Dell’Utri chiede revoca condanna, dopo la sentenza Cedu su Contrada

Di Redazione / 02 Ottobre 2015

PALERMO – Lo spunto lo prendono dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, lo scorso 14 aprile, ha stabilito che l’ex numero due del Sisde Bruno Contrada non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa perché, all’epoca dei fatti contestati all’ex poliziotto, il reato non «era sufficientemente chiaro».
 
Un caso che i legali di Marcello Dell’Utri, ex senatore azzurro in carcere a Parma per scontare una condanna a 7 anni per lo stesso reato, ritengono identico a quello del loro assistito. Una sorta di “fratello minore”, spiegano. Tanto da chiedere alla corte d’appello che emise il verdetto di colpevolezza, poi confermato dalla Cassazione, di «revocare o dichiarare ineseguibile» la sentenza, a carico dell’ex manager di Publitalia.
 
L’istanza è stata depositata stamattina nella cancelleria della terza sezione penale e porta la firma degli avvocati Giuseppe Di Peri, Bruno Nascimbeni e Andrea Saccucci.
La corte fisserà ora l’incidente di esecuzione che dovrà decidere sulla richiesta. L’udienza, che si terrà in camera di consiglio, verrà celebrata alla presenza della Procura generale e dei difensori.
 
La Corte europea dei Diritti dell’Uomo, divenuta definitiva il 14 settembre scorso<![CDATA[, pronunciandosi sul caso Contrada ha condannato lo Stato italiano a risarcire i danni morali subiti dall’ex poliziotto (stimati in 10mila euro) sostenendo che fino al 1994, anche in virtù di una giurisprudenza “ondivaga” il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non era tipizzato. Quindi, non sarebbe stato possibile all’imputato prevedere gli effetti negativi della propria condotta.
Solo dopo il 1994, con la cosiddetta sentenza Demitry, secondo i giudici europei, la Cassazione avrebbe raggiunto un’interpretazione univoca della fattispecie.
 
Il verdetto, per i legali dell’ex senatore, calzerebbe a pennello al loro assistito, condannato, come Contrada, per accuse relative a un periodo antecedente al ‘94. Per gli avvocati, dunque, i presupposti per una revoca della sentenza, che sarebbe illegale, ci sarebbero tutti.
Accusato e condannato per i suoi rapporti con Cosa nostra, Marcello Dell’Utri, prima che la Cassazione si pronunciasse rendendo definitivo il verdetto di colpevolezza, tentò la fuga a Beirut dove venne scoperto da agenti della Dia. Il Libano concesse l’estradizione all’Italia e l’ex senatore venne arrestato e portato nel carcere di Parma dove è detenuto in regime di alta sicurezza.

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