Cronaca
È il giorno del viadotto Himera: la scommessa Cancelleri-Falcone tra proclami e incompiute
La vigilia del D-Day ha il sorriso – tirato, ma orgoglioso – di Mister Pungolo, che dopo aver perso (o vinto, dipende dai punti di vista) la scommessa sul ponte-lumaca, rimette le deleghe nelle mani del governatore Nello Musumeci. Che non le accetterà. Ma nelle frenetiche ore prima dell’inaugurazione del viadotto Himera c’è anche chi, come Alice nel paese delle meraviglie, non sta più nella pelle per essere lì a mostrare il suo successo personale e a dimostrare, che «se vuoi che le cose accadano, prima ci devi credere e poi ci devi lavorare».
Loro, Mister Pungolo e Alice nel paese delle meraviglie, nei nomignoli che si sono affibbiati a vicenda, sono l’assessore regionale e il viceministro alle Infrastrutture. Marco Falcone e Giancarlo Cancelleri sono i protagonisti, con ruoli molto diversi, di una giornata grottescamente storica per la Sicilia. Domani alle 11, alla presenza della ministra Paola De Micheli, c’è la cerimonia di «completamento dei lavori» (come recita l’invito Anas) del viadotto sulla Palermo-Catania crollato il 10 aprile 2015, a causa della frana di una montagnola sovrastante, adagiandosi sul cavalcavia della carreggiata opposta. La Sicilia si spezzò in due. Cinque anni di passione, dalla “trazzera grillina” al bypass di Caltavuturo, scanditi da ritardi e veleni.
Insomma, ci sarebbe davvero ben poco da gioire, quasi in contemporanea con la riapertura-record del Ponte Morandi assurto a modello anche nei dibattiti sui lavori condominiali, considerando che c’è voluto più d’un lustro per ricostruire 270 metri di una mini-opera da 14 milioni (compresi i 4 di perizia di variante), diventata anzi il simbolo della Sicilia abbandonata. E così, fra «avversità meteorologiche dell’inverno 2018-19», «difficoltà finanziarie» del fornitore delle travi e lockdown da pandemia, l’Anas ha dovuto rinviare più volte la conclusione dell’opera, avviata nel maggio 2018. «La riconsegneremo ai siciliani entro il 31 luglio», giurò il viceministro Cancelleri, con reazione di scettica ironia dell’assessore Falcone, che, visti i precedenti standard su altri cantieri siciliani, lanciò la sfida: «Se lo riaprono per quella data mi dimetto».
Oggi, come da qualche giorno ci ricorda l’irridente conto alla rovescia scandito dal gruppo del M5S all’Ars, è il 31 luglio. E Falcone ha perso la sua scommessa. Al netto della tentazione (emersa in una lunga riunione notturna a inizio settimana, ma poi messa da parte) di ulteriori prescrizioni del Genio civile in un cantiere in cui nelle ultime settimane s’è lavorato a ritmi “genovesi” Domani, comunque, l’Himera riapre. «Con un risparmio di due settimane, grazie alla prima applicazione in assoluto del Dl Semplificazioni che consente alcune deroghe alla stazione appaltante», rivendicano dal Mit.
E la prospettiva che, sciolto il nodo delle prove di carico sul calcestruzzo, il tallone d’Achille che avrebbe potuto ritardare l’evento, quella di oggi sia davvero una riapertura al traffico (non solo ai «mezzi tecnici»), giammai la solita parata con i caschi d’ordinanza su un palchetto. Dove Falcone ha già fatto sapere (anche ai vertici di Anas che l’hanno chiamato) che non ci sarà. L’assessore onora l’impegno e paga pegno: nel pomeriggio di ieri, in una scarna lettera, riconsegna nelle mani di Musumeci le deleghe. Da Palazzo d’Orléans nessuna risposta a una nota ufficiale di cui La Sicilia è venuta a conoscenza. Ma la riconferma di Falcone, al di là del gesto simbolico delle dimissioni, è più che scontata.
Ben diversa la vigilia per Cancelleri. Ennesimo sopralluogo al cantiere, per accertarsi – con soddisfazione – che tutto è in regola: positiva l’ultima prova di carico effettuata nel pomeriggio (nella foto grande). «Un emozione, così come sarà tutte le volte che percorrerò l’Himera finché campo», confessa il viceministro. Che prova a smorzare la tensione col rivale: «Non si vincono le battaglie sulle sconfitte degli altri». Per Cancelleri quella di oggi «non sarà un’inaugurazione, ma la riconsegna di un’opera importante ai siciliani. In sette mesi, di fatto, s’è costruito un ponte».
E cos’è successo nei precedenti quattro anni? «Di tutto. Compresi ritardi, distrazioni, contenziosi e la ciliegina del lockdown. E infine l’impegno per il Morandi, che ha drenato risorse umane recuperate grazie alla disponibilità di imprese siciliane che hanno rinunciato ad altri lavori per vincere questa scommessa. Che non è mai stata legata alle dimissioni di Falcone, ma alla vittoria dell’orgoglio siciliano: la dimostrazione che se c’è l’impegno di tutti niente è impossibile». A partire dalla prossima sfida: «Ripetere ciò che è successo sull’Himera negli ultimi mesi in altri cantieri fermi in Sicilia».
