Corruzione elettorale, Luca Sammartino imputato in un nuovo processo a Catania

Di Mario Barresi / 01 Agosto 2021

Luca Sammartino dovrà affrontare anche un secondo processo per corruzione elettorale. L’appuntamento, per il deputato regionale renziano in transito verso la Lega, è fissato da un decreto di citazione a giudizio firmato dalla Procura di Catania (Direzione distrettuale antimafia): il 7 gennaio 2022, alle 9, nell’aula 4C della sede del Tribunale di via Crispi, davanti alla quarta sezione penale in composizione monocratica.

 

Sammartino, a conclusione delle indagini preliminari, senza passare dal vaglio del gup, è imputato in veste di candidato alle Regionali del 2017 perché «offriva» a Girolamo “Lucio” Brancato (anche lui citato a giudizio), che «accettava la proposta in cambio del proprio voto e di quello dei suoi esponenti familiari», alcune «utilità» contestate dai pm Marco Bisogni e Tiziana Laudani: «un posto di lavoro per il nipote dello stesso Brancato (non meglio identificato)» alla Mosema, l’azienda dei rifiuti di Mascalucia, e «lo spostamento della cabina telefonica sita nei pressi della pizzeria di Massannunziata gestita dalla moglie del Brancato».


Il processo scaturisce dall’inchiesta antimafia “Report”, con 35 indagati (11 dei quali già ammessi al rito abbreviato) a vario titolo legati al boss acese dei Laudani, Orazio Scuto detto ’u vitraru, che dal carcere avrebbe continuato a guidare gli affari del clan, fra pizzini nascosti nelle merendine, ingerenze nelle aste giudiziarie ed estorsioni.

 

 

La posizione di Sammartino, destinatario nel dicembre 2020 di un avviso di conclusione delle indagini, è stata stralciata dal troncone principale del processo.  Per «svolgere ulteriori accertamenti», come confermato lo scorso marzo da Carmelo Peluso, difensore del politico adesso imputato, smentendo seccamente l’indiscrezione che le indagini fossero a una svolta. Secondo l’avvocato, infatti, la scelta era dovuta alla «corposa memoria difensiva con allegata documentazione comprovante la falsità del racconto del Brancato» depositata ai pm.

 

A La Sicilia risulta invece che la Procura abbia chiesto (e ottenuto) un’informativa integrativa sulle ipotesi di reato di corruzione elettorale firmata dal  Gico della guardia di finanza, a cui è delegata l’inchiesta principale. Decisiva, a quanto pare, sulla scelta di citare a giudizio i due indagati stralciati.
La figura del coimputato è centrale. Fra gli arrestati del blitz antimafia, Brancato  è definito dagli investigatori un «noto esponente di Cosa Nostra, clan Laudani», che è «in grado di avviare una qualificata interlocuzione con uno dei politici più influenti sul territorio siciliano». Un personaggio dalla «pregressa storia criminale» (scarcerato nel 2010 per scontare in semilibertà l’ultima parte di una condanna a 14 anni e 11 mesi per mafia e racket), che per i pm «non poteva non essere nota» a Sammartino.

 

Il comandante del Gico, Pablo Leccese, in una delle 1.286 pagine della prima informativa, sostiene la tesi di «un’associazione per delinquere (al limite del condizionamento ambientale mafioso simile a Mafia Capitale) promossa, organizzata e diretta» da Sammartino, che, «oltre a provvedere a una raccolta illegale di voti per la sua elezione, entrava personalmente in contatto» con Brancato. Nella citazione a giudizio, con decreto della Dda, non viene però contestata l’aggravante mafiosa, seppur dopo un confronto serrato negli uffici Piazza Verga.

 

 

 

Due le «utilità»  della presunta corruzione elettorale. Nelle carte i magistrati rivendicano «rilevanti elementi probatori» sulla «avvenuta conclusione di un accordo» fra i due, nell’ambito di un legame ritenuto «confidenziale».  Sammartino «si recava personalmente presso la pizzeria» di Brancato «per ringraziarlo dell’impegno elettorale profuso in suo favore», il 28 ottobre 2017, a pochi giorni dalle Regionali. È lo stesso arrestato, intercettato in un colloquio con la compagna, a raccontare l’incontro. «Prende, entra, è salito lì sopra, mi ha baciato: “Ciao, Grazie! Grazie a tutti!”. Ha baciato a tutti, gli ha dato la mano a tutti: “Grazie per quello che state facendo!”». E poi il passaggio più delicato: «Basta, l'ho accompagnato, e arrivato circa a metà della traversa piccola lui prende e mi fa: “Mi raccomando Lucio, Salvo (ndr Salvo Failla) mi ha detto tutto, ti raccomando… qua, così, colì!”. E gli ho detto: “Eeeee… quello che posso fare non ti preoccupare! Quello che posso fare facciamo!”. Gli ho detto: “Ma io ti raccomando anche….”. “Sì, sì, mi ha detto Salvo… mi ha detto”. Leo gli chiede: «Ma tu che gli raccomandi scusami?».

