PALERMO – E’ Paolo Arata, docente universitario, ex deputato di Forza Italia e consulente della Lega nell’ambito delle Energie il personaggio principale dell’inchiesta della procura di Palermo che ha ricostruito un giro di tangenti alla Regione per favorire l’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri, oggi arrestato.
Per i pm Arata, indagato insieme al figlio, a Nicastri e ad altre 5 persone per corruzione e intestazione fittizia di beni, sarebbe un socio occulto dell’imprenditore.
I pm, che hanno disposto l’esecuzione di una serie di perquisizioni alla Regione, parlano di un gruppo imprenditoriale «Arata-Nicastri sviluppatosi in un a serie di operazioni finanziarie, sia ufficiali che non tracciabili» nel settore dell’eolico.
Arata ha una serie di relazioni con ambienti politici regionali e nazionali e – scrivono i pm «ha trovato interlocutori all’interno dell’assessorato all’energia, tra tutti l’assessore Pierobon, grazie all’intervento di Gianfranco Miccichè, a sua volta contattato da Alberto Dell’Utri, fratello di Marcello».
Secondo i magistrati Arata sarebbe riuscito «ad interloquire direttamente con l’assessore regionale al territorio Cordaro e tramite questi con gli uffici amministrativi dell’assessorato, dopo avere chiesto un’intercessione a Calogero Mannino».
L’assessore Pierobon, dal canto duop sice di non aver mai fatto o ricevuto favori da Arata e ha spiegato: «Per incontrarmi in assessorato bisogna prendere appuntamento e registrarsi. Non serve una raccomandazione, ci sono lavoratori che mi hanno incontrato dopo avermi contattato su Facebook. Ovviamente bisogna avere argomenti concreti su cui discutere. Il signor Arata, che si è presentato come responsabile nazionale dell’ambiente del centrodestra e come rappresentate di alcune aziende, è venuto a lamentare che una sua società aveva delle autorizzazioni bloccate da quasi due anni, dicendo che era vittima di un’ingiustizia e che era pronto a rinunciare a ingenti investimenti in Sicilia attaccando la Regione anche sulla stampa per la burocrazia lumaca».
«Ne aveva parlato anche coi suoi avvocati. Ho ascoltato le sue argomentazioni, ha continuato a contattarmi ma non ho fatto nulla di particolare se non garantire il buon andamento dell’amministrazione – ha detto Pierobon – ho chiamato l’assessore Cordaro per dirgli di verificare quanto mi era stato riferito, per capire se il problema era reale e se era tutto in regola. Non ho mai avuto alcun favore da questo signore, non ho mai garantito alcuna utilità, non sono mai stato a pranzo, mai frequentato, neanche per un caffè. Tra l’altro non avrei neanche il potere di farlo, le procedure sono in capo ad uffici di un altro assessorato».
«I settori dei rifiuti, dell’energia, depurazione, sono ad altissimo impatto economico e hanno un elevato rischio di attirare l’interesse della criminalità organizzata. Quindi bisogna alzare sempre di più le misure di trasparenza e di sicurezza per evitare infiltrazioni. Da quando mi sono insediato ho fatto davvero ogni sforzo per garantire tutto questo, lavorando 16 ore al giorno e confrontandomi con tutte le istituzioni. Quello che è accaduto è anche un campanello di allarme per i rischi che corrono questi settori. Io ho agito a un primo livello di verifica politica e amministrativa, chiedendo all’assessorato al Territorio di controllare. Poi oltre un certo livello ci deve pensare la magistratura che ha strumenti che noi non abbiamo e per fortuna lavora bene. Noi non possiamo che investire sulla trasparenza e sull’applicazione di procedure di legalità come abbiamo sempre fatto, nell’interesse di tutti», conclude.