«L’amministrazione giudiziaria» dell’impresa di gestione di rifiuti Carmela Bellavia sarebbe stata resa «una mera testa di legno» della famiglia mafiosa dei barcellonesi. Il solo titolo della premessa scelto dal gip di Messina Salvatore Puglisi per descrivere le indagini della Dda e della polizia culminate ieri con quindici arresti descrivono un “quadro inquietante”. Nonostante sequestri e confische, dopo anni dal blitz Ghota, la ditta sarebbe rimasta nelle mani della criminalità organizzata.
Le sirene della squadra mobile di Messina e delle Sco sono arrivate fino a Catania ieri. Nel blitz è coinvolto Salvatore Virgillito, 60 anni, dal 2022 presidente dell’ordine dei Commercialisti etneo. La notizia ha lasciato increduli i professionisti catanesi, che però sono convinti che presto il «collega riuscirà a chiarire le contestazioni». L’eco dell’inchiesta è arrivata anche nei corridoi del Tribunale di piazza Verga a Catania, dove Virgillito compare in diversi procedimenti giudiziari in veste di amministratore giudiziario. È infatti uno dei tre a cui è stato affidato il colosso Sicula Trasporti che gestisce la discarica di Lentini. Virgillito è accusato di concorso esterno all’associazione mafiosa e altri reati. In uno dei capi d’imputazione si legge che il commercialista avrebbe «demandato» alla famiglia Ofria «l’attività di gestione di un’impresa confiscata alla mafia» di cui «era amministratore giudiziario».
Nelle quasi 180 pagine dell’ordinanza ci sono intercettazioni audio e video che mostrano Virgillito intrattenersi nei locali «dell’impresa di Stato» con gli Ofria. Per il gip nonostante «i diversi e risalenti provvedimenti di sequestro e confisca», sarebbe ancora Salvatore Ofria (che il collaboratore di giustizia Vito Carmelo Foti indica come «uomo d’onore») ad operare «quale dominus indiscusso» nell’attività imprenditoriale che sarebbe stata solo formalmente «facente capo allo Stato». L’azienda sarebbe stata utilizzata per fare «cassa» attraverso la «quotidiana e perpetua appropriazione del denaro non contabilizzato nelle casse» e inoltre all’esterno si sarebbe palesato «il potere» dell’associazione mafiosa con le estorsioni che sarebbero state consumate ai danni di dipendenti e altri imprenditori. La presenza di Ofria nei locali dell’azienda, che è sotto il controllo dell’amministrazione giudiziaria, per il gip è «un’arrogante manifestazione». Virgillito sarebbe stato completamente «asservito».
Il commercialista catanese discute, parla, si incontra con Paolo Salvo, Giuseppe Ofria e Luisella Alesci, rispettivamente dipendente, figlio e moglie di Salvatore. Singolari per il giudice alcuni comportamenti emersi nel corso delle indagini nei primi mesi dello scorso anno da parte di Virgillito: una volta addirittura posa il cellulare in macchina quasi a voler eludere qualsiasi possibilità di essere captato. E poi c’è la denuncia di un registro che sarebbe andato distrutto dopo un allagamento causato da un tubo rotto. Da alcune conversazioni, con Virgillito ancora protagonista, pare però esserci un operazione di depistaggio preparata a tavolino per nascondere alcuni movimenti sospetti.
«Le indagini condotte hanno messo in evidenza come un’azienda confiscata ad una organizzazione operante appunto nel Barcellonese sia stata gestita senza soluzione di continuità dalla stessa organizzazione a cui era stata sottratta», ha detto ieri il procuratore di Messina Antonio D’Amato.