 

E nella risposta di Brancato ci sono entrambe le richieste a Sammartino: «Ma il posto di mio nipote che lui ha promesso gli fa fare tre mesi alla Mosema, te lo avevo detto», ricorda l’arrestato. Che poi rivela la seconda richiesta: «”Vieni con me” gli ho detto. Me lo sono portato li dietro, all'ingresso del bar, no?. Gli ho detto: "Mi devi far togliere questa cabina,,, questa cabina telefonica". Mi ha detto: “Giorno 8, non ti dico che la tolgono subito ma… tranquillo; che è solo questo?”. (…) Mi ha risposto: “Non ti preoccupare, è fatta; come se già fosse fatto!”. Ora voglio vedere». L’incontro sarebbe tracciato anche incrociando i «grafici degli spostamenti» di Sammartino.

 

L’elettore viene accontentato? Del posto di lavoro, nell’attuale discovery delle carte, non c’è alcuna traccia. Sulla cabina telefonica c’è un finale grottesco, tracciato da un’altra intercettazione. Stavolta Brancato parla col figlio: «Guarda quella cabina come si è ridotta! (ndr, si trovano in prossimità della pizzeria). Si è spaccata tutta quanta, quanta, quanta, quanta (ride). Gli ho messo una bomba. Minchia una, oh! Tra le altre cose una piccola piccola gliene ho messa, ma (incomprensibile) sono saltate». I finanzieri immortalano il “reperto” distrutto: la foto finisce  agli atti del fascicoli.

 

 

 

Gli investigatori ipotizzano altri incontri con il politico, «presso il cui studio medico», a Catania, Brancato «si è peraltro più volte recato», favorito dal suo «rapporto relazionale significativo» con la «segretaria di Sammartino» nell’attività di dentista, estranea all’indagine. Una prova è l’intercettazione in cui il deputato parla con Salvatore Failla, ex assessore a Pedara, definito dai pm suo «collaboratore» e «cugino».

 

Luca: Ah! Si! Questo già l'ho visto, tranquillo già a questo l'ho visto, tranquillo.

Salvatore: Però ti voleva parlare.

L: L'ho visto lunedì allo studio.

S: Bravo, che è venuto perché aveva un problema ai denti.

M: (incomprensibile).

L: Basta, basta tranquillo questa me la sbrigo io.

 

Pur non essendo indagato, Failla, secondo il Gico, «ha avuto il compito di contattare le famiglie mafiose» e «ha incontrato e convinto alla sua causa appartenenti il clan Laudani, come Nino Puglisi, inteso coca cola, Alfonso Croazzo e “Lucio” Girolamo Brancato, promettendo loro e facendo promettere al Sammartino la risoluzione di particolari richieste». Failla rivela a Brancato un altro incontro “proibito” di Sammartino. E cioè quello con con il figlio di Natale D’Emanuele, esponente storico del clan Santapaola. «…e basta, solo Nino è venuto u nicu di Natale. Hai capito? È apposto Nino, ah!», afferma, intercettato, il 4 ottobre 2017. Per la Dda etnea si tratta di Antonino Salvatore Maria D’Emanuele, coinvolto nel blitz “Cherubino”, ma mai condannato per mafia. Failla si lamenta «altresì del fatto che l’incontro era avvenuto presso la sua abitazione – scrivono i pm – nella consapevolezza dei grossi rischi ad esso connessi». Tant’è che si sfoga con Brancato: «E l'abbiamo fatto a casa mia… e mi è gonfiata la minchia parlando con te… a casa mia e poi quello “attoppau” Luca. Hai capito?».

 

Dalle carte di “Report” emerge la vaghissima traccia di un’inchiesta più complessa e articolata. Una versione dell’informativa degli investigatori è stata depositata in quest’ultimo procedimento l’11 aprile 2018. “Enfant Prodige” è il nome in codice. Non si sa altro.

 

 

 

Ma, al di là delle suggestioni, Sammartino ha già un’altra data segnata nel calendario degli impegni giudiziari: il  2 dicembre 2021. Quando, cioè, comincerà il processo, a carico suo e di altri sei, fra consiglieri e assessori comunali del Catanese, sempre con l’accusa di corruzione elettorale, scaturito dal sequestro dello smartphone del deputato di Italia Viva, coinvolto (ma poi archiviato) nell’indagine sui voti anomali in una casa di riposo etnea. Anche in questo caso voti in cambio di «utilità». In occasione delle Politiche 2018 (stralciata dall’indagine la posizione della senatrice Valeria Sudano), ma soprattutto delle Regionali  2017. Quelle che incoronarono Sammartino recordman delle preferenze in Sicilia. Le stesse che oggi, per la seconda volta, si ripresentano come una maledizione. Alla vigilia del suo ingresso, in pompa magna, alla corte di Matteo Salvini.

Twitter: @MarioBarresi

 

 

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Pubblicato da:
Alfredo Zermo
Tag: avviso di conclusione indagini clan Laudani corruzione elettorale dda di catania luca sammartino mario barresi procura di catania