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Cosa nostra e massoneria deviata, un intreccio che va oltre Matteo Messina Denaro

La Relazione della Dia si sofferma "solo" sul Trapanese. Ma l'alleanza tra mafia e "grembiulini" ha i suoi tentacoli in tutta la Sicilia

Di Laura Distefano |

Nelle 453 pagine dell’ultima relazione della Dia la parola massoneria si trova solo una volta. È inserita nelle note a piè di pagina. Una sola citazione è per logge massoniche. Davvero poco per un fenomeno che storicamente e trasversalmente è radicato nei sistemi criminali siciliani e ancor di più in quelli calabresi.

La relazione Dia

La Direzione Investigativa Antimafia apre all’analisi sulla masso-mafia nel capitolo dedicato alla provincia di Trapani. E quindi di Castelvetrano, città di Matteo Messina Denaro. Gli investigatori narrano che mentre erano impegnati nella stesura dell’analisi semestrale è arrivata la notizia della cattura – il 16 gennaio 2023 – a Palermo del boss stragista da parte dei carabinieri del Ros. Le indagini sulle coperture di una latitanza durata 30 anni hanno portato a scavare nel mondo grigio di grembiulini e muratori. E così si è scoperto che Alfonso Tumbarello, l’oncologo di Andrea Bonafede – nome usato dal padrino per potere avere accesso alle cure alla Clinica La Maddalena di Palermo – faceva parte del Grande Oriente d’Italia.

Dal quale – va detto – è stato immediatamente sospeso con un provvedimento firmato dal Gran Maestro Stefano Bisi. Lo stesso ha più volte ribadito che quando la magistratura parla di«massoneria» si riferisce a «quella deviata e non certo ufficiale». La storia italiana, partendo dalla P2, di obbedienze deviate ne ha conosciute diverse. Matteo Messina Denaro avrebbe potuto contare, secondo la procuratrice Teresa Principato , che per anni ha coordinato le inchieste sul mafioso di Castelvetrano, «su una rete di copertura di carattere massonico che lo ha protetto in tutto il mondo».

Un potere occulto del valore economico-finanziario, secondo i conti di Libera, di 4 miliardi di euro. E chissà cosa c’è dentro il vaso di pandora. Le indagini sono ancora embrionali. Qualche giorno fa il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia intervenendo a un incontro di giornalismo a Perugia ha detto, infatti, che «c’è ancora molto lavoro da fare».

Un intreccio che non è solo trapanese

Ma torniamo alla relazione della Dia. «Il contesto criminale della provincia di Trapani è altresì caratterizzato – si legge – da una significativa presenza di “logge massoniche” segrete o deviate che talvolta infiltrano il locale tessuto economico-sociale con interferenze negli apparati degli Enti locali e nella gestione degli appalti pubblici». Guardando ancora alle note a piè di pagina si comprende come il riferimento è all’operazione Artemisia dei carabinieri scattata nel 2019. Inchiesta che si incrociò con le indagini di “massoneria e mafia” di Palermo (che poi fu archiviata). Il processo frutto di quel blitz – in cui è contestata ad alcuni imputi la violazione della legge Anselmi per aver creato delle logge segrete – è in pieno dibattimento al Tribunale di Trapani. Nella prossima udienza potrebbe essere sciolta la riserva sulla scelta di Giovanni Lo Sciuto e degli altri imputati di sottoporsi all’esame. Il noto medico, già azzurro e alfaniano, arrivò a sedere nella Commissione regionale antimafia. In un’intercettazione captata mentre ricopriva quel ruolo avrebbe detto: «Se arrivano cose sulla massoneria, quando sono cose di qui le prendo e le strappiamo».

Ma relegare il pericolo di dialogo tra massoneria e clan solo a Trapani e Messina Denaro sembra davvero riduttivo. E non solo per la Sicilia. La ‘ndrangheta – reputata dalla Dia la prima potenza criminale almeno in Europa – ha quasi nel Dna i segni del compasso. E sarebbe partito dalle ‘ndrine il suggerimento a Cosa nostra di aprirsi al mondo delle logge. E anche in questo caso sarebbe coinvolto un medico. L’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho nella prefazione del libro Gotha di Claudio Cordoba scrive: «È la ‘ndrangheta a comprendere, prima di Cosa nostra, l’importanza dei rapporti con la massoneria e della creazione di una sorta di comitato d’affari tra massoni, ‘ndrangheta, Servizi segreti e politici. È’ un medico palermitano, espressione della mafia capace di dialogare con il mondo delle professioni e delle Istituzioni, a raccontare che Stefano Bontate, nel 1980-81, gli propose di proseguire il medesimo progetto della ‘ndrangheta anche in Sicilia».

I “grembiulini” deviati di Catania

Il tratto del compasso avrebbe solcato anche la roccia lavica di Catania. Il killer dagli occhi di ghiaccio Maurizio Avola rivelò diversi decenni fa – per averlo saputo da un altro boss – che Nitto Santapaola avrebbe indossato il grembiulino per poter essere introdotto nelle stanze dei poteri. Ma quelle dichiarazioni dopo le recenti balle raccontate sulla strage di via D’Amelio hanno un peso specifico notevolmente diverso. Ma che la mafia catanese abbia usufruito dei sistemi deviati – siano esse logge o altri apparati – se ne parla in diverse inchieste. Alcune rimaste però incagliate nella sottilissima e complicata articolazione di un quadro probatorio che possa portare a un’azione penale. Ma non tutto, ricordiamolo, può essere deputato alle aule di giustizia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA