PALERMO – Ristoratori, titolari di centri scommesse, proprietari di cinema, gestori di palestre, piscine e centri wellness. Sono in tanti a protestare per il nuovo Dpcm di Conte per contrastare l’epidemia di coronavirus.
I ristoratori contestano i nuovi provvedimenti del governo nazionale e si considerano una delle categorie che più di ogni altra ha subito i costi del lockdown prima e delle nuove restrizioni varate in questi giorni dal governo regionale e nazionale. «La chiusura alle 18 penalizza fortemente la ristorazione proprio quella più facilmente controllabile – dice Doriana Ribaudo del ristorante osteria Ballarò – Già avevamo ridotto del 50% la capienza del nostro ristorante e assicurato alti standard di sicurezza anche con tamponi ogni 15 gg a tutti i nostri dipendenti. Con lo smart working il pranzo rappresenta il 5% del nostro incasso. Venendo meno le ore della cena il colpo è mortale. Inoltre vorrei capire perché se ospito 50 persone a pranzo non c’è rischio di contagio, invece se li ospito a cena si. Se siamo davvero noi la causa del contagio ci chiudano senza mezze misure. Almeno avremmo certezza che il nostro sacrificio sia utile a tutti. Queste contraddizioni lasciano parecchi dubbi. È un governo che naviga a vista, che non sa prendere decisioni. Avremmo notevolmente preferito un lockdown breve e programmato che questa lenta agonia che ci porterà comunque ad un lockdown».
Per i pub la situazione è ancora più pesante. «La chiusura delle 18 è l’anti camera del fallimento totale dell’economia ristoratrice Siciliana.Noi abbiamo investito recentemente su piazzetta Bagnasco aprendo un Wine Bar il Vintage70 Cafè, – dice Davide Cammarata – perché abbiamo sempre creduto in una ripresa seppur lenta ma costante e perché c’è tanta gente che ha bisogno di lavorare. Adesso togliendo l’happy hour ci ritroveremo quanto meno a fare dei tagli del personale oltre che i conti con una coperta sempre più corta rispetto ai costi fissi che continuano a galoppare con la stessa continuità ma dentro un lasso temporale inferiore».
«Penso che il nuovo decreto sia un provvedimento preso senza pensare troppo a ciò che comporta. I lavoratori del settore, datori di lavoro e manodopera, si troveranno a non poter garantire serenità economica alle proprie famiglie – dice Carmelo Grigliè titolare della pizzeria Arte e Tradizione – Le aziende di ristorazione dovranno fare i conti con personale in esubero e mancati incassi che servono necessariamente per liquidare paghe, affitti, fornitori e tasse che lo Stato comunque prima o poi chiederà. Vedere prorogati i termini di pagamento delle tasse non è comunque d’aiuto visto che l’impossibilità al lavoro non produce redditi necessari per poter adempiere al pagamento di quanto dovuto. Stiamo vivendo una profonda crisi, nessuno lo mette in dubbio, ma i più colpiti continuano ad essere gli imprenditori del settore ristorazione e gli aiuti promessi dai governi nazionale e regionale continuano ad essere pressoché inesistenti».
La scorsa notte 300 titolari di pub e ristoranti si sono presentata davanti a Palazzo d’Orleans sede della presidenza della Regione per rappresentare la loro protesta. Nel corteo si sono inseriti anche esponenti di Forza Nuova, No Mask. Solo quando sono rimasti solo loro davanti alla Regione il clima si è fatto caldo con l’aggressione verbale a una troupe della Rai. C’è stato solo qualche momento di tensione con l’accensione di fumogeni. Il corteo era seguito dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa.
Protesta anche l’Agis, l’associazione generale italiana dello spettacolo, secondo cui la chiusura di cinema, teatri e di tutti i luoghi di spettacolo è «ingiustamente penalizzante», perché gli stessi «si sono rivelati tra i più sicuri spazi di aggregazione sociale». Il presidente dell’Agis, Carlo Fontana, in una lettera inviata al premier Giuseppe Conte e al ministro Dario Franceschini, ha ribadit che l’associazione ritiene «che vi siano i presupposti affinché i teatri, le sale cinematografiche e da concerto siano escluse da provvedimenti restrittivi, alla luce di dati oggettivi che siamo pronti a dimostrare nelle sedi opportune».
«Una nuova chiusura delle attività del settore – conclude Fontana – comporterebbe un colpo difficilmente superabile ed una drammatica ricaduta sulle decine di migliaia di lavoratori ed artisti, già al limite del sostentamento a causa del crollo del reddito. Si tratterebbe di una scelta devastante per l’intero Paese. Chiediamo sin da subito l’apertura di un tavolo al fine di individuare possibili strumenti idonei ad affrontare le situazioni di maggiore sofferenza e a garantire più certezza per il futuro».
Dal mondo del nuoto e della palestre si alza pure un grido d’aiuto e i gestori si chiedono perché ristoranti e bar possono restare aperti fino alle 18 mentre questi impianto sportivi devono restare chiusi tutto il giorno.
In agitazione anche le circa 70.000 aziende del comparto giochi pubblici. Secondo Acadi-Confcommercio, Fiegl-Confesercenti e Sgi-Confindustria, non trova fondamento «una chiusura totale del settore» che causa «danni irreparabili ad una filiera che contribuisce a oltre la metà del gettito erariale annuo proveniente dal comparto dei giochi pubblici».