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Duplice omicidio Vecchio – Rovetta a Catania, chiesta per la quinta volta l’archiviazione: il figlio non ci sta

Pierpaolo Vecchio: «Noi familiari delle vittime di mafia stiamo scontando una pena a vita che altri avrebbero dovuto scontare»

Di Laura Distefano |

«Trentaquattro anni non passano in un attimo, noi familiari (ed intendo tutti i familiari delle vittime innocenti di mafia che non hanno mai avuto giustizia) stiamo scontando una pena a vita che altri avrebbero dovuto scontare. Ad oggi siamo alla quinta richiesta di archiviazione delle indagini da parte della Procura di Catania, io e mio fratello ci siamo opposti e lo faremo sempre».

Questo il post sui social di Pierpaolo Vecchio, figlio dell’imprenditore Francesco Vecchio trucidato il 31 ottobre 1990 alla zona industriale di Catania. A morire nell’agguato anche Alessandro Rovetta. I due erano a bordo di una Peugeot 305 quando lasciarono la sede delle Acciaierie Megara, società in cui rivestivano ruoli manageriali. Un commando armato, composto almeno da 4 persone, sparò da distanza ravvicinata. I primi colpi raggiunsero Rovetta alla tempia e al petto. Vecchio tentò di aprire lo sportello per fuggire ma i killer furono più veloci. Questo duplice delitto fu addirittura rivendicato dalla Falange Armata.

In questi tre decenni sono stati ascoltati decine e decine di collaboratori di giustizia: si sono seguite più piste. Una che porta agli Sciuto-Tigna e a un terreno confinante con la Megara. Un’altra ai Santapaola-Ercolano (ma che la ditta pagasse il pizzo a Cosa nostra è più una certezza che un dubbio). E infine un percorso che porta a Palermo. Non si è mai celebrato un processo su questi due omicidi. Qualche giorno fa è arrivata la richiesta di archiviazione al gip da parte della procura. E nelle parole di Pierpaolo Vecchio c’è tutta l’amarezza di una verità mancata. Ma il figlio dell’imprenditore ucciso non vuole arrendersi. Assieme al fratello Salvatore ha dato mandato agli avvocati Enzo Mellia e Giuseppe Lo Faro di presentare un’articolata opposizione.

Qualcuno suggerisce di guardare nei bilanci della società, destinataria di miliardi di finanziamenti. Acciaierie Megara in realtà aveva il quartier generale a Brescia. Siamo negli anni di una lunga espansione imprenditoriale di Cosa nostra, anche fuori dal territorio siciliano. Nello stesso periodo altri imprenditori furono uccisi. Alcuni di questi – vedi le coincidenze – furono rivendicati dalla Falange Armata, la firma di eccidi, stragi e attacchi terroristici dietro cui forse si nascondeva una precisa opera di depistaggio pianificata da mafia e sistemi deviati.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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