Crollo viadotto Scorciavacche, verso la chiusura le indagini della Procura

Di Redazione / 19 Aprile 2017

PALERMO – Si avvia alla chiusura l’indagine della Procura di Termini Imerese (Palermo) sul crollo del viadotto ‘Scorciavacche’ sulla Statale Palermo-Agrigento, avvenuto nel Natale del 2014, poco dopo la sua inaugurazione. Sono 34 gli avvisi di garanzia inviati dalla Procura, tra cui gli ex vertici siciliani dell’Anas, ma anche Pietro Ciucci, ex presidente dell’Anas, accusato di concorso in concussione, e Alfredo Bajo, Stefano Liani e Michele Vigna, che all’epoca erano rispettivamente condirettore generale tecnico Anas, direttore centrale nuove costruzioni Anas e vice direttore Centro Sud Anas, accusati oltre che di concussione anche di concorso in falso in atto pubblico. Dopo la fine degli incidenti probatori condotti dalla Procura termitana, i magistrati, guidati da Alfredo Morvillo, si apprestano a chiudere l’inchiesta definita “molto complessa”. Con ogni probabilità, l’inchiesta sarà chiusa entro un mese, quando Morvillo lascerà la Procura per guidare la Procura di Trapani.

Tra gli indagati ci sono anche l’ex direttore generale Anas Salvatore Tonti, l’ex presidente dell’Autorità portuale Nino Bevilacqua, in qualità di consulente della ‘Bolognetta scpa’, l’Ati guidata dalla coop Cmc di Ravenna insieme a Tecnis di Catania e Ccc di Bologna, che è il contraente generale dell’opera. Con Tonti ci sono indagati anche collaudatori, tecnici e rappresentanti delle imprese che hanno eseguito i lavori. L’ipotesi di reato è di attentato alla sicurezza dei trasporti. Anche l’ex premier Matteo Renzi era intervenuto sulla vicenda: «Il viadotto Scorciavacche 2, sulla Palermo-Agrigento, inaugurato lo scorso 23 dicembre e costato 13 milioni, è crollato. Solo per una fortunata coincidenza non si è fatto male nessuno, ma questo non cambia di una virgola le colpe dei colpevoli. Ho chiesto ad Anas il nome del responsabile: è finito il tempo degli errori che non hanno mai un padre. Pagheranno tutto», aveva scritto su Facebook.

Nell’avviso di garanzia Bajo, Liani, Ciucci e Vigna, tutti ai vertici Anas ai tempi del crollo, sono accusati di avere “imposto a Claudio Bucci, Salvatore Tonti e altri soggetti in servizio in Anas – scrivono i magistrati – gerarchicamente subordinati e comunque sottoposti alla loro posizione di supremazia, nonché ad altri soggetti che operavano in seno al contraente generale ‘Bolognetta’ di procedere entro il termine del 23 dicembre 2014 all’apertura anticipata del tratto stradale interessato dai lavori di ammodernamento” “così ottenendo – dicono i magistrati – il raggiungimento di un risultato da sfruttare per mero tornaconto personale, abusando delle loro qualità e dei loro poteri, costringevano i predetti a dare o a promettere, a loro o ad altri, indebite utilità”. Accuse pesanti che i diretti interessati smentiscono. Fulvio Giovannini, Pierfrancesco Paglini e Claudio Bucci sono accusati di avere “attestato falsamente che i fatti descritti nel certificato di agibilità fossero stati da loro compiuti e fossero avvenuti alla loro presenza”. 

Indagati, inoltre, Pierfrancesco Paglini, project manager d’area della Bolognetta scpa, il suo vice, Davide Tironi, e i dirigenti della subaffidataria “Icoler srl”, Ettore e Gaetano Calamaio. L’ingegnere Bevilacqua è indagato in qualità di “consulente di Bolognetta scpa per la fase di progettazione definitiva ed esecutiva delle opere di ammodernamento stradale”. Per l’Anas, oltre a Tonti, indagati i dirigenti Federico Murrone, Massimo Fidenzi, Maurizio Aramini, Claudio Bucci e Maria Coppola. Gli altri nomi iscritti nel registro degli indagati sono Stanislao Fortino, Giorgio Comandé e Giuseppe Russello, responsabili servizi tecnici Bolognetta scpa, Vito Di Grigoli, direttore cantiere Icoler, Massimo Nunzi, responsabile progettazione definitiva, Fatima Alagna, responsabile.

Della vicenda si era occupata anche l’Autorità anticorruzione che aveva rilevato “criticità e anomalie sia nella fase di progettazione che nella realizzazione dell’opera”. Compreso un collaudatore senza i requisiti e un certificato di agibilità senza certezza dell’avvenuto collaudo. Il cedimento sul viadotto situato sulla statale Palermo-Agrigento avvenne a pochi giorni dall’inaugurazione. L’Autorità Anticorruzione ha avviato verifiche sulla regolarità delle procedure di realizzazione dell’opera.Tra le principali criticità rilevate vi sarebbe innanzitutto l’emissione di un certificato provvisorio di agibilità da parte del direttore dei lavori senza che vi fosse certezza dell’avvenuto collaudo statico della struttura: un punto, questo, che l’Anticorruzione propone di segnalare alla Procura della Repubblica. Altro aspetto segnalato, la nomina nell’ambito della commissione di collaudo tecnico di una persona senza i requisiti dovuti e in possesso di un titolo di studio inadeguato: nello specifico, un diploma di tecnico industriale.

Alla base dell’indagine vi è una relazione del Ministero delle Infrastrutture fatta dagli ispettori inviata lo scorso dicembre in Sicilia dall’ex ministro Maurizio Lupi. In particolare, sono due i punti contestati negli avvisi di garanzia inviati dalla Procura un anno fa. Il primo nella fase progettuale “e segnatamente quando veniva variato il progetto preliminarmente inserendo un rilevato in terra rinforzata in luogo della parte di viadotto originariamente prevista nel tratto ” e questo “nonostante le caratteristiche geologiche, geomorfologiche ed idrogeologiche dell’area sconsigliassero palesemente una soluzione progettuale diversa dal viadotto”.

“Inoltre, sempre nella fase progettuale venivano assunti come riferimenti parametri geotecnici non rappresentativi della realtà territoriale”, scrivono i pm. Il secondo punto contestato riguarda la fase esecutiva perché “veniva eseguito un numero esiguo di prove di carico su piastra”. Nel mirino anche l’apertura anticipata del tratto lo scorso Natale “nonostante non sussistesse alcuna necessità o urgenza e l’organo di collaudo non avesse mai eseguito alcuna visita o sopralluogo preso il cantiere”. Adesso, l’inchiesta si avvia verso la chiusura, con le decisioni della Procura di Termini Imerese, che potranno chiedere il rinvio a giudizio per gli indagati o l’archiviazione dell’indagine a loro carico.

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