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Curve e criminali, i riflettori delle forze dell’ordine sul Massimino: «Ma il calcio è cambiato da Catania»

La tifoseria organizzata etnea era ed è considerata una delle più infuocate del panorama nazionale, ma lla sua violenza è legata più alla storia che all'attualità

Di Luisa Santangelo |

«Il calcio è cambiato da Catania». Nessuno ha dubbi che sia così. La morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, ucciso fuori dallo stadio Angelo Massimino il 2 febbraio 2007, durante gli scontri con gli ultrà del derby Catania-Palermo, ha cambiato tutto. La tifoseria organizzata etnea era allora ed è ancora considerata una delle più violente e pervicaci sul panorama nazionale. Anche per questo i fari delle forze dell’ordine sono costantemente puntati sulle curve del Massimino e sui gruppi che le animano. E l’inchiesta di Milano sugli ultrà di Inter e Milan riaccende questi riflettori.

Nel 2017, in una relazione redatta dalla Commissione nazionale antimafia sui rapporti tra criminalità organizzata e calcio, a Catania viene prestata un’attenzione particolare: «Alcuni leader dei gruppi ultras maggiormente rappresentativi all’interno del locale stadio Angelo Massimino vantavano rapporti diretti con la criminalità organizzata mafiosa, sia per i legami di parentela con alcuni esponenti, sia per i precedenti penali specifici che gli stessi annoveravano», si leggeva nelle dichiarazioni di uno dei molti magistrati sentiti dai parlamentari, il pm Alessandro Sorrentino.

La fotografia

Da queste dichiarazioni partiva, poi, la fotografia delle condizioni nelle curve. Un’istantanea rimasta uguale per anni. Rosario Piacenti, figlio del boss dei Ceusi Giovanni l’elegante, è definito «leader indiscusso» del gruppo degli Irriducibili della Curva Sud. È coinvolto, insieme a un altro capo della stessa frangia ultrà, Stefano Africano, nella tentata estorsione al calciatore Marco Biagianti (che non si è costituito parte civile nel processo), da cui avrebbe provato a ottenere cinquemila euro. Piacenti è stato accusato anche di una tentata aggressione, nel 2019, ai danni dell’ex amministratore delegato rossazzurro Pietro Lo Monaco.

Altro gruppo, altra parentela di peso, stavolta nella Nord: gli Skizzati Passarello, sono citati perché capitanati da Antonio Lombardo, figlio di Salvatore Lombardo ‘u ciuraru, vertice del clan Cappello-Bonaccorsi. Nonostante non siano emersi rapporti di interdipendenza tra la mafia e il tifo ultrà, si legge nella relazione dell’Antimafia, a stabilire la connessione è l’organizzazione dei gruppi e l’uso di «metodi, per certi versi, analoghi a quelli che riscontriamo per le consorterie mafiose». Il primo punto di contatto è la struttura verticistica e fortemente gerarchica delle compagini ultrà, peraltro condivisa anche con i gruppi politici di estrema destra che molti dei leader delle curve catanesi hanno storicamente frequentato.

Guardando, poi, a quanto accade negli stadi, gli addetti ai lavori riferiscono che la violenza della tifoseria catanese è più appartenente alla storia che all’attualità. Nonostante tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 qualcuno si sia preoccupato. Prima, a dicembre dell’anno scorso, per via dell’attacco al pullman dei tifosi del Pescara in via Ala, nei pressi dello stadio. Poi, a marzo,perché durante la finale di Coppa Italia di Lega Pro contro il Padova gli ultrà del Catania, dopo avere lanciato fumogeni e bombe carta, hanno invaso il campo e il settore di casa della tifoseria. Undici persone sono state arrestate in flagranza differita, oltre una quarantina i Daspo emessi. Resta da segnalare che, in quella circostanza, ad animare gli scontri – dovuti a uno striscione del Palermo esposto sugli spalti dello stadio di Padova, gemellato coi rosanero – sarebbero stati vecchi ultrà, alcuni dei quali ormai da tempo residenti al Nord Italia o, perfino, all’estero. «Una volta ultrà, sempre ultrà», del resto.

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