Così Montante si serviva dei servizi segreti

Di Redazione / 14 Maggio 2018

Una «tentacolare rete di rapporti», un contesto di soggetti «legati a doppio filo dallo scambio di favori funzionali», di cui fanno parte sia gli indagati sia “apicali esponenti delle istituzioni», che ha agito «al fine di ostacolare le indagini» della procura. E’ quanto scrive il Gip nella parte dell’ordinanza dedicata alla fuga di notizie volta a agevolare l’ex presidente di Sicindustria Montante.

Sono le intercettazioni a rivelare «importanti elementi» su questo fronte, dove Montante e il colonnello D’Agata sono gli «ultimi destinatari e beneficiari» delle notizie riservate acquisite da esponenti delle istituzioni, in particolare da appartenenti all’Aisi. «Può senz’altro dirsi – scrive il Gip – come ci si sia trovati innanzi ad una tentacolare rete di rapporti che dimostra la pervasività del contesto investigativo e sta a testimoniare il sistema di protezione che si è alzato attorno agli odierni indagati da parte di soggetti inseriti ai più alti livelli della Polizia, dei Servizi di informazione e sicurezza e dell’ambiente politico italiano».

In sostanza, prosegue il Gip, è «emerso un contesto di soggetti legati a doppio filo dallo scambio di favori funzionali a tutelare le reciproche posizioni acquisite nei rispettivi contesti di operatività e che sembra avere, come finalità ultima, quella di proteggere coloro che ne fanno parte ed evitare possibili negative conseguenze derivanti da attività d’indagine nel timore, evidentemente, che il coinvolgimento dell’uno potesse riverberarsi negativamente sugli altri e così creare un pericoloso effetto domino che, appare facile concludere, occorreva necessariamente evitare».

Dalle intercettazioni sarebbe dunque emersa una rete in cui vi era uno «stabile canale di comunicazione» tra un appartenente alla Polizia e uno 007 «al fine di travasare notizie riservate sull’indagine in corso presso questa procura». Informazioni che «su input del generale Esposito» dovevano essere «veicolate al Montante e, successivamente, anche a Giuseppe D’Agata al fine di consentire loro di prendere le dovute contromisure».

A tal fine, si legge ancora nell’ordinanza, «si accertava che il D’Agata fosse in contatto con un professionista palermitano cui è legato da saldi rapporti d’amicizia, Angelo Cuva, e che quest’ultimo rappresentasse il trait d’union tra lo stesso D’Agata e il senatore Schifani, il quale, a sua volta, si relazionava ai fini descritti con il generale Esposito».

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