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Dopo la Calabria, scosse sull’Etna: cosa succede in fondo allo Stretto?

Di Redazione |

CATANIA – Nel giorno del forte terremoto che ha interessato l’area dello Stretto di Messina, uno sciame sismico si è registrato anche nel Catanese, alle pendici dell’Etna. Diverse scosse di terremoto sono state registrate, stamane, dalla Rete sismica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Due le più forti, in breve successione, entrambe di magnitudo 2.9, la prima alle 8.15 e la seconda alle 8.16, ad una profondità di 5 – 6 chilometri, a nord ovest di Milo.

I comuni più vicini all’epicentro oltre a Milo sono Sant’Alfio, Zafferana Etnea, Santa Venerina, Giarre, Mascali, Riposto e Piedimonte Etneo. Gli abitanti di alcuni comuni etnei del versante orientale hanno percepito tre lievi scosse e per precauzione gli studenti di alcune scuole a Zafferana sono stati fatti uscire nei cortili degli istituti.

Questa mattina un’altra scossa di magnitudo 4.2 come detto è stata registrata, alle 07.24, dalla Rete sismica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, in mare, al largo della Costa Calabra sud occidentale (Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio di Calabria). L’evento è stato localizzato ad una profondità di 11 chilometri. Qualche ora prima, alle 00.13, poco più in alto, una scossa di terremoto di magnitudo 2.7 era stata registrata nel Tirreno Meridionale, sempre al largo della costa calabra. L’evento è stato localizzato ad una profondità di 205 chilometri. E nel primo pomeriggio un’altra scossa è avvenuta nella zona dello Stretto tra Messina e Reggio di Calabria.

Questa catena di scosse sembra far parte di un unico grande evento sismico che potrebbe ricollegarsi al sistema di spaccature profonde che si trova sotto il mar Ionio, alle faglie che che stanno sotto il mare  e che spiegano  il lento ma progressivo allontanamento della Sicilia dalla Calabria e l’alto rischio di terremoti nella zona. Questo sistema di spaccature è stato scoperto recentemente da uno studio contotto da ricercatori dell’Istituto di scienze marine Ismar-Cnr di Bologna, dell’università di Parma, dell’Ingv e del Geomar (Germania) e pubblicato su Nature Communications e aiuterà anche a capire la formazione delle catene montuose e i forti terremoti storici.

Lungo queste strutture risale materiale del mantello che formava il basamento dell’oceano mesozoico da una profondità di circa 15-20 km.  Le faglie lungo le quali risale questo mantello controllano anche la formazione del Monte Etna, quindi si tratta di strutture in grado di innescare processi vulcanici e causare terremoti. Queste faglie, infatti, sono profonde e lunghe decine di chilometri, e separano blocchi di crosta terrestre in movimento reciproco.

Queste stesse pieghe negli Appennini causano terremoti anche catastrofici come le cronache recenti ci hanno testimoniato. Tra l’altro, lo studio di cui sopra ha dimostrato che l’Arco Calabro, il sistema di subduzione tra Africa ed Europa nel Mar Ionio, ha un importante primato: è l’unica regione al mondo in cui sia stato descritto materiale del mantello in risalita dalla placca in subduzione e questo può permettere di capire meglio come si formano le catene montuose e come questi processi siano legati ai forti terremoti storici registrati in Sicilia e Calabria.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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