Cronaca
Dai fertilizzanti agli intonaci, così la cenere dell’Etna può diventare una ricchezza
CATANIA – Fertilizzanti, mattonelle, intonaci o semplici souvenir. Sono tanti gli usi che si potrebbero fare delle cenere dell’Etna, diventata nell’ultimo mese un vero e proprio incubo per i cittadini che vivono alle pendici del vulcano attivo più alto d’Europa e per i Comuni colpiti dalla pioggia di sabbia vulcanica, dove diventa un problema raccogliere tutta la polvere nera che si è deposita al suolo. Eppure finora è considera principalmente un rifiuto.
Per invertire la rotta e trasformare questo rifiuto in risorsa, c’è però il progetto “Recupero e utilizzo delle ceneri vulcaniche etnee” (Reucet), condotto da un team di studiosi dell’università di Catania e finanziato dal ministero dell’Ambiente che evidenzia come la sabbia dell’Etna potrebbe essere utilizzate per diverse applicazioni nei settori dell’ingegneria civile e ambientale, come malte, intonaci e pannelli isolanti.
Il prof. Paolo Roccaro, responsabile scientifico del progetto, spiega: «L’uso delle ceneri vulcaniche in sostituzione di materiali naturali consentirebbe di ridurre il consumo di risorse naturali e di evitare lo smaltimento della cenere come rifiuto, promuovendo la transizione verso un’economia circolare».
Il progetto Reucet, per la prima volta ha affrontato il problema del recupero delle ceneri vulcaniche etnee in modo sistematico. Risultati interessanti sono stati trovati nel confezionamento di malte, intonaci e pannelli isolanti. Inoltre, i prodotti ceramici realizzati presentano complessivamente caratteristiche fisico-meccaniche in linea con quelle mostrate dai prodotti ceramici convenzionali. Valutata anche la realizzazione di materiali innovativi per contenere l’inquinamento.
Un’altra alternativa studiata è il recupero ambientale di aree degradate che permetterebbe di impiegare le migliaia di tonnellate di cenere.
Anche l’impiego nell’edilizia e nelle pavimentazioni stradali della viabilità provinciale consentirebbe l’uso di volumi importanti con limitati costi di trasporto.
I ricercatori hanno anche evidenziato la necessità di intervenire sulla normativa vigente per valorizzare il recupero delle ceneri vulcaniche etnee e di prevedere risorse economiche ad hoc. Ad oggi le ceneri vulcaniche etnee vengono classificate come rifiuto da conferire in discarica o negli impianti di recupero di inerti con notevole esborso di denaro. Costi che si aggiungono a quelli della raccolta con l’impiego di risorse pubbliche per sostenere le amministrazioni locali.
«La cenere vulcanica dev’essere considerata anche una risorsa e non solo un rifiuto da smaltire» afferma Coldiretti Sicilia commentando il progetto Reucet. «In quantità adeguate – spiega la Coldiretti Sicilia – la sabbia costituisce un buon fertilizzante e quindi potrebbe trovare nuovi impieghi anche fuori dall’Isola. Se gli agricoltori ogni giorno fanno i conti con la coltre nera eruttata dal vulcano, lo studio dimostra come il suo impiego nel confezionamento di malte, intonaci e pannelli isolanti abbia dato risultati interessanti».
«E’ una rivoluzione che potrebbe trasformare un problema in opportunità – commenta ancora Coldiretti Sicilia -. La cenere non può essere più considerata solo un rifiuto speciale da smaltire ma, così come confermato dallo studio, potrebbe anche servire come recupero ambientale di aree degradate e questo potrebbe far risparmiare enormi quantità di denaro. Si sta diffondendo anche l’idea – conclude Coldiretti Sicilia – di utilizzare la sabbia come souvenir insieme ai prodotti agricoli inviati fuori Regione. Un “marchio” territoriale assolutamente unico».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA