CALTANISSETTA Il gup del Tribunale di Caltanissetta Graziella Luparello, in sede di udienza preliminare sul depistaggio nelle indagini per la strage Borsellino che coinvolge tre poliziotti accusati di calunnia dalla Procura, ha ammesso come parti civile i familiari del magistrato assassinato in via via D’Amelio: Fiammetta, Lucia e Manfredi, nonché Salvatore, fratello del magistrato, e i figli di Adele, l’altra sorella di Paolo Borsellino.
Il processo si sta celebrando a carico di Fabrizio Mattei ex ispettore di polizia ora in pensione, Mario Bo, ex funzionario o oggi dirigente della polizia a Gorizia, e Michele Ribaudo, agente di polizia, che nel ’92 dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio fecero parte del cosiddetto gruppo investigativo «Falcone Borsellino» come stretti collaboratori di Arnaldo La Barbera (morto nel 2002), considerato l’ispiratore del depistaggio sulle indagini della strage di via D’Amelio, dove nel ’93 furono assassinati il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti della scorta.
I poliziotti sono tutti accusati di concorso in calunnia per avere creato ad arte il falso pentito Vincenzo Scarantino. Hanno chiesto la costituzione di parte civile anche alcuni dei mafiosi accusati e condannati ingiustamente della strage di via D’Amelio: Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto e Natale Gambino. I mafiosi hanno anche citato in giudizio come responsabile civile la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell’Interno: a loro chiedono un risarcimento di 50 milioni di euro. Agli atti dell’inchiesta, condotta dal sostituto Stefano Luciani e dall’aggiunto Gabriele Paci, ci sono gli appunti che il poliziotto Mattei passava al falso pentito Scarantino per suggerire le dichiarazioni da rendere. Secondo Mattei, erano pro memoria, mentre per la Procura veri e propri suggerimenti. Gli appunti sono stati consegnati dallo stesso Scarantino ai magistrati.
Presente in udienza Fiammetta Borsellino. In Tribunale è arrivato anche il presidente della Commissione regionale antimafia, Claudio Fava, che ha aperto una istruttoria dell’organismo parlamentare sul cosiddetto depistaggio.