ENNA – Sono almeno tre le presunte vittime, all’epoca dei fatti tutti minorenni, del sacerdote ennese della Diocesi di Piazza Armerina arrestato oggi dalla polizia a Ferrara (dove il prete si era trasferito) su disposizione del Gip di Enna che ha concesso i domiciliari. In manette è finito don Giuseppe Rugolo, parroco che ha gestito un’associazione con centinaia di giovani dai 12 ai 20 anni – Progetto 360 – e che ha sempre riscosso un particolare plauso per le attività svolte, dai 12 ai 20 anni.
Inizialmente il trasferimento da Enna del sacerdote, avvenuto nell’ottobre del 2019, si era detto collegato a problemi di salute. Poi negli ultimi mesi sono venuti fuori i reali motivi del suo spostamento in Emilia Romagna.
L’arcidiocesi di Ferrara Comacchio, che si è messa a disposizione della magistratura una volta appreso delle indagini a carico del prete di Enna, con una nota aveva precisato che al momento dell’arrivo del sacerdote non esisteva alcun impedimento canonico per il completamento del suo curriculum universitario nella facoltà teologica di Padova e che la permanenza a Ferrara era stata accuratamente concordata con il vescovo della diocesi di Piazza Armerina. Lì il sacerdote è stato apprezzato per la sua disponibilità e nessun dubbio era sorto sulla sua condotta.
L’indagine, che ha scosso la comunità ennese, ha avuto origine da un esposto dettagliato che la presunta vittima ha consegnato alla squadra mobile. Il giovane che ha anche scritto a Papa Francesco per raccontare quanto accaduto, aveva appena 15 anni quando sarebbero avvenuti «in parrocchia ed anche nei campi organizzati dal prete» i fatti adesso al centro delle attività di approfondimento investigativo. La lettera avrebbe aperto ad una richiesta di chiarimenti alla diocesi da parte del Vaticano.
Ma ci sarebbero anche altri due ragazzini vittime di abusi. Il primo caso come detto è emerso dopo la denuncia della vittima alla squadra mobile di Enna, gli altri due durante le indagini. Per questo la Procura di Enna ha lanciato un appello «invitando le eventuali altre presunte vittime a denunciare».
Il giovane, nella sua denuncia, ha raccontato di violenze subite tra il 2009 ed il 2013, da quando aveva appena compiuto 16 anni e fino ai 20 anni. La Procura ha delegato le indagini alla squadra mobile che ha svolto attività tecnica, sentendo decine di persone informate sui fatti, trovando elementi di riscontro alla ricostruzione della vittima. Diversi potenziali testimoni da anni non vivono più ad Enna per studio o lavoro e sono stati sentiti da personale delle squadre mobili di varie Questure d’Italia.
Oltre a intercettazioni ed alle tecniche investigative di tipo tradizionale, la polizia ha effettuato perquisizioni domiciliari e accertamenti informatici alla ricerca di elementi di prova. Grazie al prezioso lavoro della Polizia Postale i contenuti dei numerosi supporti di memoria, computer e telefono cellulare sono stati sequestrati, duplicati da un consulente tecnico nominato dalla Procura e analizzati dalla squadra mobile di Enna. E questo, secondo l’accusa, ha permesso agli investigatori di trovare ulteriori riscontri al racconto del denunciante.
Durante le indagini sono emerse come detto nuove ipotesi di reato, abusi, che sarebbero stati commessi dal sacerdote nei confronti di altri due minorenni, per i quali l’indagato svolgeva il ruolo di guida spirituale. La Procura di Enna «non esclude che possano esserci altre potenziali vittime» e ha rivolto loro «un appello» invitandoli a «denunciare alla polizia quanto eventualmente subito».
Mentre i fatti che hanno fatto partire l’indagine e che la presunta vittima aveva già denunciato al vescovo Gisana, si sarebbero svolti dal 2008 al 2013, gli altri sarebbero, invece, più recenti. Da indiscrezioni, oltre al vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana, sarebbero state sentite dalla squadra mobile di Enna decine di persone tra cui anche alcuni sacerdoti della città ai quali il giovane ormai maggiorenne avrebbe chiesto aiuto, raccontando le violenze subite. La presunta vittima avrebbe trovato sostegno in un solo sacerdote.