La singolar tenzone Cancelleri-Falcone sembra ancora più assurda se si considera che entrambi hanno il medesimo obiettivo: sbloccare le opere nel deserto dell’Isola delle incompiute. Da dove cominciare? C’è soltanto l’imbarazzo della scelta. A partire proprio dalla A19 dove riaprirà il viadotto: su 62 cantieri – secondo un report dell’assessorato alle Infrastrutture – 42 sono “sonnolenti” e 20 abbandonati in un’autostrada che per Falcone «sembra un videogioco, con trappole e tranelli da superare a ogni chilometro». La lista è lunga: dai viadotti (Simeto, Morello, Irosa, Cannatello, Alfio, Rossi, Giardinello) alle cinque deviazioni fra cantieri aperti e abbandonati. «In questi giorni – svela però Cancelleri – è allo studio di Anas e Mit una soluzione di sistema per tutti questi cantieri. Non voglio fare annunci, ne parlerò quando la scelta sarà assunta».
Ma l’attesa più snervante, nella giungla dei cantieri infiniti, è quella che riguarda la Caltanissetta-Agrigento e la Palermo-Agrigento, accomunate dal crac della Cmc. Per la prima opera si rischia anche di perdere parte dei 420 milioni di fondi europei: inseriti nella programmazione 2007/13, poi messi “a cavallo” sul 2014/20, sfumeranno se non si completa l’opera entro il 2023. «Con questo ritmo dubito che ci si riuscirà – è la profezia di Falcone – ed è per questo che la Regione ha proposto la rescissione contrattuale».
Analoga richiesta per l’altra «vergogna che da troppo tempo investe la Sicilia», come denunciato dal deputato regionale del Pd, Michele Catanzaro: la Palermo-Agrigento (245 milioni, più 45 di perizia di variante approvata nel maggio 2018), un incubo d’asfalto fra interruzioni, semafori e beffardi cartelli di “lavori in corso”. Per il viceministro del M5S le due strade statali «saranno fra le prime opere a beneficiare delle nuove regole del Dl Semplificazioni, con cui si conta di aggredire in Sicilia opere stradali e ferroviarie per un valore di 16 miliardi».
Con la stessa procedura sblocca-incompiute al Mit c’è ottimismo anche sull’avvio dell’utopica Ragusa-Catania (815 milioni): dopo la registrazione della delibera Cipe alla Corte dei conti, si aspetta la nomina di un commissario per passare dalle promesse ai fatti. Nell’accordo fra Mit e Regione c’era la designazione di Musumeci, ma adesso il clima di guerra sull’asse Roma e Palermo (con tanto di «ci vediamo in tribunale» fra governatore e Anas) mina i buoni propositi. La prospettiva del ministero è di «posare la prima pietra nel 2021». Vedremo.
Le altre incompiute da manuale stanno nell’elenco di opere per cui la Regione ha annunciato il contenzioso legale per «gravi responsabilità di inadempienza da parte di Anas Spa». Qualche esempio? Il completamento della tangenziale di Gela (313 milioni), la variante Vittoria-Comiso sulla Statale 115 (149 milioni), l’ammodernamento del tratto Adrano-Paternò (185 milioni) sulla 121, completamento dello scorrimento veloce Licodia Eubea-Libertinia (230 milioni). La Cisl, nel libro bianco “Connettere la Sicilia” del 2019, denuncia una «situazione di stallo di molti cantieri, con 268 opere bloccate o in difficoltà a vario titolo, per un valore di 4,7 miliardi».
Dentro questi numeri impressionanti ci stanno i problemi del Cas. Il consorzio che gestisce le autostrade siciliane (tranne la A19) rischia di perdere la concessione nazionale. Con le «oltre 800 non conformità contrattuali» denunciate dal viceministro e minimizzate dall’assessore («quella cifra che i cinquestelle ripetono come pappagalli s’è ridotta a 150), che rivendica come il Cas sia diventato «la stazione appaltante di Sicilia che ha immesso più denaro nel settore lavori pubblici dopo Rfi». Falcone sbandiera i passi avanti sulla Siracusa-Gela: «Casello di Rosolini consegnato prima della fine dell’estate, apriremo il resto del lotto fino a Ispica entro l’anno».
E Cancelleri alza il tiro: «Bisogna riparlare della chiusura dell’anello autostradale Castelvetrano-Gela. Quanto costa? La risposta arriverà da uno studio di fattibilità dell’Anas: le risorse potrebbero esserci, i tempi sono maturi». Ma molti siciliani si accontenterebbero di vedere rimossa la frana di Letojanni sull’A18 (altra icona delle vergogne siciliane, risalente al 2015, e dunque coeva all’Himera: cantiere avviato a fine 2019) e di dimenticare slalom fra interruzioni e manto da trazzera nelle sgangherate free way di competenza regionale.
Intanto i siciliani si godono le strade provinciali-colabrodo: 14.500 chilometri, la metà dei quali chiusi al traffico. Sullo sfondo un piano da 300 milioni a fronte di un fabbisogno complessivo di 1,5 miliardi, un commissario nominando da mesi (Gianluca Ievolella) e un rimpallo di responsabilità. Musumeci attacca Roma, Cancelleri sollecita «l’elenco degli interventi che non è ancora arrivato per poter spendere le risorse». Work in progress, alla Regione. Sullo sfondo l’ennesima contesa, anche politica, che non promette nulla di buono.
Ci fermiamo qui, senza parlare delle inchieste giudiziarie e dei casi di corruzione e mazzette che hanno coinvolto tanto l’Anas quanto il Cas. Mettendo in dubbio la qualità e la sicurezza di quelle (poche) opere completate. Anche per questo – domani, sotto il palco allestito sull’Himera – ci sarà ben poco da festeggiare.
Twitter: @MarioBarresi
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