«Andrò alla Banca d’Italia, nella qualità di rappresentante legale e mandatario all’incasso per centinaia di clienti, per pignorare diversi milioni di euro, che si riferiscono ad una sentenza passata in giudicato per il noto Crack Sgarlata. E’ una truffa che coinvolse a metà degli anni '80 migliaia di persone, alcune delle quali attendono giustizia da più di 35 anni». A dirlo l’avvocato messinese Ernesto Dimitri Salonia, che difende a Messina e nel resto d’Italia, centinaia di persone danneggiate dal fallimento. Si tratta di uno dei crack finanziari più ingenti che coinvolse in Italia 18 mila risparmiatori, che affidarono i loro risparmi, circa 350 miliardi di lire, alla "Previdenza spa", con la promessa di interessi fino al 20%, poi mai ricevuti.
«La Banca d’Italia – spiega Salonia – adduce motivazioni pretestuose per non pagare quindi preleverò direttamente le somme dovute ai miei clienti. Difatti, in forza del titolo esecutivo di condanna del Ministero dello Sviluppo, nella sentenza 7791/2012 del tribunale di Roma, è stata accantonata la somma complessiva di circa 44 milioni di euro. La Banca d’Italia è semplice custode delle somme di proprietà degli assegnatari.
E, pertanto, deve versarle ai legittimi proprietari, malgrado siano già passati 10 anni dalla notifica della sentenza. Ho il diritto di chiedere, essendo munito di titolo esecutivo di precetto, all’ufficiale giudiziario di recarsi alla Banca d’Italia, anche con l’assistenza del pubblico ministero e con la collaborazione della forza pubblica, per prelevare il denaro contante esistente nelle casse della Banca d’Italia. Ciò in adempimento a quanto disposto dall’articolo 517 Cpc secondo comma, che spiega che «l'ufficiale giudiziario deve preferire il denaro contante».