La denuncia formalizzata alla squadra mobile sul finire dello scorso anno dal giovane assistito dall’avv. Eleanna Parasiliti, seguirebbe nel tempo un processo al tribunale ecclesiastico di Palermo che si sarebbe però concluso con un archiviazione motivata da, un “difetto di competenza” poiché al momento dei fatti contestati, il prete era ancora seminarista.
Recentemente un gruppo di mamme ennesi i cui figli hanno partecipato alle tante attività organizzate da padre Rugolo – che dal 2018 fino al trasferimento a Ferraro è stato parroco della chiesa di San Cataldo a Enna per aggregare i più giovani – hanno espresso solidarietà al prete e hanno sottolineato tutta la loro incredulità di fronte alla accuse che oggi hanno portato all’arresto. Ed alla loro incredulità si è unita anche quella di numerosi fedeli che raccontano di avere trovato nel tempo, in padre Rugolo un amico ed un alleato nei momenti più difficili, fedeli che hanno affidato i propri figli al prete per partecipare ai tanti Grest da lui organizzati e che stanno adesso vivendo con profondo dolore questa vicenda.
Eppure si pensa che ci possano essere altri vittime dei presunti abusi. «Dall’inchiesta, oltre a quella su cui la polizia indagava, sono emersi due casi – il procuratore di Enna, Massimo Palmeri -. Questo e altri elementi ci inducono a ritenere probabile che ci siano altre vittime delle attenzioni sessuali del sacerdote. Li invitiamo a farsi avanti, a denunciare».
«C’è da sottolineare – ha osservato il magistrato – il ruolo di educatore e formatore spirituale religioso dell’autore dei fatti contestati che ha un compito molto delicato nella società. Educatori a cui i genitori si rivolgono e affidano speranzosi i loro figli, credendoli veicolatori di una formazione, di un’educazione e di principi. Questi comportamenti rappresentano una sorta di tradimento per i genitori che si sono fidati».
Il procuratore Palmeri sottolinea come «in questa indagine sono comparse le difficoltà classiche che gli investigatori incontrano in una città come Enna, non abituata a fatti del genere».
La difesa: nei confronti di don Giuseppe Rugolo «si è determinata una gogna mediatica, con contenuti anche calunniosi e diffamatori, che non possono ulteriormente essere tollerati e in relazione ai quali ci riserviamo di agire a tutela del nostro assistito, che allo stato ha il diritto di essere considerato innocente, ex articolo 27 comma 2 della Costituzione». Lo dicono gli avvocati Antonio Lizio di Catania e Denis Lovison di Ferrara, difensori del sacerdote arrestato a Ferrara nell’ambito di un’indagine della Procura di Enna. I difensori respingono le accuse rivolte al prete e si dicono anche certi «di poter fare chiarezza il prima possibile nelle sedi opportune, a tutela dell’onorabilità, della dignità e del decoro del nostro assistito».
«Abbiamo appreso dagli organi di informazione – spiegano il legali – che il nostro assistito Don Giuseppe è stato destinatario di una misura cautelare emessa dal Gip di Enna». Il prete, ricostruiscono, è stato convocato in Questura a Ferrara per la notifica dell’ordinanza di domiciliari, uscendo dagli uffici verso le 12.30, «ma alle ore 8.40 il contenuto dell’ordinanza era già stato diffuso pubblicamente». I difensori si dicono «perplessi dalle tempistiche e dalle modalità di diffusione di informazioni relative ad un procedimento penale, ancora in fase di indagini, con grave vulnus per tutte le persone coinvolte, a vario titolo. Tale diffusione è avvenuta ancora prima ancora che questi difensori potessero avere contezza delle contestazioni formulate al proprio assistito, in violazione del segreto istruttorio. Si tratta di aspetti in relazione ai quali il nostro assistito non è stato ancora in grado di interloquire e di fornire la propria versione».