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Dia, la mappa del potere della mafia catanese: i Santapaola puntano agli appalti, dalla droga i maggiori proventi

Tracciati il dinamismo e la fluidità della mafia catanese che rispetto a quella palermitana è meno gerarchizzata e stagnante ai confini territoriali.

Laura Distefano

14 Aprile 2023, 11:26

CARABINIERI

Una mafia ad “assetto variabile”. Così la Direzione Investigativa Antimafia, nella ormai tradizionale relazione che fa riferimento al primo semestre 2022, definisce il dinamismo e la fluidità della mafia catanese che rispetto a quella palermitana è meno gerarchizzata e stagnante ai confini territoriali. A Catania nello stesso quartiere possono coesistere più clan mafiosi.

Il rione San Cristoforo

«L’assenza dunque di configurazioni rigidamente strutturate determina la presenza di organizzazioni diverse che coesistono anche condividendo i medesimi spazi territoriali», scrive la Dia Un piccolo esempio geografico? Andiamo nel rione San Cristoforo. Da via Belfiore, u traforo per i catanesi, tempio maledetto dei Mazzei (seconda famiglia catanese accreditata a Cosa nostra), basta spostarsi di qualche isolato e andare in via Poulet, u passareddu, per entrare nella roccaforte dei Cappello-Bonaccorsi. Per un certo periodo le cosche hanno anche siglato pax – in particolare nel traffico di droga al fine di contrastare l'azione delle forze dell'ordine- ma ultimamente questo clima di intesa si è rotto. Anzi per la droga è in corso una guerra fredda tra i santapaoliani e i cappelloti, soprattutto per il controllo delle ghiotte piazze di Trappeto Nord. E quindi via Capo Passero.

La capacità "attrattiva" della criminalità

La Dia cita il sequestro dell'arsenale dei Nizza da parte dei carabinieri grazie alle dichiarazioni dell'ex reggente del gruppo di narcotrafficanti dei Santapaola, Salvatore Scavone. Le fibrillazioni tra clan sono scatenate da un potere sempre più nelle mani delle nuove leve, che purtroppo hanno troppa facilità a risolvere le controversie con l'uso di armi. Fino ad ora si è fatto solo rumore, ma il rischio che si possa concretizzare quanto sia avvenuto a Librino tre anni fa non è poi così lontano. «Anche nel primo semestre 2022 – si legge nella relazione - la criminalità organizzata siciliana continua ad esercitare la propria “capacità attrattiva” sulle giovani generazioni non solo nel caso in cui esse siano espressione diretta delle famiglie mafiose ma, anche e soprattutto, quando esse facciano parte di un bacino di reclutamento più ampio da cui attingere manovalanza criminale. Una spinta verso il ricambio generazionale si avverte perlopiù all’interno di cosa nostra, in cui la volontà di affrancarsi dai vecchi boss potrebbe contrastare con l’affermazione della leadership di uomini d’onore ancora detenuti o recentemente scarcerati». Diverse sono infatti le scarcerazioni di uomini di peso che carabinieri, polizia, Dia e Guardia di Finanza stanno monitorando. E infatti «si assiste, nel contempo, al ritorno in libertà di anziani uomini d’onore che cercherebbero di riaccreditarsi all’interno dei sodalizi di riferimento».

I clan più forti

Ma chi detiene lo scettro del potere? La compagine più forte continua a essere Cosa nostra, «rappresentata dalle storiche famiglie Santapaola-Ercolano e Mazzei» a Catania e «La Rocca» nel calatino. Ma in tutta la provincia i santapaoliani hanno i loro referenti. Ad Adrano i Lo Cicero (alleati dei Mazzei) hanno creato la terza famiglia.

Hanno dimostrato di avere forza e capacità criminali anche a vocazione imprenditoriale anche i clan extra-Cosa nostra: «i clan Cappello-Bonaccorsi, Laudani, Pillera-Di Mauro (puntina), Sciuto (Tigna), Cursoti, Cursoti-Milanesi, Piacenti (Ceusi»). «Sembrerebbe consolidata - mette nero su bianco la Dia - la tendenza di cosa nostra a trasferire le attività criminali di minore profilo a gruppi organizzati meno strutturati, riservandosi gli ambiti maggiormente remunerativi quali il traffico di stupefacenti su larga scala e, soprattutto, l’infiltrazione nel mondo imprenditoriale». Il rapporto tra mafioso e imprenditore si è emancipato: non ci si rivolge al boss solo per un recupero crediti ma anche per ricevere “protezione”. Un profilo, documenta la Dia, che emerge dall'inchiesta del Ros Agorà (scattata il 16 luglio 2022) che fece sbriciolare l'intero organigramma dei Santapaola-Ercolano, dei Nardo di Lentini e delle famiglie di Caltagirone e Ramacca. Ai vertici il triunvirato costituito da Turi millemachini Rinaldi, Carmelo Renna (al potere appena scarcerato) e Michele Schillaci (già in carcere quando scattò il blitz). Le indagini del Ros scoperchiano il sistema affaristico dei piani alti della mafia dove grazie ai pubblici funzionari infedeli, che fanno da collettori, i santapaoliani riescono a mettere le grinfie negli appalti.

L'allarme sui soldi del Pnrr

A tal proposito la Dia accende un campanello d'allarme sugli appetiti della mafia verso i fiumi di soldi del Piano nazionale Ripresa e Resilienza. Per Catania sono stati stanziati “due ingenti finanziamenti per complessivi 186 milioni di euro”. L'operazione Agorà non tocca il vertice più alto: bisogna infatti aspettare settembre per l'arresto di Ciccio Napoli, rampollo dei Ferrera che avrebbe avuto il ruolo di rappresentante provinciale. I Santapaola si occupano anche dei tradizionale business della mafia: usura ed estorsioni. La Dia cita l'operazione dello scorso 14 marzo 2022 in cui è arrestato Antonino Alecci, “un soggetto definito degno di grande rispetto per il ruolo rivestito nel quartiere Picanello (il boss è stato condannato nel processo Orfeo). A Paternò il boss Giovanni Rapisarda, alias Sansuneddu, nonostante fosse detenuto, avrebbe costretto il titolare di una cava di pietra lavica a pagare pizzo dal 2012. In totale avrebbe versato alla mafia quasi 2 milioni di euro. Ad Aci Catena e Acireale Antonino Patanè, detto nino coca cola, appena in libertà – come emerge dall'inchiesta Odissea della polizia - avrebbe ripreso le redini della cellula di Cosa nostra.

Per depotenziare la mafia è necessario strappare i patrimoni, la Guardia di Finanza lo scorso anno ha confiscato il tesoro di Antonio Tomaselli, considerato il capomafia fino al 2017 di Catania.
I clan guardano alle scommesse on line come un terreno fertile per arricchirsi. Ma è la droga la voce più consistente delle entrate nei bilanci dei clan catanesi. Anzi, in questo mercato nero, si sono evoluti. Ed è stata scoperta un'organizzazione che da Catania vende anfetamine anche oltre oceano con l’utilizzo di criptovalute sul dark web.