Bellissimo e regale, il fascino dell’uomo di mondo, una vita straordinaria alle spalle, dall’incontro con Jackie Onassis alle Olimpiadi di Roma, Lucio Tasca D’Almerita, gran signore del vino siciliano scomparso ieri a 82 anni, è un personaggio da romanzo. Un gattopardo erede della Palermo nobile e imprenditoriale, parte di una élite cosmopolita.
Il ritratto più affascinante è quello che di lui tracciò Mario Soldati nel 1968 in visita a Regaleali, a casa del conte Giuseppe Tasca e della moglie Franca. «C’è anche il figlio di Tasca, l’unico maschio. Si chiama come il nonno: don Lucio. È un giovane di ventotto anni: bruno, magro, alto, occhi fiammeggiati, denti bianchissimi: molto somigliante, sebbene infinitamente più racé, a Warren Beatty, il protagonista fortunato di Gangster Story». E bello ed elegante appare accanto a Jacqueline Kennedy, in una foto in bianco e nero, che visita il meraviglioso parco di Villa Tasca a Palermo.
Alla guida di 5 aziende, con i figli Giuseppe e Alberto, che producono milioni di bottiglie per un fatturato di oltre 22 milioni nel 2018, il conte è stato un imprenditore lungimirante, nel 1985 fu il primo in Sicilia a sperimentare le varietà internazionali, aprendo poi una strada seguita da molti altri produttori dell’isola. Agli inizi degli anni '80 ha voluto confrontarsi con le grandi varietà francesi e le degustazioni in giro per il mondo. Dopo aver convinto suo padre, ha cominciato a fare vini come Cabernet e Chardonnay e ad utilizzare barrique di rovere francese per l’invecchiamento, presse soffici per la vinificazione, potatura corta, e dimostrando al mondo la capacità della Sicilia di produrre vini di qualità e longevi. Alla tenuta madre, Regaleali – acquisita nel 1830 dai due fratelli Tasca, un’isola verde al centro della Sicilia, nell’antica Contea di Sclafani – negli anni si sono aggiunte Capofaro, a Salina, nell’arcipelago delle Eolie, dove c’è un resort; Tascante sull'Etna; la storica tenuta Whitaker nell’antica isola Mozia; e Sallier de La Tour, a Monreale.
E’ stato anche sotto la guida del presidente Lucio Tasca, che il team è stato il primo nel mondo del vino a introdurre l’uso della tecnologia nella gestione ordinaria della società, incluso un software di gestione vitivinicola per migliorare e controllare la conduzione dalla vigna allo scaffale del cliente con una particolare attenzione anche al tema della sostenibilità ambientale. La sua missione è sempre stata quella di promuovere e migliorare la produzione e lo sviluppo imprenditoriale della Sicilia, al fine di rafforzare la competitività della regione e del paese all’interno del mercato mondiale. I figli traghettano l'azienda nel futuro con una maggiore attenzione alla sostenibilità.
In una intervista di Nino Aiello per “City” raccontava gli anni dell’adolescenza e della giovinezza: “Sono stato molto fortunato, ho avuto nanny inglesi e francesi e un severo precettore britannico doc. Studiavo e mi occupavo già della campagna e dell’attività imprenditoriale. Al Gonzaga, durante il liceo, feci una monelleria: mio padre volle punirmi e mi mandò due anni a Losanna, in Svizzera, dove ho conseguito la maturità classica in un contesto formidabile, fra persone di tutto il pianeta. Mi sono divertito tantissimo, è stata una esperienza formativa eccezionale, ha dilatato la mia visione del mondo. Non male come punizione…”. Si era poi laureato a Palermo in Economia e commercio.
Nel 1960 partecipa alle Olimpiadi di Roma con la squadra di equitazione, quella di Piero e Raimondo D’Inzeo. Ad Alain Elkann, che lo intervista per il quotidiano “La Stampa”, racconta: “Nel 1955 ho partecipato al campionato europeo juniores a Bilbao e nel 1957 al campionato europeo juniores a Londra. Ho ancora una foto con il Duca di Edimburgo che mi porge la coppa. Poi ho gareggiato in corse di cavalli in tutta Italia, e ho fatto parte della squadra per le Olimpiadi di Roma del 1960. La passeggiata dal villaggio olimpico allo stadio è stata la cosa più incredibile, con le persone che ci hanno acclamato e gli applausi elettrizzanti quando siamo entrati nello stadio olimpico”.
A Palermo viveva nella straordinaria Villa Tasca (Villa Camastra), dimora di origine cinquecentesca ricevuta in eredità da un trisavolo che aveva sposato Beatrice Lanza, con un parco immenso con centinaia di palme e un laghetto. Una Villa – con alcune storiche stanze in cui è possibile soggiornare – che ha ospitato Wagner, che lì compose il terzo atto del “Parsifal”, re Ferdinando di Borbone e la regina Carolina, Bismarck, Margherita di Savoia.
Oltre a Giuseppe e Alberto, sposato con Francesca Borghese, il conte ha due figlie femmine, Franca e Alessandra. Le sue tre sorelle sono tutte sposate con nomi blasonati: Rosemarie, moglie di un Ruffo di Calabria, cognata di Paola di Liegi, Anna, sposata con Venceslao Lanza di Mazzarino, Costanza moglie di Paolo Filiberto Salier de La Tour, principe di Camporeale.
A Regaleali, una tenuta di 500 ettari, la tradizione del vino ha radici antiche, ma la spinta imprenditoriale avvenne negli anni 60 con il padre del conte Lucio, Giuseppe, che produsse un bianco di successo. Poi, negli anni 70 arriva “Riserva del Conte”, un rosso creato dal padre che viene prodotto ancora oggi. Negli anni 80 l’intuizione – contro il parere del padre – dei vitigni internazionali che lanciano l’azienda, lo "Chardonnay" e il "Cabernet Sauvignon” di Lucio Tasca D’Almerita ottengono successi straordinari.
Per la riapertura del Teatro Massimo di Palermo, alla fine degli anni 90, memorabile era stata la cena organizzata dalla famiglia, per trecento invitati, tutti seduti, e, ospiti il maestro Claudio Abbado ed i Berliner che avevano tenuto il concerto inaugurale. Ultima uscita pubblica del conte Giuseppe, papà di Lucio, che per i 50 anni di matrimonio nel 1985 – festeggiati con un ricevimento sontuoso a Regaleali – aveva dedicato alla moglie un vino molto fortunato "Nozze d'oro".
Nell’intervista ad Elkann, della Sicilia diceva: “La Sicilia non è l'Italia. Abbiamo un mix pazzesco nel sangue. Il mondo intero è passato di qui, ed è forse per questo che i siciliani sono intelligenti, ma ci sono problemi seri. Lo stipendio medio a Milano è di 36.000 euro l'anno, mentre la media a Palermo è di 17.500 euro. Siamo seduti su un "giacimento petrolifero" di bellezza storica e archeologia straordinaria. Il 72% del patrimonio storico mondiale è in Italia e la Sicilia possiede il 49% del patrimonio storico italiano, ma non sappiamo come sfruttarlo al meglio”.