Dieci anni fa l’omicidio del piccolo Lorys, una delle pagine più nere della cronaca italiana. Il papà: «Sempre accanto a me»

Di Alessia Cataudella / 29 Novembre 2024

Dieci anni senza Lorys Stival. Era il 29 novembre del 2014 quando i flash dei media hanno abbagliato le strade del piccolo centro del Ragusano per raccontare una delle pagine più nere della cronaca italiana, la scomparsa di un bambino, che poi è diventata subito un infanticidio. Aveva 8 anni, all’uscita di scuola non c’era. Oggi, che di anni ne avrebbe 18, Lorys è un eterno bambino, venuto a mancare per mano di sua madre, Veronica Panarello, schiacciata sotto il peso delle sue stesse contraddizioni.

Erano le 13,30 quando quel bimbo si iniziava a cercare. In poche ore, Santa Croce è stata battuta al setaccio. In ogni angolo, dentro e fuori il centro abitato. Alle 16 dello stesso giorno, lapidario e veloce il verdetto: Lorys giaceva sul fondo del canalone del Mulino vecchio, quindi nelle campagne, ed era morto. È stato trovato da Orazio Fidone, “il cacciatore”. L’uomo marciava su quella zona – come tanti altrove – alla ricerca di Lorys, e si era avvicinato a quel punto perché aveva notato dell’erba smossa. Fidone è venuto a mancare l’ottobre del 2023 dopo una lunga malattia, ma è stato volto e nome nella vicenda proprio per aver trovato il corpicino. Il 10 febbraio del 2016 il suo incubo giudiziario finì con una archiviazione.
Il novembre del 2014 si chiudeva tra le colonne di decine di giornali col racconto di un minore trovato senza vita e senza mutandine: prepotente, sulle prime, l’ipotesi di un “orco”. Ma senza riscontri medico legali, la tesi sarebbe stata poi rapidamente smentita dalla Procura di Ragusa. L’8 dicembre il volto dell’orco era diventato quello della madre, Veronica.

Panarello, 26 anni, fu accusata della morte del figlio, strangolato con una delle fascette stringicavo che lei stessa voleva consegnare alle maestre del bambino come un oggetto didattico mai contemplato dalle docenti, che hanno acceso una luce sul dubbio. Le bugie di Veronica sarebbero state tante addensandosi, il 17 ottobre 2016, nella condanna a 30 anni per l’uccisione del figlio. La decisione del Gup di Ragusa, Andrea Reale, condanna confermata nel 2018 dalla Corte d’assise d’appello di Catania e, un anno dopo, dalla Cassazione. Oggi Veronica è reclusa nel carcere Lorusso e Cotugno di Torino; studia per diventare operatrice sociale e si sta impegnando molto, ogni giorno esce dalla cella per qualche ora per frequentare il corso.

Nella cronistoria, le indagini sull’omicidio di Lorys sarebbero diventate un docufilm a reti unificate, trasmesso da televisioni e social, diventati il mainstream del dolore. “On air” per settimane le immagini delle telecamere di videosorveglianza del paesino, faro sulle menzogne di quella che la giustizia ha riconosciuto quale unica responsabile della morte del figlio.

Il “Grande fratello”

Il “Grande Fratello” ha spiato il tragitto casa-scuola. E, poi, quel sopralluogo al Mulino vecchio. Veronica ha mentito, le telecamere cittadine hanno parlato. Impossibile contraddirle. Di qui le ammissioni circa l’occultamento del cadavere, mai sull’assassinio, sempre smentito dalla diretta interessata. Le storie e le distorsioni di Veronica sarebbero state tutte sbugiardate da quell’occhio digitale e silenzioso: prima il figlio piccolo all’asilo. Solo lui fuori casa, con mamma. Poi, alle 8,39, una puntata dentro le mura dopo avere parcheggiato l’auto con il cofano rivolto al garage. Alle 9 circa, i panni stesi, tra cui i jeans di Lorys, testimone una vicina. Alle 9,20 la strada verso il canalone prima di quell’appuntamento promozionale di un elettrodomestico, a Donnafugata. Nel tragitto, l’abbandono dello zainetto del bimbo, che mai verrà trovato. Questo la video sorveglianza, non l’ha registrato. Veronica ha sciorinato, una parola alla volta, anche briciole della sua verità “off record”.

In dieci anni, la sua, prima una voce insistente, poi un eco del passato. Quello di chi sta scontando 30 anni in carcere e, forse, non ha più nulla da dire. Tra le persone tirate dentro al vortice degli eventi anche il suocero Andrea Stival; Panarello lo aveva chiamato in correità per l’uccisione del nipotino, fornendo anche un movente: «Eravamo amanti e il bambino l’aveva scoperto». Accadeva nel 2016. Ed erano bugie. Lui estraneo ai fatti: la Corte d’appello di Catania ha condannato la donna a due anni nell’ottobre 2023 anche per calunnia.

Che succede in questo anniversario? Il Comune porterà una corona di fiori sulla tomba di Lorys. Davide Stival, il papà, abbraccia il ricordo del suo bambino. Davide non ha nemmeno 40 anni, e cresce da solo un adolescente. Con dignità, si sta ricostruendo una vita con il suo secondogenito. «Non sembra vero che sono passati 10 anni così velocemente, sembra ieri – dice Davide – il ricordo di mio figlio Lorys è vivo. È stato e sarà sempre al mio fianco, dove posso appoggiarmi quando perdo l’equilibrio. Quando il silenzio mi da un senso di vuoto, vorrei sentire la sua voce, ma so con certezza che la mia mano non l’hai mai mollata. Alzo gli occhi al cielo, osservo le stelle e ti penso, Lorys».

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Pubblicato da:
Alfredo Zermo