste on line, segnalando poi i casi sospetti al Nucleo regionale competente per territorio, per gli approfondimenti investigativi; gestisce la “Banca Dati dei beni illecitamente sottratti”, un unicum mondiale, alimentata quotidianamente attraverso le denunce di furto e trafugamento di beni culturali presentate in qualsiasi reparto delle diverse forze di polizia. La sua importanza è dettata dall’essere un archivio informatico (fotografico e descrittivo) dei beni culturali da ricercare, consultabile ogniqualvolta gli inquirenti ipotizzano di essere, nel corso delle attività di polizia giudiziaria, dinanzi ad un possibile bene culturale oggetto di reato. A livello periferico, ogni Nucleo TPC regionale impiega un’aliquota dedicata proprio al monitoraggio delle compravendite avvenute sulle piattaforme digitali che, per diversi motivi, sono diventate ormai uno dei mezzi più frequentemente utilizzati per la negoziazione dei beni culturali. Di assoluto rilievo sono poi le innovazioni tecnologiche poste in essere dal Comando TPC in tema di ricerca e di individuazione dei beni culturali trafugati, in particolare la soluzione progettuale “Swoads.”, co-finanziato dall’Unione Europea, che, attraverso l’implementazione evolutiva delle principali componenti software, consente di ottimizzare l’attività di monitoraggio e di ispezione delle piattaforme digitali».

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Pubblicato da:
Leandro Perrotta