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L'inchiesta

Cosa nostra: a Catania è “scontro generazionale”

I vecchi boss non vedono di buon occhio le strategie delle nuove leve, che tendono alle ostentazioni social e a organizzare vendette armate

Di Laura Distefano |

I vecchi contro i giovani. Uno scontro generazionale dentro Cosa nostra. In un mondo criminale sempre più proiettato ai sociale e a Gomorra. a Catania c’è chi, con diversi anni di carcere alle spalle, da conservatore osserva i vecchi codici della mafia. Nell’ultimo blitz dei carabinieri, coordinato dalla procura attualmente retta dal procuratore facente funzioni Agata Santonocito, è emersa una «fisionomia anomala» della storica famiglia catanese di Cosa nostra, in piena crisi dopo l’arresto a settembre 2022 del rappresentante provinciale Ciccio Napoli. Da un lato il clan si compone di «soggetti» di «ampio spessore criminale e lignaggio» i quali, anche se detenuti, sarebbero lo stesso capaci di «comunicare agevolmente con l’esterno» e da «affiliati liberi» e «giovani» ma non dotati di «expertise mafiosa» e per questo avvezzi a iniziative di impulso e non ragionate. Come piani di vendette con l’uso di armi. Ed è stato infatti proprio il progetto di uccidere che ha fatto scattare l’operazione Leonidi con nove decreti di fermo firmati dal pm Lina Trovato e dall’aggiunto Francesco Puleio. Tra gli indagati rampolli degli Ercolano e boss di forte caratura come Turi Assinata di Paternò. Ieri il gip Carlo Cannella, con un’ordinanza di 533 pagine, ha lasciato tutti dietro le sbarre.

Il passo falso e l’inesperienza mafiosa: il rimprovero del boss al rampollo

L’appena ventenne Seby Ercolano, figlio dell’ergastolano Mario (cugino del capomafia Aldo condannato per l’omicidio di Pippo Fava), ha tentato negli ultimi mesi di riaffermare la supremazia criminale della famiglia del padre nello scenario criminale catanese. Ma in questa ambiziosa scalata c’è stato un incidente di percorso: lo scontro con la testa calda dei Cappello Pietro Gagliano, detto il “puffo”, colpevole di aver “offeso” il prestigio criminale di un affiliato del gruppo della Stazione di Cosa nostra. Per chiarire la vicenda gli Ercolano si presentano al passareddu, roccaforte dei Cappello-Bonaccorsi. Gagliano risponde sparando. Ercolano junior è ripreso da Davide Finocchiaro, indicato dagli investigatori come il nuovo capo del Villaggio Sant’Agata: «Tu una reazione te la devi aspettare perché tu stai andando in un quartiere, cinque motociclette, la sera prima c’è stata la discussione… Non ci puoi andare impreparato questo è, e proprio quando uno dice… Inesperienza, che non si fa capire».L’ indagine mostra una «netta dicotomia» tra l’azione della «vecchia mafia», dei «grandi» e di «coloro che restavano fedeli alla vecchia guardia», e quella della «mafia giovane, spregiudicata, irruente, avvezza all’esibizione di status symbol sui social e alla vita guadente dall’altra».

“Non posso farmi vedere brindare su TikTok”

Davide Finocchiaro è sicuramente uno dei «sodali» che interpreta i canoni della «tradizione mafiosa» e critica chi invece si discosta dai codici di Cosa nostra. E anche questa volta riprende il rampollo mafioso. «Seby noialtri abbiamo i morti, abbiamo gli ergastolani, abbiamo il seguito! Ci siamo? Ora… io che vedo determinate persone… che non fanno niente… e i miei compagni fanno la fame… io non l’accetto… io mi sono fatto dieci anni e otto mesi, sono uscito e non mi sono comprato nè motorino nè niente, cammino con la macchina di mia moglie, ho magari i debiti. Io ho pensato ai miei compagni in galera, non gli faccio mancare niente… io con queste persone che già ti avevano invitato per andare a ballare… Io non mi ci sono seduto perché anziché di aprire cinquanta bottiglie io gli faccio comprare le sigarette ai miei compagni in galera.. e a me, i miei compagni “grandi”, che qualcuno ora sta per uscire… non mi deve vedere su “Tiktok” che apro bottiglie spensierato».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA